Esami effettuati in tempi record, una visita oncologica rapidissima, ricovero e operazione a soli otto giorni dalla diagnosi di cancro al colon ricevuta a novembre del 2020: Matteo Messina Denaro ha potuto godere di una sanità efficientissima. Una solerzia sospetta, quella riservata al boss che all’epoca usava documenti falsi. Accusato di essere uno dei suoi fiancheggiatori, oggi […]
La «sanità efficientissima» per Messina Denaro sotto falso nome: esami e operazioni in tempi record
Esami effettuati in tempi record, una visita oncologica rapidissima, ricovero e operazione a soli otto giorni dalla diagnosi di cancro al colon ricevuta a novembre del 2020: Matteo Messina Denaro ha potuto godere di una sanità efficientissima. Una solerzia sospetta, quella riservata al boss che all’epoca usava documenti falsi. Accusato di essere uno dei suoi fiancheggiatori, oggi è finito in manette Cosimo Leone, un tecnico radiologo dell’ospedale di Mazara del Vallo. Sul versante sanitario le indagini continuano e gli inquirenti sospettano di una serie di pedine insospettabili che avrebbero aiutato l’ormai ex primula rossa di Cosa nostra durante la malattia.
Leone, cognato dell’architetto Massimo Gentile, anche lui arrestato oggi, si sarebbe occupato di far fare una tac urgente al capomafia (un accertamento che, come risulta da documenti sanitari, sarebbe stato anticipato più volte). Nel giorno dell’esame, inoltre, il tecnico avrebbe chiesto di cambiare turno facendo coincidere la sua presenza in ospedale con gli accertamenti diagnostici a cui Messina Denaro doveva sottoporsi. Secondo gli investigatori, Leone avrebbe informato dello stato del paziente un altro fiancheggiatore: Andrea Bonafede, cugino e omonimo del geometra che ha prestato al boss l’identità per farsi curare. Sono decine i contatti telefonici tra i due nei giorni in cui il capomafia si trovava all’ospedale di Mazara. Con un lavoro certosino sui tabulati telefonici, gli investigatori hanno ricostruito le chiamate e, attraverso le celle, gli spostamenti del tecnico e Bonafede nei giorni della diagnosi e dell’intervento al colon subito da Messina Denaro.
Dalle analisi risulta evidente che Bonafede avrebbe fatto avere al boss un cellulare mentre questi era ricoverato. È il periodo di pieno Covid e il tecnico è fondamentale, visto il divieto di accesso in ospedale, come tramite con il capomafia. Il 14 novembre alle 13.30 Bonafede parte da Campobello e arriva dopo 15 minuti a Mazara del Vallo vicino all’ospedale. Alle 13.48 avvisa Leone, presente quella mattina in ospedale e gli consegna il nuovo telefonino. Dopo 15 minuti (intorno alle 14), il tecnico consegna il cellulare al latitante che immediatamente chiama Bonafede sul suo vecchio numero. La missione viene portata a termine grazie a Leone, abilitato a muoversi nei reparti, unico interlocutore che Bonafede poteva contattare in quel momento. L’apparecchio, ulteriore prova che a usarlo fosse Messina Denaro e che qualcuno interno all’ospedale glielo aveva consegnato clandestinamente, è rimasto all’interno della struttura sanitaria per tutti i quattro giorni di degenza del boss.
L’indagine di oggi mostra ancora una volta che, nonostante la trentennale latitanza, quella di Messina Denaro era una vita quasi normale. A novembre del 2014 sarebbe andato prima da un concessionario auto di Palermo per acquistare una Fiat 500 e poi in banca a ritirare l’assegno da consegnare al rivenditore. Il boss avrebbe utilizzato una falsa carta di identità intestata all’architetto Massimo Gentile, oggi arrestato per associazione mafiosa. Come numero telefonico di riferimento per eventuali comunicazioni, avrebbe indicato quello di Leonardo Gulotta, finito in cella stamattina per concorso esterno in associazione mafiosa. L’input all’inchiesta sarebbe arrivato da un appunto con scritto «10mila + 500 per Margot» trovato in casa del boss dopo la cattura. Margot era lo pseudonimo che Messina Denaro usava per indicare le sue auto nei pizzini o nei documenti. La caccia al veicolo ha portato i carabinieri a una concessionaria di Palermo dove è stata trovata la pratica dell’acquisto della macchina con i documenti: tra questi la fotocopia della carta d’identità di Gentile su cui era stata incollata la foto di Messina Denaro, prova che era andato di persona ad acquistare l’auto.
Il documento, con la firma di Messina Denaro, contiene alcuni dati corrispondenti a quelli di Gentile e altri falsi: come l’indirizzo di residenza indicato in «via Bono», non corrispondente a quello reale dell’architetto, e la data di scadenza. Per l’acquisito il capomafia ha versato 1000 euro in contanti e 9000 euro attraverso un assegno circolare emesso dalla filiale di Palermo dell’Unicredit di Corso Calatafimi. Allo sportello, per ottenere l’assegno, Messina Denaro ha esibito il falso documento, versato 9000 euro in contanti e dichiarato che i soldi erano frutto della propria attività di commerciante di vestiti. Come recapito telefonico per le comunicazioni, ancora una volta, il boss ha lasciato il cellulare di Gulotta «una persona fidatissima e perfettamente informata di ciò che stava accadendo, poiché altrimenti chiunque altro ignaro della compravendita avrebbe, al contatto telefonico, allarmato la concessionaria e messo a rischio l’identificazione del latitante», scrivono i pubblici ministeri.
L’auto, per tutto il periodo di utilizzo – tre anni – è stata assicurata a nome di Gentile e in almeno un anno le polizze, come hanno mostrato le comparazioni grafiche, hanno portato la firma di Messina Denaro. Dalle indagini è emerso anche che nel 2007 l’architetto ha acquistato per conto del boss una moto Bmw che sarà poi lo stesso Gentile a portare alla demolizione in una officina a cui si fa riferimento in un pizzino nascosto in una sedia, trovato a casa della sorella di Messina Denaro – Rosalia – dopo l’arresto del padrino. Il veicolo, secondo i pm, usato dal padrino dal 2007 al 2015, è stato regolarmente revisionato e assicurato a nome di Gentile, che in una delle pratiche ha indicato come la falsa residenza di via Bono e dato come recapito sempre il numero di Gulotta. I bolli di moto e auto, infine, nel 2016 sono stati pagati uno a 40 secondi dall’altro in una tabaccheria di Campobello di Mazara dove, sette anni dopo, pochi giorni prima dell’arresto, il capomafia era andato a fare acquisti, come dimostra uno scontrino ritrovato dal Ros.