Il consiglio comunale approva una mozione che impegna l'amministrazione a rivolgersi al massimo organo. Obiettivo: annullare la decisione della commissione Ars di rimanere con Caltanissetta. Ma Agatino Cariola, docente Unict, spiega: «Non previsto dall'ordinamento, piuttosto chiedano rimborso per il referendum»
Niscemi lancia ultima sfida per l’annessione a Catania Ricorso a Corte Costituzionale. Prof: «Non si può fare»
Prosegue senza esclusione di colpi la lotta dei comitati territoriali per il passaggio delle città di Gela, Niscemi e Piazza Armerina all’area metropolitana di Catania. Ma talvolta alcuni colpi sono vietati. Così il consiglio comunale di Niscemi ha approvato una mozione che impegna il Comune a presentare il ricorso diretto alla Corte Costituzionale per l’annullamento della decisione della prima commissione all’Ars che ha bocciato il disegno di legge che ridisegnava i confini dei liberi consorzi. L’idea è partita dal gruppo consiliare Italia dei valori di Niscemi, formato da Giuseppe Rizzo Sandro Tizza.
Lo stop arrivato da Palermo rischia di vanificare il lavoro dei comitati che promuovono il riassetto dei consorzi. «La scelta adottata dalla commissione Affari Istituzionali – scrive il gruppo consigliare – appare delegittimare il parlamento della Regione siciliana. Inoltre appare evidente che vengano calpestati la carta costituzionale, l’esito del referendum e della deliberazione a maggioranza del consiglio comunale di aderire alla città metropolitana di Catania».
Ma l’ordinamento italiano non prevede un ricorso diretto alla Consulta, se non in caso di «conflitto di attribuzione tra enti statali». Dunque, nonostante la mozione impegni l’amministrazione a presentare ricorso contro la decisione, questa non potrà produrre alcun effetto. «Sarebbe come curare il cancro con l’aranciata», il giudizio di Agatino Cariola, docente di diritto costituzionale presso la facoltà di scienze giuridiche dell’Università di Catania. «Attualmente nel nostro ordinamento non ci sono rimedi verso queste decisioni politiche – spiega il professore a Meridionews – poiché non è prevista la possibilità per un Comune che ritiene lesi i propri diritti da una legge regionale, di ricorrere alla Corte costituzionale per via diretta». Plausibile invece, qualora la legge venisse approvata in aula, un ricorso per via incidentale nel corso di un eventuale procedimento amministrativo davanti al Tar.
Eppure la mozione presentata dal gruppo Italia dei valori di Niscemi, nonostante contenesse un espediente giuridico non ammesso, è stata comunque votata lo scorso 16 giugno, passando l’esame del consiglio comunale con il voto favorevole di otto consiglieri e tre voti contrari. Un vero e proprio cortocircuito istituzionale. Addirittura alcuni esponenti del consiglio comunale, che in passato avevano dichiarato la loro contrarietà al passaggio della città di Niscemi all’area metropolitana di Catania, hanno appoggiato la proposta di Rizzo. È il caso di Gianluca Cutrona, capogruppo del Pd: «Ho votato specificando che la mozione era da intendersi come mandato esplorativo nei confronti dell’amministrazione comunale, consapevole che, a mio modesto avviso, è preclusa ogni impugnazione, atteso che si tratta ancora di parere della commissione e non di un atto votato dall’assemblea».
L’analisi del professore Cariola è comunque impietosa verso una riforma che non sembra vedere la luce: «Ci sono voluti quattro anni e continui cambiamenti delle regole del gioco, e ancora siamo lontani dalla versione finale. Sottolineo che la possibilità per un Comune di poter cambiare provincia prima, e liberi consorzi ora, è già presente nella nostra Costituzione e nello Statuto regionale. Il gran disordine creato dall’indecisione ha creato seri danni economici in un ambito che ha bisogno di regole certe, si tratta di una questione di metodo e non di merito. Suggerirei piuttosto ai Comuni di chiedere il rimborso dei soldi spesi per effettuare i referendum».