Naufraghe sull’isola di Saffo

Con estremo imbarazzo, la giovane laureanda Verdiana (usiamo un nome fittizio per motivi di privacy) ci racconta la prima volta in cui ha perso la testa per qualcuno, si è innamorata follemente, scoprendo che dietro la falsa accezione che tutti attribuivano alla parola “amore”, si nascondeva un bisogno sovrumano oltre che sessuale, anche mentale. “Un legame indissolubile mi aveva stretta, come se si trattasse di una corda d’acciaio colma di spine che mi facevano sanguinare il cuore”. Amicizia, stima, affetto, odio; l’insieme dei sentimenti contrastanti di ciò che si definisce tipicamente amore, ma che la “plebe” definisce cinicamente in questo caso “amore omosessuale” .

La storia di Verdiana comincia subito dopo aver vinto la sua battaglia:  uscita vincitrice dalla lotta contro la nemica anoressia è in grado di scoprire il mondo, di avere il primo ragazzo, sentirsi corteggiata e, finalmente, di iniziare ad essere definita una “ragazza normale” dalla società di cui era ancora schiava.

Verdiana ci racconta di non aver mai condiviso pienamente gli schemi che la facevano sentire prigioniera: dice di non essere mai stata né la ragazza perfetta, né quella che può considerarsi una figlia perfetta, ma sicuramente era libera da pregiudizi, curiosa di scoprire tutto ciò che le potesse offrire il mondo, sempre pronta a sporgersi quasi al limite del baratro, sfiorando la caduta nel vuoto.

Un incontro ha cambiato la sua vita, un’amicizia apparentemente innocente ha sconvolto il suo piccolo mondo; e nonostante avesse sempre pensato che una situazione simile non potesse mai capitarle, aveva accettato la corte di una persona speciale ed unica nel suo genere: una ragazza dal nome esotico, che da quel momento si era trasformata nella sua compagna di vita.

Sono cresciute insieme, ed insieme hanno scoperto il piacere, sbattendosene se il mondo bigotto in cui vivevano stesse in agguato, pronto a sputtanarle per quello che cercavano di nascondere gelosamente.

E Verdiana ha lottato con il mondo e con la famiglia che, probabilmente per il solo istinto di protezione, non aveva nessuna colpa a parte quella di non averla mai accettata per l’animo che nascondeva; e stremata da questo ha scelto la via più facile: abbandonare tutto.

Con la coda fra le gambe ha commesso il grave errore di scappare da quella che le aveva fatto da amica, famiglia, sorella ed amore; ha ormai deciso di chiudere la porta e andare via per sempre, forse perché era un po’ troppo piccola per capire che il suo “tutto” avrebbe fatto la qualunque per lei, addirittura operarsi per cambiare sesso.

Oggi Verdiana è cresciuta, e da allora ha incontrato solo dei ragazzi che le hanno fatto perdere la testa; “ma ci tengo a precisare che se non fossi stata assalita dalla paura, se avessi avuto più coraggio e se la società in cui vivevo strettamente a contatto non m’avesse abbandonata alla mia solitudine, forse le cose sarebbero andate diversamente, o perlomeno anche se ci fossimo lasciate dopo un paio di mesi, avrei almeno provato a vivere le mie storie con un po’  più di tranquillità, ma soprattutto libertà e rispetto”.

Quella di Verdiana non è una storia di una comune ragazza lesbica o bisex “perché di fatto non lo sono né lo sono mai stata”. Questa ragazza ha avuto la gran fortuna di vivere un’esperienza in grado di sfatare tutte le dicerie obsolete riguardo all’argomento. In principio la nostra protagonista non era rimasta attratta né dal corpo, né dal sesso della ragazza in questione, ma si era innamorata della persona imprigionata dietro quella maschera e quegli strani organi sessuali che la facevano apparire a volte troppo simile a lei.

Adesso Verdiana ci rivela di essere spaurita, accettando di rinunciare alla donna della sua vita. “Sento come di aver rinunciato alla magia dell’amore, non ci credo più, non mi fido degli altri, ma soprattutto di me stessa”.

Ti sei mai sentita diversa dai tuoi coetanei?
A dire la verità, all’inizio di questa storia era come se sentissi che ci fosse qualcosa di sbagliato in me, come se una creatura con un qualcosa di malvagio mi possedesse e mi spingesse verso un qualcuno dal quale avrei voluto fuggire… ma con il passare del tempo capii che il mio era stato solo un tentativo di fuga da ciò che fino allora mi era apparso diverso, ma attenzione, mai sbagliato; e lentamente mi sono accorta che in realtà era quel mondo fatto di carta e di ipocrisia a farmi sentire “diversa”.
 
Sei mai riuscita a parlare con terzi della tua esperienza?
Beh, questa sì che è una domanda abbastanza curiosa… diciamo che oltre che con la mia migliore amica, per il primo anno non mi è mai capitato di parlarne con nessun altro… all’inizio credevo che fossi riuscita a parlarne solo con lei in quanto, essendo la mia migliore amica, fosse l’unica persona al mondo che innanzi tutto non mi avrebbe giudicata, né allontanata. Ma in quest’ultimo anno mi è capitato di raccontare la mia storia e confessare l’esperienza che ho avuto a due sconosciuti… no, non è pazzia la mia.. riflettendoci su, ho capito di averlo fatto perché avevo notato in queste due figure, come del resto anche in quella della mia migliore amica, la caratteristica di essere sopra le righe e gli schemi, caratteristica che in realtà li accumunava a me.

Avendo avuto altre esperienze eterosessuali dopo, hai provato delle differenze?
Ad essere sincera questa domanda me la posi anch’io molte volte, perché volevo capire “cosa” fossi… ma no, nel momento in cui mi sono ritrovata realmente coinvolta verso una persona del mio stesso sesso, non ho trovato alcuna differenza.

Quali sensazioni provavi baciandola?
(A questa domanda Verdiana sorride e cita il cantautore italiano L. Ligabue, ndr ) Era come mettere insieme un cuore, provare a sentire e crederci, crederci almeno un po’… e per sentirlo bisogna stare lontani dallo specchio che in realtà non ci dice chi siamo.


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