No Muos, le speranze dal fronte giudiziario La procura di Palermo indaga sulla Regione

A Niscemi non resta che sperare nei giudici. Fallita la via politica, si sposta sempre più verso le aule giudiziarie la battaglia del movimento No Muos contro l’attivazione delle antenne satellitari della marina militare statunitense nella riserva naturale della Sughereta. Mentre i lavori alla base procedono a pieno ritmo, a quasi un anno dall’installazione del presidio di protesta a pochi passi dai cancelli, per molti i giochi sembrano ormai fatti. Le proteste però continuano e ieri un gruppo di una cinquantina di attivisti ha occupato a Palermo l’assessorato regionale all’Ambiente, srotolando uno striscione con la scritta: «Stop alla devastazione del territorio. No Muos in assedio». Ma a dare ancora speranza a chi si oppone all’impianto, sono soprattutto due nuovi provvedimenti giudiziari, ancora in sospeso, che potrebbero ribaltare la situazione, entrambi reazione a quella che è ormai nota come la revoca della revoca dell’autorizzazione ai lavori Usa – voluta dal presidente della Regione Rosario Crocetta – e che ha segnato il sostanziale via libera al completamento dell’impianto. Con grande delusione e rabbia dei manifestanti.

Adesso da giudici e magistrati sembrano arrivare però diverse buone notizie per i No Muos. L’ultima riguarda la denuncia presentata a Palermo dall’associazione antimafie Rita Atria nei confronti di Gaetano Gullo, il dirigente regionale che ha firmato l’annullamento della revoca delle autorizzazioni per l’impianto Usa. «Nel provvedimento viene riportata solo una parte della relazione dell’Istituto superiore di sanità da cui si evincerebbe la certezza che le parabole non fanno male, omettendo le conclusioni, dove si sottolinea che si tratta di pura teoria», spiegava all’indomani della denuncia l’avvocato dell’associazione Goffredo D’Antona. Un atto che poteva restare inascoltato, finire archiviato nei faldoni della procura di Palermo, ma che invece procede. «E questa è già la prima vittoria», commenta oggi il legale.

Tutto comincia il 10 settembre, quando l’associazione – in qualità di persona offesa – richiede di conoscere lo stato della propria denuncia. Una possibilità prevista dall’articolo 335 del codice di procedura penale, ma non sempre accolta in nome della segretezza delle indagini. «Non si tratta di un diritto, ma di una facoltà», specifica il legale. Eppure, in meno di un mese, arrivano tutte le risposte. Il nome del magistrato a cui è affidato il caso – «Un pm di Palermo con una lunga esperienza» -, la certezza che sulla denuncia si sta indagando e che il reato ipotizzato sia quello di falso in atti pubblici. «Da avvocato, il fatto che queste informazioni siano state rilasciate a un’associazione antimafia è sicuramente un elemento positivo», commenta D’Antona. Un risultato affatto scontato, considerato anche lo spessore politico della denuncia che avrebbe potuto indurre il magistrato alla cautela.

Ma dalla procura di Palermo non arrivano solo conferme. Nonostante la denuncia indicasse nel dirigente Gaetano Gullo il responsabile dell’eventuale reato, la novità è che la procura indaga invece contro ignoti. Una possibilità che consente ai magistrati non solo di verificare l’effettivo coinvolgimento del denunciato ma, allo stesso tempo, l’eventuale necessità di indagare altri soggetti. Una riserva che non stupisce, in un caso dove i contorni tra responsabilità politiche e burocratiche appaiono sfumati.

Ne è convinto l’avvocato D’Antona, pur restando nel campo delle ipotesi. «È indubbio che il provvedimento abbia avuto delle influenze esterne – commenta – Lo stesso presidente Crocetta, in visita a Niscemi, ha detto di aver ricevuto pressioni dal Ministero». Accusa rimandata al mittente pochi giorni fa dal ministro della Difesa Mario Mauro in visita a Palermo. «La competenza specifica che è stata innescata dal pronunciamento dell’Istituto superiore di sanità rimane delle autorità siciliane che hanno preso le loro decisioni», ha precisato. Tenendo per sé e per il suo dicastero un ruolo «semplicemente di contorno».

Non certo lo stesso presunto atteggiamento defilato che sembra aver avuto il governatore regionale all’indomani della revoca della revoca. «Prima che la denuncia venisse resa pubblica, Crocetta si assumeva tutte le responsabilità del provvedimento anche davanti alla stampa internazionale – nota il legale, seguendo il filo del suo ragionamento – Solo dopo che è scoppiato il caso e che l’Iss ha pubblicato un comunicato con i propri distinguo, a Niscemi ha scaricato tutte le responsabilità sul dirigente».

Impossibile dire se alla procura di Palermo si stiano seguendo le stesse ipotesi. Ma per gli attivisti No Muos resta una possibile via d’uscita. A pochi giorni da un’altra piccola vittoria giudiziaria: la discussione prevista dal tribunale amministrativo regionale il prossimo 27 marzo sul ricorso presentato dopo la sospensione della revoca delle autorizzazioni ai lavori. «È una decisione che lascia qualche speranza che venga accolta – dice il legale che segue il caso Nello Papandrea – Significa che ci sono i fondamenti per poterne discutere».


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Interrotta la via politica e mentre gli attivisti occupano l'assessorato regionale all'Ambiente, non resta che affidarsi ai giudici per il movimento che si batte contro le antenne militari satellitari Usa a Niscemi. E dagli uffici giudiziari palermitani arriva una piccola vittoria: procede infatti l'indagine sulla denuncia presentata dall'associazione antimafie Rita Atria dopo la revoca della revoca dell'autorizzazione regionale ai lavori. Ma tra gli indagati, al momento ignoti, potrebbe non esserci solo il dirigente che ha materialmente firmato il provvedimento

Interrotta la via politica e mentre gli attivisti occupano l'assessorato regionale all'Ambiente, non resta che affidarsi ai giudici per il movimento che si batte contro le antenne militari satellitari Usa a Niscemi. E dagli uffici giudiziari palermitani arriva una piccola vittoria: procede infatti l'indagine sulla denuncia presentata dall'associazione antimafie Rita Atria dopo la revoca della revoca dell'autorizzazione regionale ai lavori. Ma tra gli indagati, al momento ignoti, potrebbe non esserci solo il dirigente che ha materialmente firmato il provvedimento

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