Le strutture che convertono in energia i materiali organici sono in costruzione dalla scorsa estate in contrada Piano Garofali. Non sono tardate le proteste da parte dei residenti, sostenuti dal consigliere comunale di opposizione Giuseppe Matteo Amenta. «Non si tiene conto della salute delle persone», attacca
Militello, cinque impianti di biomassa vicino alle case Ma a cantieri avviati arriva il dietrofront del Comune
Cinque impianti di biomassa da cento chilowatt ciascuno quasi pronti a Militello in Val di Catania. Nonostante nessuno dica di volerli: dai residenti al sindaco, passando per i consiglieri comunali di tutti gli schieramenti. Questo tipo di strutture fanno parte delle fonti energetiche alternative: il loro scopo è produrre energia sotto forma di calore da materiali organici, vegetali o animali. Con esclusione dei combustibili fossili e della plastica petrolchimica. Costruire questo tipo di impianti è più semplice da quando esiste un decreto legislativo del 2011, che prevede una procedura abilitativa semplificata (Pas) da presentare al Comune. Insieme ad altri passaggi burocratici – relazioni, elaborati e attestazioni di compatibilità con i regolamenti urbanistici ed edilizi -, consente l’inizio dei lavori dopo trenta giorni. Ma la Pas è attuabile solo nel caso in cui gli impianti non siano superiori ai 200 chilowatt. In caso contrario è necessaria l’autorizzazione unica da parte dell’assessorato regionale all’Energia. Da qui nascono le proteste dei residenti, che si sentono presi in giro: «A Militello ne stanno costruendo cinque più piccoli anziché uno grande – spiegano – e a noi sembra un modo per aggirare la legge». Senza considerare alcune presunte carenze riguardanti la documentazione.
La vicenda inizia il 14 giugno 2016, quando la domanda per realizzare gli impianti viene presentata al Comune dalle aziende interessate, facenti capo a cinque diverse società. Dopo un mese, iniziano i lavori in contrada Piano Garofali, ai confini del centro abitato, in un terreno appartenente a un privato. I cantieri non passano inosservati e i cittadini si attivano subito chiedendo informazioni ad alcuni consiglieri comunali. Una volta capito che cosa si stava costruendo, passano a manifestare il loro deciso disappunto. Tra i maggiori oppositori alla nuova opera c’è il consigliere Giuseppe Matteo Amenta di Fratelli d’Italia, secondo il quale gli impianti si troverebbero troppo vicino alle abitazioni e a stretto contatto con la popolazione. A preoccuparlo è il possibile inquinamento – «anche per i vicini Comuni di Scordia, Ramacca, Vizzini» – ma anche il destino degli impianti. «Per la conversione energetica della biomassa servirebbe in teoria il cippato di legna vergine di cui, però, la Sicilia non dispone in ingenti quantità – spiega -. Il mio timore è che, terminati gli incentivi, qualunque tipo di rifiuti possa finire negli impianti, trasformandoli in veri e propri inceneritori». Ipotesi che farebbe venire meno la natura bio del progetto iniziale.
Il 9 gennaio scorso Amenta porta la sua protesta in Consiglio comunale, ottenendo l’appoggio del Pd e chiedendo al sindaco Giuseppe Fucile di bloccare immediatamente i lavori, anche a costo di dovere pagare i danni economici alle ditte incaricate del lavoro. «Non avendo il coraggio di bloccare i lavori – denuncia Amenta -, il sindaco si è limitato a sospenderli con la revoca in autotutela. In sostanza, ha solo inviato la documentazione alla procura di Caltagirone per accertare che non vi siano irregolarità nelle autorizzazioni. Ma i cittadini sono stati chiari: legali o meno, gli impianti non li vogliono». Dal canto suo, il sindaco Fucile ricorda che il progetto, essendo stato presentato tramite una procedura semplificata, non prevede l’obbligo di passare dal Consiglio comunale ma si attua direttamente dopo trenta giorni. Eppure, allo stesso primo cittadino i conti non tornano. «L’ufficio tecnico non ha esitato ad approvare il progetto. Qualche mese più tardi, quando ho sostituito il dirigente, ne sono venuto a conoscenza – spiega -. Non conosco le questioni tecniche ma, certo, ottenere 500 chilowatt totali costruendo cinque impianti da cento chilowatt ciascuno sembra un modo per eludere la legge». Ad ogni modo, adesso, tutti gli atti sono stati trasmessi in procura e l’avviso della sospensione dei lavori è stato notificato ai vigili urbani e ai carabinieri.
Decisione sostenuta anche dal nuovo dirigente dell’ufficio tecnico, Venerando Russo, secondo il quale il progetto sarebbe anche carente di documenti essenziali richiesti dalla normativa. L’architetto, inoltre, sembra condividere i timori del consigliere Amenta: «La legna da destinare alla combustione negli impianti si trova in un imboschimento parecchio distante – spiega – con elevati costi di trasporto e la probabilità che ad essere trasformati in energia sarebbero altri tipi di materiali». Russo assicura di stare facendo tutto il possibile per «bloccare la costruzione degli impianti nel territorio comunale». Che, in definitiva, sembrano non piacere nemmeno al sindaco: «C’è una forte unanimità in consiglio su questa situazione – conclude Fucile – E io non sono mai stato favorevole a questi tipi di opere, neppure quando si discuteva della costruzione del parco eolico che, a mio avviso, deturpava l’ambiente».