«Questa volta, il nuovo capo della mafia lo scegli tu! Dopo le dimissioni del segretario Andrea Bonafede (il geometra della cui identità si era appropriato il boss Matteo Messina Denaro nell’ultimo periodo di latitanza prima dell’arresto, ndr) sono ufficialmente indette le primarie per l’elezione del nuovo capo di Cosa nostra». È questa l’ultima provocazione del Collettivo offline che ha affisso i manifesti in giro per il centro di Palermo con tanto di riferimento ai «gazebo per le votazioni allestiti nelle principali piazze di spaccio della città» e anche sulle indicazioni su cosa occorre per votare. «Gli affiliati dovranno mostrare la certificazione della punciuta (termine siciliano che indica la puntura e dà il nome al rito di iniziazione per i membri di Cosa nostra, ndr) con allegato residuo del santino bruciato. Gli incensurati, invece – continua il cartellone appeso alle fermate degli autobus ma anche in piazza teatro Massimo e nella zona del palazzo di Giustizia – dovranno esibire la tessera di iscrizione da almeno tre anni a uno dei partiti di riferimento» . Per chiudere il manifesto, il Collettivo offline mette in fila tre parole chiave: «Democrazia, partecipazione, collusione».
Non è la prima provocazione che gli attivisti affidano ai muri del capoluogo palermitano. A partire da quelli con la scritta «Make mafia great again» con i loghi e i colori che rimandavano ai simboli della Democrazia cristiana che diventava Democrazia collusa e di Forza Italia trasformata in Forza mafia. Un episodio su cui la Digos aveva anche aperto un’indagine per arrivare a definire l’identità degli attivisti che stanno dietro al Collettivo. Che, appena qualche giorno dopo, era tornato all’attacco in città con altri poster in cui a presentarsi come candidato alle elezioni amministrative era il mafioso Vittorio Mangano, lo stalliere di Arcore. Più di recente, appena quattro mesi fa, il protagonista dei cartelloni era diventato il generale Carlo Alberto dalla Chiesa. Accanto alla sua faccia, la scritta «Scusate, mia figlia è una niagghia». Cioè, una nullità. Il riferimento era alla figlia del generale e prefetto ucciso dalla mafia nel settembre del 1982: Rita dalla Chiesa, che era candidata per le elezioni politiche in Puglia con Forza Italia.
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