Migranti, non serve passaporto per il rinnovo del permesso Il tribunale di Palermo delegittima richiesta della Questura

Il Tribunale di Palermo dichiara illegittima la pretesa, avanzata dalla Questura nei confronti di un migrante, del passaporto aggiornato e valido per poter rinnovare il permesso di soggiorno. L’uomo, un sudanese che si trova in Italia da circa sette anni, ha da tempo ottenuto il riconoscimento della protezione umanitaria, poi divenuta protezione sussidiaria, di cui può usufruire chi, pur non presentando i requisiti tipici dello status di rifugiato, in caso di rimpatrio correrebbe comunque un rischio oggettivo e necessita quindi della tutela del paese che lo accoglie.

La Questura ha più volte negato al cittadino sudanese la possibilità di presentare istanza per il rinnovo del permesso di soggiorno, pretendendo che avesse con sé un passaporto valido. «Si è data la zappa sui piedi da sola, perché ha spiegato che sarebbe servito, secondo linee ministeriali, per l’identificazione del soggetto. Ma questo non ha senso perché di lui hanno le impronte digitali e il vecchio passaporto, sanno chi è e dove ha abitato, quindi non può essere questo il vero motivo», spiega a MeridioNews l’avvocato Antonino Cacioppo, legale del sudanese.

Il ricorso presentato contro il continuo diniego della Questura, tuttavia, era stato rigettato in primo grado. «Il giudice ha spiegato che la giurisdizione era del Tar, quindi del giudice amministrativo, perché secondo lui c’era una sorta di discrezionalità che spettava al questore nel poter scegliere modi e termini per presentare l’istanza di rinnovo», racconta il legale. Ma in sede di reclamo il collegio ha ribadito l’esatto contrario, dando ragione a Cacioppo: non c’è discrezionalità del questore nell’acquisizione delle istanze, né in quelle generiche né in quelle successive di rinnovo.

«Il giudice stesso in questo modo ha sottolineato il controsenso di questo diffuso atteggiamento della questura – spiega Cacioppo – Chi gode di protezione internazionale non può chiaramente avvalersi della tutela del proprio paese, dove non può tornare per ragioni di sicurezza e al quale, a maggior ragione, non può rivolgersi per ottenere il passaporto». Un paradosso, insomma. Eppure le questure hanno spesso avanzato questo tipo di richiesta a chi chiedeva protezione istituzionale. Da oggi la musica potrebbe cambiare. «Questa è la decisione presa da un Tribunale in composizione collegiale, quindi fatto da tre giudici togati: ha un peso specifico non indifferente».

Una decisione che fa chiarezza, secondo l’avvocato Cacioppo, su questioni delicate come la legittimità o meno di questo tipo di richieste e sul diritto del richiedente a giusitificare la non presentazione del passaporto, per non dover avere contatti con l’ufficio consolare del paese di origine. «Il questore non ha discrezionalità in tema di protezione, non ha margine di manovra – conclude il legale – Finora nessun giudice aveva accolto le istanze dei migranti volte a riconoscere il loro diritto di non presentare un passaporto. A questo punto le questure dovranno adeguarsi. Se non lo faranno, cominceranno a prendere delle batoste e a perdere tutte le cause».

Silvia Buffa

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