Il piano di De Luca inizia un anno fa, con le Amministrative di Santa Teresa di Riva, e si chiude oggi. Un capolavoro politico che fa storcere il naso a chi non riesce a dimenticare la versione di Scateno in mutande. Adesso la sfida più grande: amministrare Messina senza maggioranza
Messina: la notte di Cateno, tra voti e preghiere Alle 8 al lavoro, «con me già più di 10 consiglieri»
Voti e preghiere. Si è capito presto che la notte più lunga di Cateno De Luca sarebbe stata una notte felice. Sin dalle prime sezioni, Scateno è stato avanti al candidato del centrodestra e del presidente Musumeci Dino Bramanti, spesso doppiandolo e chiudendo con 22mila preferenze in più (il 65 per cento contro il 35). Così il deputato regionale – che non lo sarà più a breve perché dovrà dimettersi – è stato costretto a interrompere presto la sua veglia nella chiesa di Santa Maria e Gesù delle Trombe in via San Giovanni Bosco, dove si era chiuso subito dopo la chiusura delle urne. Il suo entourage è andato a chiamarlo, perché aspettare ancora era inutile, la vittoria già schiacciante, e un fiume di gente lo aspettava nella sua segreteria in via Oratorio San Francesco, per poi spostarsi nella sede del Comune dove si sono assiepati in cinquemila.
Prima però, De Luca ha voluto ancora pregare: prima ha deposto una corona di fiori ai piedi della statua della Madonna in via Immacolata di Marmo dove si è inginocchiato, poi ha raggiunto piazza Unione Europea dove ha deposto una seconda corona di fiori ai piedi del monumento ai caduti. Infine il discorso di ringraziamento sotto Palazzo Zanca e anche qui ha voluto recitare un Padre Nostro insieme ai cittadini presenti. «Affido la mia sindacatura alla Madonna della Lettera, patrona di Messina, affinché mi guidi in questa complicata esperienza amministrativa, e sia vicina come sempre alla nostra comunità», ha detto con un rosario al polso e un Tao appeso al collo.
Stamattina De Luca ha riunito la giunta alle 8. Non si sa se abbia chiuso occhio, ma a dormire poco pare sia abituato. In campagna elettorale – costellata da «800 tra comizi, incontri, convegni e appuntamenti» e divisa, almeno nella prima fase, anche con l’attività da parlamentare regionale – giura di aver riposato solo tre ore a notte. Poi, a metà mattina, la conferenza stampa trasformata nell’ennesimo comizio. «C’è da tanto da fare e poco tempo da perdere», dice. Domani ci sarà la proclamazione ufficiale, ma già oggi rilancia la sua idea di essere sindaco anche dei 108 comuni della città metropolitana di Messina e per questo è pronto a confrontarsi con Salvo Pogliese, primo cittadino di Catania, e con quello di Palermo Leoluca Orlando, per sottoporre la questione al presidente Musumeci.
Si chiude così un disegno politico a cui – al di là degli scetticismi sul personaggio istrionico e più volte a processo ma sempre uscito indenne tra assoluzioni e prescrizioni – va riconosciuta una regia scaltra e perfetta. Iniziata un anno fa, alle Amministrative di Santa Teresa di Riva, Comune messinese dove era sindaco uscente. Alle elezioni del 2017 si ripresentò, invitando però a esprimere un voto disgiunto: alla sua lista, ma a un altro candidato sindaco, il suo delfino Danilo Lo Giudice, nel tentativo di monopolizzare il consiglio comunale, conquistando sia maggioranza che opposizione. Il piano riuscì a metà: Lo Giudice fu eletto, ma la lista di De Luca arrivò terza, rimanendo fuori dall’assemblea cittadina. Pochi mesi dopo, De Luca diventa deputato regionale all’Ars nelle file dell’Udc, piazzando al secondo posto della sua lista lo stesso Lo Giudice. Che così, oggi, con le forzate dimissioni del neo sindaco di Messina, subentrerà a Palazzo dei Normanni. Capolavoro politico che fa storcere il naso a molti. Difficile d’altronde dimenticare De Luca in versione Scateno: in mutande, con una Bibbia in una mano e un Pinocchio di legno nell’altra all’Ars, o suonando la zampogna, lo scorso inverno, sempre a Sala d’Ercole.
«Un uomo libero – si autodefinisce – libero dalle lobby e dalle consorterie». Il deputato originario di Fiumedinisi ha iniziato tra le fila del Movimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo, con cui è stato anche eletto parlamentare regionale, per poi passare nell’Udc e fondare il movimento Sicilia Vera. Ora dovrà amministrare Messina senza neanche un consigliere: nessuna delle sue liste ha superato la soglia del 5 per cento al primo turno. Ma lui – nonostante le prime smentite – è già avanti: «Avrò con me tra i 12 e i 15 consiglieri comunali». Scateno è solo all’inizio.