Muore a 87 anni l’architetto Giacomo Leone L’archistar catanese creatore delle Ciminiere

«Un punto di riferimento». «Una firma importante». «Se oggi parliamo di architettura di qualità in questa regione, sicuramente le sue opere sono quelle che devono essere portate a esempio». È morto ieri, a 87 anni, l’architetto Giacomo Leone. Un nome importante per la storia della città, progettista di edifici come il complesso delle Ciminiere, l’Istituto nazionale di fisica nucleare, l’hotel La Perla ionica. «L’eredità che lascia è quella di un grande architetto che attraverso le sue opere ha cercato di dare una certa qualità a questa città», racconta Franco Porto, coordinatore della segreteria nazionale dell’Istituto nazionale di architettura e per anni suo amico. 

«È una testimonianza importante per Catania, anche per il suo impegno politico oltre che professionale», sottolinea Porto. «Una figura molto autonoma e libera, una personalità molto forte che non ha mai avuto padroni e con il quale era facilissimo litigare», sottolinea. Motivo della discordia tra i due, il progetto di riqualificazione di corso dei Martiri firmato da Mario Cucinella. «Aveva un grosso problema con i colleghi che venivano da fuori – precisa con un sorriso Porto – Oltre a osteggiare Cucinella, ha aspramente criticato tutti gli interventi di Giancarlo De Carlo al monastero dei Benedettini», ricorda. «Non era d’accordo ed è stato l’unico che lo ha contrastato». Negli ultimi mesi un rimpianto ha accompagnato Giacomo Leone: la visione della sua unica incompiuta, l’ex raffineria di viale Africa, gravemente compromessa da un rogo. «Lo ha stroncato psicologicamente – dice Franco Porto – Assieme alle Ciminiere era la sua opera forse più importante, ma rimarrà un rudere per moltissimo tempo». 

Ci ha mostrato che le cose che sembrano impossibili, lui le ha fatte. Si può essere un grande progettista a Catania e qui si possono fare grandi opere

Proveniente dalla scuola di architettura veneziana, «non ne ha mai creato una a Catania. E forse era il suo grande rammarico – riflette Porto – non c’è un suo erede». Forse una scelta: «Probabilmente non ne ha voluti – aggiunge – oggi non troviamo pubblicato quasi nulla su Giacomo Leone, perché chi doveva scrivere di lui veniva quasi respinto». Gli unici ricordi che il collega e amico conserva, sono quelli «strappati» durante le cene a base di un gin tonic che Leone si concedeva. «Si è affacciato nel terzo millennio con la tristezza di chi rimpiangeva cosa aveva vissuto prima».

Chi è riuscito ad aprire una breccia è Alberto Bella, che nel 2012 assieme ad altri quattro colleghi allora studenti di Ingegneria ha intervistato Giacomo Leone sul progetto delle Ciminiere. «Abbiamo trovato una persona disponibilissima – precisa – A volte le archistar si fanno pregare, invece lui no». L’architetto Leone «ha portato la contemporaneità nel presente – analizza Bella – La sua eredità arriva al futuro». Poi aggiunge: «Ci ha mostrato che le cose che sembrano impossibili, lui le ha fatte. Si può essere un grande progettista a Catania e qui si possono fare grandi opere». 

Un pensiero condiviso anche da altri esponenti della nuova generazione di architetti, che guardano Leone come un modello al quale aspirare. «È un punto di riferimento assoluto per l’architettura catanese», afferma Giuliana Di Mauro, giovane architetta etnea. «Sia per la voglia di lottare che ha avuto per questa città, nonostante fosse ostacolato da un sistema molto particolare, che per lo stile particolare, un nuovo modo di costruire». Una ricerca anche di nuovi colori e uso dei materiali, prosegue, «una visione fuori dal comune». A lei fa eco Simona Calvagna. «Mi ha aiutato in alcune ricerche sulle lave a Catania – racconta – e si è creato un forte legame». Per la nuova leva di professionisti «è stata una guida. Una personalità importante, a volte fuori dagli schemi, sempre a rompere le scatole», si lascia andare in una risata. Una voglia di andare contro, «per mettere sempre in discussione le cose – riprende – Non si è voluto piegare a schemi precostituiti, contro i quali si è sempre battuto. Oggi è una cosa che non si fa tanto». 

In un ricordo su Facebook, lo storico del settore Luigi Prestinenza Puglisi descrive l’opera di Leone come «una delle poche architetture che ho mai visto in grado di infischiarsene dell’immensa sciatteria dei costruttori e degli speculatori, perché pensata oltre il dettaglio». E aggiunge: «Come lui del resto: la persona più amabile, più attenta, mite e gentile e insieme più difficile e insopportabile che ho avuto la fortuna di incontrare».


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