Il giudice del Tribunale di Marsala Lorenzo Chiaramonte ha quantificato in due anni la pena per Alberto Lipari e la collaboratrice Rosalba Platano. La storia era emersa a febbraio di quest'anno. La vittima, Maria Caruso, era diventata presto una star del web. Dietro alla popolarità, però, una storia soprusi e sfruttamento
Maria di Trapani, condannati conduttori di Stranamuri «Reclusa, costretta a pulire e fare bisogni in pentola»
Due condanne e un risarcimento danni pari a 40mila euro. Cala così il sipario sulla triste vicenda dell’ex star del web Maria Caruso, meglio conosciuta come Maria Di Trapani. La sua storia era stata ripresa da testate giornalistiche locali e nazionali. Da protagonista indiscussa del programma televisivo Stranamuri Siciliano ai maltrattamenti subiti proprio da parte di chi l’aveva lanciata nel mondo dello spettacolo. Alla sbarra erano finiti il conduttore del format Alberto Lipari e la sua collaboratrice Rosalba Platano oggi condannati a due anni di carcere, con pena sospesa. Il giudice del tribunale di Marsala, Lorenzo Chiaramonte, ha anche disposto un risarcimento danni di 40mila, di cui 15mila a titolo provvisionale in favore di Caruso.
La popolarità, le serate in discoteca, i post sui social e i relativi commenti improponibili, la ricerca dell’amore. Poi all’improvviso i riflettori si sono spenti e Maria è tornata a vivere con i genitori. Stanca alla fine di essere continuamente sbeffeggiata, ha deciso di denunciare quanto subito. Lipari, con una clip pubblicata sulla sua pagina Facebook nel novembre 2014, spiegava le ragioni dell’abbandono della scena da parte della sua creatura: «L’abbiamo accolta a braccia aperte quando ha litigato con la famiglia e ha lasciato casa. Poi si è resa conto che il mondo dello spettacolo non è tutto oro», aveva detto.
Il giudice però non gli ha creduto. Per l’accusa «dopo aver dato popolarità a Caruso e averla convinta a seguirli in giro per i locali della Sicilia, approfittando anche delle sue condizioni di deficit cognitivo, per un mese la tenevano reclusa in un’abitazione a Marsala, dove la donna era costretta a espletare i propri bisogni in una pentola, veniva malnutrita e privata dei presidi igienici più elementari, fatta oggetto di dileggio e derisione, e quotidianamente percossa dai figli di Platano». Ma non solo: «Successivamente – hanno sostenuto i magistrati – viene ospitata in un’abitazione del villaggio Kartibubbo di Mazara del Vallo, di proprietà della Platano, dove oltre a essere oggetto di vessazioni, veniva adoperata per svolgere le pulizie della casa. La sera veniva agghindata e trascinata presso vari locali per le serate».