Più di un decennio di irregolarità, omissioni e sversamenti di liquami fognari non depurati. Sono i tratti salienti della storia del depuratore nella frazione Sant’Anna di Mascali, finito sotto sequestro dopo un’indagine iniziata nel marzo 2015. A occuparsene la procura di Catania con la collaborazione della Capitaneria di porto etnea e dell’ufficio circondariale marittimo di Riposto. Sotto la lente d’ingrandimento è finita la gestione da parte del Consorzio di gestione dell’impianto che raggruppa i Comuni del litorale ionico di Giarre, Riposto, Mascali, Fiumefreddo di Sicilia e Sant’Alfio. Gli enti, secondo gli investigatori, hanno conferito nell’impianto una quantità di scarichi fognari che avrebbe superato i limiti previsti. «Irregolarità sistematiche», le ha definite l’ammiraglio della Guardia costiera Nunzio Martello, che negli anni si sono susseguite nel silenzio della Regione siciliana, che avrebbe avuto da tempo la documentazione e i dati necessari per imporre lo stop.
Gli uffici dell’assessorato Territorio e Ambiente si sarebbero attivati soltanto dopo le prime richieste di accesso agli atti da parte dei magistrati etnei. «Prima sono state concesse continue proroghe – spiega la magistrata Raffaella Vinciguerra – ecco perché sono indagati tre funzionari regionali». Con loro anche altre quattro persone, tra tecnici e dirigenti, indiziati a vario titolo di abuso d’ufficio, danni e inquinamento ambientale e deturpamento di bellezze naturali. Sui nomi al momento c’è il massimo riserbo, ma nell’elenco non ci sarebbe l’avvocato Giovanni Spada, l’attuale presidente del Consorzio che gestisce il depuratore: «Il suo insediamento è stato recente», conclude Vinciguerra.
Valori abnormi delle sostanze inquinanti sversate in mare
Sul dispositivo, che serve per eliminare impurità e sostanze inquinanti, sarebbero stati attivati con regolarità dei bypass. Ossia dei meccanismi di pompaggio utilizzati per prelevare i liquidi. Di questi soltanto due sarebbero stati regolarmente autorizzati mentre erano otto quelli irregolari. Attraverso questa procedura si provvedeva allo scarico senza l’attivazione del ciclo depurativo. I liquidi finivano prima nel torrente Macchia, che poi sfocia nel litorale di Sant’Anna nel territorio del Comune di Mascali. I problemi per l’impianto tuttavia non sono recenti. A testimoniarlo le numerose segnalazioni di residenti e turisti che spesso, durante le stagioni estive, hanno lamentato disturbi gastrointestinali. Lo scorso anno a Fondachello dopo Ferragosto si era registrata una vera e propria epidemia, con decine di bagnanti affetti da dissenteria, febbre e altri disturbi da infezione. Una situazione che però era stata minimizzata da alcuni sindaci della fascia ionica.
Per gli investigatori le analisi dell’Arpa di Catania non lascerebbero tuttavia spazio a dubbi. «Evidenziano valori abnormi delle sostanze inquinanti sversate in mare – spiega il procuratore reggente Michelangelo Patanè -, spesso superano per decine e anche centinaia di volte i limiti previsti dalla legge». L’impianto di Mascali è completo a metà. A mancare è il cosiddetto terzo modulo che prevederebbe alcuni allacci alla rete fognaria e la realizzazione di condotte sotterranee. Dopo il sequestro, disposto dal giudice per le indagini preliminari del tribunale etneo, l’impianto continuerà a svolgere le sue funzioni ma con il vincolo di rispettare alcune prescrizioni imposte dagli inquirenti.
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