Prima di Pasqua sette parrocchie messinesi accoglieranno i migranti. La chiesa peloritana ha risposto all’appello di Papa Francesco aprendo le porte delle canoniche a chi scappa dalla fame e della guerra sfidando la morte sul canale di Sicilia. «L’idea nasce dal progetto nazionale Rifugiato a casa mia – spiega don Giuseppe Brancato, direttore della Caritas di Messina – che vede il coinvolgimento della comunità cristiana in uno sforzo volto all’accoglienza di rifugiati e richiedenti protezione internazionale presso famiglie, istituti religiosi o parrocchie dove comunque i beneficiari dovranno essere seguiti da famiglie tutor».
L’invito della Caritas Italiana era arrivato lo scorso ottobre. Una lettera spedita a centinaia di parrocchie e istituzioni. Nei giorni scorsi le prime risposte. Hanno offerto la loro disponibilità l’istituto don Orione, le Suore di Valle degli Angeli, la chiesa di Pompei, la chiesa di San Giuliano, i frati di Sant’Antonio di Barcellona, le parrocchie di San Giacomo e di Camaro Superiore guidata da padre Cento. San Giuliano ha dato disponibilità per sei migranti. «Inizialmente c’eravamo esposti per accogliere cinque persone – prosegue don Brancato – siamo già arrivati a dieci».
Una buona risposta ma da parte di pochi se si pensa che la chiesa messinese conta su tutto il suo territorio 250 parrocchie e decine di istituti e conventi. «In molti non hanno locali disponibili e comunque è un primo passo – spiega il direttore della Caritas diocesana -. Stiamo già pensando di fare dell’altro. Abbiamo avuto la disponibilità da parte di una parrocchia di Milazzo di una struttura che potrebbe accogliere 12 persone una volta sistemata e messa a norma con quanto previsto dalla legge». I migranti resteranno nelle strutture per sei mesi. Durante questo periodo la comunità parrocchiale si farà carico di tutto. «È il fratello che ospita il fratello – sottolinea don Brancato – non ci saranno le istituzioni. Sarà la comunità religiosa che sorge intorno alla chiesa a pensare a ogni cosa. Il nostro spirito è quello non solo di accogliere, vogliamo fare di più promuovendo l’integrazione tra culture e religioni».
In modo da provare a superare gli stereotipi. «A livello istituzionale in alcuni ambiti c’è la tentazione di far emergere solo gli aspetti negativi di quello che ormai è un fenomeno quotidiano – continua il sacerdote -. Per la comunità ecclesiale è una vera e propria forma di attività pastorale. Come la catechesi, o l’oratorio. Siamo protagonisti della migrazione di un continente che si sta spostando su altro continente. E questa che stiamo portando avanti è una forma di pastorale dell’accoglienza». Le comunità parrocchiali andranno a ospitare migranti o richiedenti asilo che già presenti sul territorio. «Abbiamo avvertito la Prefettura – conclude don Brancato – noi accoglieremo persone che già sono stati presso gli Sprar o i minori che nel frattempo sono diventati maggiorenni».
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