Marino sulle minacce a Di Matteo e sull’ambiguita delle istituzioni: “Il Csm chiuda il provvedimento disciplinare, lo indebolisce”

Da Il Fatto Quotidiano di oggi, una interessante intervista a Nicolò Marino, ex Pm antimafia e oggi assessore all’Energia del Governo Crocetta, sulle minacce di Totò Riina  al collega Nino Di Matteo, e sull’ambiguo ruolo delle istituzioni che dovrebbero sostenerlo…a partire dal Csm

di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza

PALERMO – Riina? ‘’O e’ impazzito, o vuole lanciare messaggi a esponenti delle istituzioni che conoscono la trattativa’’. I pg Ciani ed Esposito? ‘’Si sono esposti a gravi responsabilita’ disciplinari’’. Napolitano? ‘’Non puo’ esimersi dal testimoniare’’. Parla Nicola Marino (nella foto a destra), ex pm antimafia a Caltanissetta e oggi assessore della giunta siciliana di Rosario Crocetta. Che chiede al Csm di chiudere ‘’immediatamente’’ il procedimento disciplinare nei confronti di Nino Di Matteo, ‘’assumendosene la piena responsabilita’’’.
Dottor Marino, Riina continua a parlare nel carcere di Opera. Minacce o messaggi?
Le minacce sono gravissime proprio perchè provengono dal capo di Cosa nostra: Riina non ha mai assunto iniziative per caso. Quindi o è totalmente impazzito, tanto da continuare a parlare a ruota libera – e questo sarebbe tuttavia estremamente pericoloso perchè chiunque potrebbe raccogliere l’ordine del capo – o vuole lanciare messaggi a interlocutori delle istituzioni ben a conoscenza della trattativa.
Ieri il pm Di Matteo (foto a sinistra) e’ rimasto a Palermo, disertando per ragioni di sicurezza l’udienza di Milano per l’audizione del pentito Giovanni Brusca. E’ un segnale di sconfitta per lo Stato?
E’ inaccettabile che si ritenga piu’ semplice tenere lontano Di Matteo dai propri compiti istituzionali: lo Stato italiano avrebbe dovuto consentire a Di Matteo di rappresentare l’accusa per l’audizione di Giovanni Brusca, che fu il primo a parlare della cosiddetta “trattativa”.

Riina lo vuole morto, lo Stato gli consiglia di disertare le udienze, e infine il Csm da un anno e mezzo lo tiene sotto procedimento disciplinare. Quanto questo procedimento ha contribuito ad isolare Di Matteo?
E’ un procedimento evanescente nella sostanza, gravissimo nei tempi e nei modi, tra l’altro preceduto da iniziative del Pg della Corte di Cassazione dell’epoca, e dell’attuale, assolutamente al di fuori dai loro poteri istituzionali. Il suo avvio fu improvvido; concluderlo adesso in un modo o nell’altro, risulterebbe comunque una sconfitta per quelle istituzioni che vollero darvi inizio. Ma è gravissimo tenerlo in sospeso, significa indebolire Di Matteo giorno dopo giorno: gli organi competenti hanno il dovere di chiudere quel procedimento immediatamente, assumendosene la responsabilità.
Un procedimento avviato, guarda caso, dal Pg della Cassazione, ruolo ricoperto in quel periodo prima da Vitaliano Esposito e poi da Gianfranco Ciani, entrambi oggi testimoni nel processo sulla trattativa per le iniziative conseguenti alle telefonate di Mancino. Secondo lei in quell’occasione si mossero dentro il perimetro dei loro poteri istituzionali?
Sia Esposito, per la condotta tenuta con Mancino, sia Ciani per la convocazione di Grasso, si sono esposti a gravi responsabilità disciplinari, che il ministro della Giustizia avrebbe dovuto segnalare. Nel caso in cui non si ritenesse ricompreso nei poteri del ministro della Giustizia l’esercizio dell’azione disciplinare, o nei poteri del Csm l’esercizio dell’azione di incompatibilità funzionale nei confronti del Pg di Cassazione, ci troveremmo di fronte a un inaccettabile vuoto normativo. E allora perché l’azione disciplinare nei confronti di Di Matteo?
Ne’ Letta, ne’ Grasso, ne’ la Boldrini hanno speso una parola di solidarietà’ per Di Matteo. In compenso, Alfano e’ venuto a Palermo e si e’ guadagnato gli elogi del procuratore di Caltanissetta Sergio Lari. Che ne pensa?
Trovo ben strano che in questo Paese, fare semplicemente il proprio dovere possa risultare un fatto degno di elogio, o addirittura eroico. Certo, ritengo che nessun cittadino possa permettersi di dimenticare le volte che è dovuta intervenire la Corte costituzionale per le iniziative di Alfano. E mi sembra oltremodo strano che i miei colleghi, che oggi lo elogiano, dimentichino queste ripetute violazioni della nostra Carta costituzionale.
Come giudica il silenzio di Napolitano in questa vicenda?
Nel massimo rispetto del nostro Presidente della Repubblica, devo dire che, dopo aver reso pubblica la missiva del compianto Loris D’Ambrosio, egli non possa esimersi dal testimoniare davanti all’autorità giudiziaria di Palermo.


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