Mosaicoon all’asta, prezzo di partenza 645mila euro Tutti i motivi del fallimento nella relazione del Ctu

Base d’asta 645mila euro: non male per un’azienda nata da una start-up. A Palermo è stata avviata in questi giorni la gara per chi vorrà acquisire Mosaicoon, l’impresa che operava nel settore dell’alta tecnologia e che è andata in fallimento lo scorso luglio. In vendita un unico lotto che prevede beni materiali e immateriali. E tra quest’ultimi ci sono brevetti, software proprietari, una ventina di domini web, sette marchi, contratti e i rapporti di lavoro dipendente. Nella perizia effettuata dall’avvocato Paolo Sbacchi «risultano ancora dipendenti della Mosaicoon 42 dipendenti». Il 12 settembre verrà poi effettuata l’apertura delle buste con le offerte giunte, mentre l’asta al rialzo è fissata per il giorno dopo, e durerà due ore, con un rilancio minimo di diecimila euro.

In poco più di un mese e mezzo le aste giudiziarie hanno finora riguardato gli arredamenti, gli accessori e gli strumenti d’ufficio. E si è potuto notare come a Mosaicoon non avessero badato a spese, tra lampade da soffitto cedute a 740 euro, sedie girevoli da 2049 euro, amache da 320 euro. Ora però di quel sogno di rendere la costa panormita una Silicon Valley nostrana resta ben poco. E i motivi del fallimento sono diversi, come viene tracciato dalla relazione della sezione fallimentare del tribunale di Palermo. Per il coadiutore tecnico Fabrizio Escheri è stato difficile, innanzitutto, individuare esattamente «il perimetro del ramo d’azienda». Inoltre per il personale dipendente si è ritenuto di non continuare la gestione con un eventuale esercizio provvisorio ma di avviare invece il licenziamento collettivo. Con la speranza che intanto ciascuno dei dipendenti sia in grado di ricollocarsi sul mercato, viste le abilità e le competenze acquisite. 

«Non a caso negli ultimi mesi prima della dichiarazione di fallimento – mette nero su bianco il commercialista – alcune figure di primo piano dell’organigramma aziendale hanno già lasciato Mosaicoon avendo trovato allocazione in altre realtà nazionali e internazionali. Da ciò le ragioni d’urgenza dell’incarico, dettate dalla necessità di giungere alla prima asta entro metà settembre». Inoltre «Mosaicoon operava anche sui mercati esteri attraverso delle partecipate. In particolare, al momento del fallimento, rientravano ancora nel patrimonio aziendale una partecipata a Singapore e una a Londra». Ma «entrambe, comunque, non avevano avviato pienamente la piena operatività nè avevano generato flussi reddituali sufficienti a dimostrarne la potenzialità economica».

In ogni caso, continua Escheri, c’è da fare presto: proprio per l’ambito nel quale lavorava Mosaicoon, ovvero quello tecnologico, dove il rischio svalutazione è sempre dietro l’angolo. L’11 giugno 2018 l’azienda palermitana retta da Ugo Parodi Giusino aveva redatto un business plan, «in previsione dell’ingresso di un nuovo socio e di nuovo capitale». Neanche un mese dopo, però, l’istanza di fallimento. «Era previsto il trasloco – si legge ancora nella relazione – in sedi più piccole ed economiche sia a Palermo sia Milano, con un conseguente rilevante risparmio anche di costi indiretti». Nonché una riduzione dell’organico da 55 a 24 dipendenti entro il 31 dicembre. Insomma: Mosaicoon stava forse ridimensionandosi. Una chiusura così drastica, però, se l’aspettavano in pochi. 


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