«Finché l’arbitro non fischia, la partita è in gioco». Una frase che potrebbe essere il motto dei Briganti, la squadra di rugby che ha il suo cuore a Librino. Le mille vicissitudini vissute per ottenere degli spazi in quella che è una piccola città lasciata a se stessa, le difficoltà quotidiane di un gruppo coriaceo e compatto, il quartiere visto con gli occhi di chi vi è nato e lotta per renderlo migliore. C’è tutto questo all’interno di Meta Librino, documentario di Rita Narzisi e Isabella Rinaldi che verrà presentato per la prima volta al pubblico stasera al teatro Coppola alle 21. «La prima parte del documentario ha come tema centrale Librino», spiega Narzisi. Ma il nucleo fondamentale è rappresentato dai Briganti: «Ciascuno di loro ha raccontato la propria storia, il rapporto con il quartiere e con la squadra».
META LIBRINO – TRAILER from Understream on Vimeo.
«Ho vissuto a Catania per alcuni anni e non avevo mai messo piede a Librino», confessa Rita Narzisi, una laurea in Scienze della comunicazione all’Università di Catania e una specializzazione in giornalismo di inchiesta a Roma. «I primi giorni ci perdevamo anche con il navigatore, provavamo una sensazione di straniamento – continua – La fama del quartiere lo precedeva». Poi, pian piano, il rapporto cambia. «Un completo ribaltamento», lo definisce. Le registe hanno seguito quotidianamente le squadre giovanili e senior da ottobre a dicembre. Momenti importanti per i Briganti, impegnati nei lavori di sistemazione del campo San Teodoro, conquistato quasi un anno fa – il 25 aprile 2012 – e faticosamente portato all’omologazione per le partite under 20 e di serie C.
Isabella Rinaldi e Rita Narzisi assieme ad un collega, Andrea Angius, hanno fondato una piccola casa di produzione, Understream production, e questo è il loro primo lavoro a vedere la luce. Storie underground portate alla luce attraverso i mezzi mainstream, da qui nasce l’idea del nome del gruppo. «Quando abbiamo definito la mission del collettivo ho capito quella dei Briganti catanesi non poteva non essere raccontata».
Il documentario, la cui durata è di 30 minuti, è sottotitolato in inglese. «Lo abbiamo inviato a diversi festival internazionali», spiega Narzisi che non nasconde l’orgoglio quando parla della sua opera. E chissà che la partita giocata dai ragazzi di Librino non possa portare loro fortuna.
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