Cinquecentonovantamila (590mila) euro in contanti sistemati dentro alcune buste di plastica e nascosti in un armadio della stanza da letto della casa di Luigi Costa. Il funzionario della motorizzazione civile di Palermo che da martedì è finito agli arresti domiciliari, con le accuse di corruzione, abuso e violazione del sistema informatico, nell’ambito di una maxinchiesta su un giro di mazzette per cui sono state arrestate un’altra ventina di persone e ne sono finite indagate 42. Nessuna cassaforte e nemmeno un ripostiglio; durante la perquisizione nella sua abitazione di via Oreto a Palermo ai poliziotti è bastato spostare alcuni vestiti appesi nell’armadio. Costa, che in passato era già finito in una inchiesta simile, potrà spiegare la provenienza di quei soldi nei prossimi giorni, durante gli interrogatori di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari. Intanto, stando a quanto emerge dalle carte dell’inchiesta, quel denaro sarebbe arrivato dentro il suo armadio passando per le carpette colorate consegnate negli uffici di via Onorato, in mezzo alla documentazione necessaria per le pratiche da sbrigare. Decine e decine quelle che, secondo gli inquirenti, sarebbero state portate avanti sulla base di accordi corruttivi, come emerso dalle indagini che sono partite da alcune verifiche sul riciclaggio di auto provenienti dall’estero.
Dalle investigazioni, invece, sarebbe poi emerso «un quadro sconfortante di stabile asservimento dei funzionari pubblici agli interessi dei privati», si legge nelle carte. In particolare, di titolari di agenzie di disbrigo pratiche automobilistiche che, in cambio di un «trattamento privilegiato» avrebbero corrisposto regolarmente somme di denaro che sarebbe stato diverso in base al servizio richiesto. Base minima 150 euro in più rispetto al costo regolare del disbrigo della pratica. Con le banconote sempre nascoste dentro le carpette in mezzo ai fogli dei documenti richiesti. Secondo gli investigatori, a un certo punto, Costa avrebbe anche sospettato che nei suoi confronti ci fosse una nuova indagine. «Vabbè – dice infatti senza sapere di essere intercettato – ci sono telecamere dentro, microspie, audio e video. Già ci è bastato la prima volta. Abbiamo già dato, dobbiamo stare attenti. Nella macchina non parlare capito?». Raccomandazioni fatte dal pubblico ufficiale che, però, sarebbero servite a poco. E soprattutto non a smettere di andare avanti anche quando le pratiche da evadere in modo irregolare aumentano al punto che Costa dichiara che non ne avrebbe più fatte per conto dello stesso soggetto di una agenzia per il rischio di attirare l’attenzione: «Perché il problema è che la cosa si allarga: diventò troppo esagerata».
E diverse esagerazioni, in effetti, vengono fuori anche dalle carte dell’inchiesta. C’è, per esempio, il caso di un accordo che serve a fare conseguire la patente di guida di tipo A (quella per i motocicli) a una donna (che è tra le 42 persone indagate) simulando il superamento dell’esame a cui la candidata nemmeno si sarebbe presentata. «Io basta che faccio solo la presenza o devo andare a guidare, fammi capire?», chiede l’aspirante motociclista che ha un problema non irrilevante che emerge nella frase subito dopo: «Perché io – ammette candidamente la donna – neanche lo so portare il motore». A rassicurarla ci pensa però uno dei funzionari della motorizzazione che adesso è deceduto: «Me la sbrigo io. Te lo insegno io, mi metto dietro di te», risponde alla donna prima di suggerirle di non continuare la conversazione al telefono. Arrivato il giorno dell’esame, stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, la donna avrebbe preso un permesso dal lavoro alla Posta ma sarebbe rimasta comodamente a casa. Così, senza nemmeno presentarsi alla prova, ha comunque ottenuto il rilascio della patente.
Tra le carte taroccate e i documenti contraffatti per le pratiche della motorizzazione, ce ne è poi una che ha dell’incredibile. Il certificato tecnico per il collaudo di un mezzo è falso. E, fin qui, niente di strano per gli indagati. A rendere il documento inverosimile e non credibile nemmeno ai loro stessi occhi è però la data riportata: ovvero, quella del 25 dicembre, il giorno di Natale. Un pasticcio a cui bisogna porre rimedio. Dopo essersene accorto, è il funzionario della motorizzazione a chiedere a un complice di mettersi all’opera per produrne un altro con una data diversa. «Le cose sono un pochettino ingarbugliate, ho fatto una catacombola: se tu guardi dentro, ci hanno messo il 25 dicembre, Natale». Uno dei giorni festivi per eccellenza in cui è davvero difficile far credere che sia avvenuto il collaudo di un mezzo con funzionari impegnati a verificarne tutti i requisiti necessari. «Tu hai la possibilità di farglielo cambiare? Perché questo (il riferimento è al titolare di una agenzia di disbrigo di pratiche automobilistiche, ndr) si è incazzato giustamente», chiede il funzionario della motorizzazione ammettendo, utilizzando un latino maccheronico che è più simile a un’espressione del dialetto siciliano, che è stata inserita una data «ad muzzum (qualunque, ndr)».
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