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Caos Formazione, nel caso Papania anche i falsi curricula per un posto: ma i prof non sanno neanche cosa insegnano e dove

Politica e posti di lavoro, il binomio protagonista dell’inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari Antonino Papania, ras delle preferenze elettorali del Trapanese, che a quanto pare avrebbe basato una grossa fetta del suo consenso sull’attività di enti per la formazione professionale. Un’attività non semplice, perché nel vortice delle assunzioni nella formazione, a complicare la possibilità di assumere, ci si mette l’Europa e tutta una serie di richieste necessarie per ricevere i finanziamenti per mandare avanti i corsi e potere assumere le persone desiderate. Requisiti non sempre nelle disponibilità di tutti gli adepti del giro di Papania, per cui si è reso necessario l’intervento in uno strano trio, quello composto da Ignazio Chianetta, da Angelo Rocca e dal palermitano Pietro Gatto, quest’ultimo nel ruolo di falsario.

L’obiettivo? Falsificare i curriculum in modo da creare in maniera artificiosa i requisiti richiesti e indottrinare a dovere i beneficiari. I documenti sarebbero stati alterati per far figurare la sussistenza dei requisiti, dapprima del Cesifop, per beneficiare di finanziamenti pubblici e poi per consentire ad aspiranti tutor o docenti di partecipare alla selezione per l’insegnamento nell’ente, pur non avendone le reali capacità ed esperienza. Il Cesifop presentava presso i centri per l’impiego locali dei bandi per trovare nuovi docenti esterni per i suoi corsi professionali. Per fare ciò erano tuttavia imposti dei requisiti essenziali per potere partecipare alla elezione, tra cui un’esperienza professionale coerente con l’attività proposta che fosse almeno quinquennale. 

Le cose tuttavia non sempre andavano in maniera lineare e spesso istruire gli aspiranti prof sulle aggiunte fatte ai loro curriculum non era esattamente impresa da poco. E in questo caso gli investigatori pongono l’accento sui dialoghi intercettati tra Chianetta e due futuri insegnanti in grossa difficoltà nel reggere il gioco. Il primo dimentica cosa insegna e cosa ha scritto di avere insegnato sul falso curriculum: «Non è che lo sapevo che materie ho fatto io, Ignà» dice, poi rilancia, confondendosi: «Le materie che ho studiato, volevo capire». E ancora: «Che insegnavo? Che cazzo ne so? Con te li ho fatto, non ricordo». Chianetta allora cerca di tranquillizzare il suo interlocutore, cercando anche di aiutarlo: «Gli dici che non ricordi, gli dici. C’è scritto comunque nella cosa. Nella cosa non c’era scritto? Nell’attestato non c’è scritto?». «No, c’è scritto solo Servizi commerciali e turistici». «È questa la materia», risponde Chianetta. La conversazione termina, ma non finisce qui, i due si sentiranno diverse volte nei giorni a venire, dopo un’altra telefonata da parte del reclutamento.

 «Mi hanno fatto domande e io non so nulla» dice preoccupato l’uomo, che nel corso della conversazione ha serie difficoltà nel farsi capire, forse per l’agitazione, poi insieme, l’uomo e Chianetta trovano la materia che dovrà andare a insegnare: “Ricettivi”, una materia di cui l’interlocutore di Chianetta sostiene di non sapere molto. «Non ti preoccupare, piano piano ti insegni – si sente rispondere dall’altro, che nel frattempo ride – qual è il problema?». «Ma come devo fare Ignà? – dice il futuro insegnante – Dimmi cosa devo fare, così glielo dico a loro. Io nun faccio. Io poi che cazzo insegno al di fuori di qua? Cosa devo dire? Che cazzo insegno?» E ancora: «Se mi fanno domande su queste materie io non so che cazzo dire». Alla fine Chianetta, mosso a compassione, istruisce l’uomo a dovere, invitandolo però a prendere appunti. «Vabbè, segnatele però le cose»… e qui l’indottrinamento su come presentare le materie sul tema dell’accoglienza in strutture ricettive, che evidentemente l’uomo non conosce. 

L’altro rapporto tormentato di Chianetta è piuttosto simile, solo che l’interlocutore, stavolta, non ricorda il posto dove avrebbe insegnato, secondo la documentazione, pur saltuariamente, per dieci anni: dal 2000 al 2010. «Quando mi hanno telefonato, quello voleva la sede dove ho lavorato, lì a Palermo» dice l’uomo. «Gli dici “non me la ricordo la via”», risponde Chianetta, che poi scopre un’altra cosa problematica: l’uomo, anche lui raggiunto telefonicamente dal reclutatore, ha sbagliato il nome dell’ente per cui avrebbe lavorato: Feder Terziario, che si trova a Marsala e non a Palermo, così Chianetta gli suggerisce di riferire, non appena lo avrebbero ricontattato, che aveva insegnato sia nella sede di Palermo, che in quella di Marsala. 

«Questi fanno troppe domande. Loro sono troppo minuziosi» dice l’uomo, chiaramente spaventato. «Non è che mi devono fare una denuncia?» chiede. «Ma quando mai?» si sente rispondere con tranquillità massima. E più tardi l’uomo rivela pure di avere avuto un successivo incontro telefonico, concluso con la conferma dell’aspirante insegnante al reclutatore che aveva lavorato in passato per il Cesifop, di cui tuttavia l’uomo sbaglia pure il nome, chiamandolo Cefop. Chianetta allora getta la spugna: «Se non vuoi rispondere non ti preoccupare, perché me la sbrigo io. Non ci rispondere più e statti tranquillo». Tutto risolto dunque, manca solo un’adeguata formazione per potere insegnare, ma in questo caso si ricorre a un metodo infallibile: «Collegati un minuto su internet e vedi cosa ti dice internet su questa materia». Più formante di così.  


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