Messa per Mussolini, l’uomo sull’altare è Franco Puglisi Il noto quasi diacono: «Saluti romani? Solo per ricordo»

«I miei saluti romani? Era un saluto a degli scomparsi, ho ritenuto di dover essere solidale con la platea». E cioè i camerati riuniti nella chiesa di Santa Caterina per la messa in suffragio di Benito Mussolini. Il video di MeridioNews lo immortala come un uomo vestito di bianco, che aiuta padre Salvatore Lo Cascio nella messa, e che per tre volte risponde con il saluto romano alla chiamata di Giuseppe Bonanno Conti, dirigente nazionale di Forza Nuova. Adesso, però, quell’uomo ha anche un nome: è Franco Puglisi, 61 anni, esperto di pubblicità catanese, quasi diacono. «Ho studiato teologia (all’istituto superiore di Scienze religiose San Luca di Catania, ndr) ma non sono mai stato consacrato», spiega. Meno chiaro sembra invece il motivo della sua presenza alla messa in suffragio del dittatore. Se da un lato Puglisi nega di essere di estrema destra – «Non sono fascista, sono cose che non esistono più» -, dall’altro ammette di non frequentare abitualmente quella chiesa e di essere «andato apposta per la celebrazione».

Pubblicitario tra i più noti negli anni ’90, la sua società ha formato una generazione di professionisti di marketing. Oggi Puglisi dirige un’agenzia più piccola, la StudioP. A un certo punto della sua vita, decide di studiare teologia. Ma si ferma prima di ricevere dal vescovo l’ordinazione da diacono, e cioè il primo grado dell’ordine sacro che può essere conferito anche ai laici. Tra le sue passioni, oltre alla comunicazione e alla fede, nega che ci sia anche la politica. «Non ho mai avuto tessere di partito, né mi sono mai candidato – racconta – Da adolescente ho avuto dei percorsi… Tutto qui». Sulla domanda se si sia trattato di percorsi di estrema destra, Puglisi glissa. «Se capita voto Renzi oppure Berlusconi, perché non ci sono più ideali o linee da seguire». Per poi ammettere però che tra i camerati intervenuti in chiesa nella messa a suffragio di Mussolini «c’erano tante persone che conosco fin da adolescente».

In ogni caso lui di fascismo e apologia non vuole sentire parlare. «Sono cose di 70 anni fa, può essere al massimo un ricordo di chi non c’è più – spiega – Durante la messa non sono mai stati espressi concetti politici». Così come apolitici sarebbero stati anche i tre saluti romani alla fine della funzione. «Una manifestazione quasi di folklore», li definisce all’inizio Puglisi. Per poi correggere il tiro: «Si tratta di una celebrazione interna a delle persone, non ci può essere nessuna apologia su una cosa di 70 anni fa – dice il pubblicitario –  Era un incontro di alcune persone che hanno avuto un passato e ricordano qualcosa in quel momento. Niente di preoccupante per l’opinione pubblica».

Ma a pensarla diversamente è anche la curia etnea. «Non ci si può approfittare di un luogo sacro per una manifestazione politica. Tanto più se è vietata dalla Costituzione», commentava ieri a MeridioNews monsignore Salvatore Genchi, vicario del vescovo di Catania Salvatore Gristina. E, nello specifico, sui saluti romani di Puglisi, aggiungeva: «Quello che ha fatto il ministrante non è stato bello, sono dei gesti che lasciano l’amaro in bocca». Ma al pubblicitario il giudizio del numero due della Diocesi etnea non importa: «Io do conto solo alla mia coscienza, non devo chiedere il permesso alla curia».


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