Messina, «sistema» usuraio per accesso a Medicina Costava fino a 50mila euro, condannato anche un prof

Da 25mila ai 50mila euro per comprare l’accesso alla facoltà a numero chiuso di Medicina o altri esami universitari. Questo il business smascherato dalla magistratura che, oggi, ha condotto ad alcune condanne eccellenti da parte dei giudici della seconda sezione del tribunale di Messina. Due anni e 8 mesi di reclusione per Marcello Caratozzolo, docente di Statistica e matematica della facoltà di Economia peloritana; dieci anni e sei mesi a Domenico Antonio Montagnese; un anno e quattro mesi a Santo Galati Rando, al quale la pena è stata sospesa e che all’epoca dei fatti era consigliere provinciale; tre anni e otto mesi a Salvatore D’Arrigo, a processo per usura; un anno, con pena sospesa, alla studentessa Alessandra Taglieri; cinque anni a Massimo Pannaci, anche lui accusato di usura. È finito così il processo di primo grado scaturito dall’operazione Campus.

Cade, invece, l’accusa di associazione a delinquere e l’aggravante mafiosa per i quattro maggiori imputati. Cioè Caratozzolo, Galati Rando, ex consigliere provinciale già titolare di alcuni istituti scolastici privati, Montagnese, originario di Fabrizia, provincia di Vibo Valentia, ritenuto collegato alla ‘ndrangheta e organizzatore dei presunti illeciti, e D’Arrigo. Nessun coinvolgimento per l’università di Messina. Per Caratozzolo rimangono due capi d’imputazione per millantato credito. Per Galati Rando e Pannaci è stata decisa l’interdizione dai pubblici uffici per tutta la durata delle pene inflitte. Mentre per Salvatore D’Arrigo l’interdizione avrà una durata di cinque anni.

Lo scorso 14 aprile, il pubblico ministero Liliana Todaro aveva chiesto quattro anni e mezzo per Caratozzolo, quattro per Galati Rando e 17 per Montagnese. I reati iniziali, a vario titolo, erano associazione per delinquere aggravata finalizzata alla corruzione, al millantato credito, voto di scambio e molti altri reati contro la pubblica amministrazione. L’operazione Campus, scattata nel luglio 2013 a opera della Dia, aveva portato alla luce manipolazioni esterne nelle prove di ammissione alle facoltà a numero chiuso (è il caso di Medicina) e agli esami universitari. Oltre a infiltrazioni della ‘ndrangheta.

A governare il sistema, secondo l’accusa, Montagnese, definito «organizzatore e promotore del sodalizio». Tra i nomi eccellenti, quello di Caratozzolo, il quale, secondo il sostituto procuratore Todaro, sarebbe stato il complice interno al più cospicuo canale di guadagno per il 50enne di Fabrizia: l’ateneo peloritano. Secondo gli inquirenti, era il docente a creare la rete di contatti utili al superamento dei test di ammissione a Medicina, di esami universitari o di quelli per diventare dottore commercialista. Stando all’accusa, anche amicizie nelle segreterie facilitavano il «sistema Montagnese».

Oltre alla compravendita degli esami universitari, sembra che Montagnese fosse in grado di assicurare comode raccomandazioni alla Capitaneria di porto di Palermo, alla modica cifra di duemila euro. Questo, sempre secondo l’accusa, grazie a un grosso avvocato che vantava amicizie nel capoluogo.

Sullo sfondo, anche l’usura. Con prestiti iniziali di settemila euro, lievitati fino a 50mila, come nel caso di una coppia di orafi. Montagnese, per avere quella somma – sostiene la pm – percorse tutta la gamma comportamentale del perfetto usuraio: dalla garbata richiesta passò ai solleciti imperiosi, sino a sfociare nelle minacce di morte. Dirette alla vittima, alla moglie, e alla loro bambina di appena sei anni.

Intanto, a commentare la sentenza interviene Santo Galati Rando, all’epoca della denuncia consigliere provinciale: «È stata finalmente accertata la mia totale estraneità a qualsivoglia consorteria criminale — dice — Ritengo che non possa non avere rilevanza il fatto che i signori Montagnese e Taglieri avrebbero votato per un altro componente della mia lista». «Mi ritengo estraneo alla vicenda — conclude — Attendo di leggere le motivazioni».

Fabio Bonasera

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