Mafia, vendetta contro il pentito registrata dalle microspie «Buttagli a terra qualcuno, il papà o la mamma. Così si fa»

«Gli butti a terra qualcuno. Il primo, il secondo, suo papà e sua mamma. Così funziona il mondo, questo si deve fare». Il consiglio non lasciava spazio a interpretazioni. Il clan mafioso Scalisi di Adrano, alleato dei Laudani di San Giovanni La Punta, voleva punire Salvatore Giarrizzo, colpevole di essersi pentito iniziando a collaborare con i magistrati della procura di Catania. L’intercettazione, registrata da una microspia della polizia del commissariato locale guidato da Paolo Leone, è contenuta nelle carte dell’inchiesta Triade che nei giorni scorsi ha decapitato la cosca attiva nel Comune pedemontano. Un «dialogo inquietante» secondo la giudice per le indagini preliminare Chiara Di Dio Datola che ha firmato il provvedimento di fermo nei confronti di 15 persone. Non è l’unico però. Sono infatti diversi i riferimenti ai piani di vendetta nei confronti del collaboratore. Oggi MeridioNews pubblica in esclusiva una di queste registrazioni. 

A parlare
 sono un uomo non identificato e Massimo Neri. Quest’ultimo, conosciuto con l’appellativo di zicchinettaavrebbe alternato il lavoro di lavaggista alla Clean car e addetto a un camion di panini in città a quello di «promotore e organizzatore» del sodalizio mafioso. Tra le accuse che gli vengono mosse anche delle richieste di pizzo ai danni di alcuni commercianti locali. Quella frase pronunciata da una voce maschile  «buttare a terra qualcuno» – per gli investigatori non lascerebbe spazio a interpretazioni. 

Nel mirino sempre Giarrizzo, arrestato a metà luglio 2020 nel blitz
The king come il nuovo reggente degli Scalisi. Tutto accade a stretto giro e poco dopo l’operazione il 30enne decide di entrare nel programma di protezione. La notizia ad Adrano ha un effetto tsunami: «Massimo Neri – si legge nei documenti – nel corso di una discussione con i fratelli Tino e Santo immaginava di dare un chiaro segnale intimidatorio al neo collaboratore». 

Il primo passo sarebbe stato quello di bruciare un camion per la rivendita di panini. «Se devi fare una cosa si fa … ma stai zitto», diceva Tino Neri al fratello Massimo nel tentativo di stemperare la sua poca riservatezza. L’invito però non veniva accolto e l’indomani e nei giorni seguenti l’uomo continuava con i suoi sfoghi contro il pentito. A tenere banco erano alcune vicende legate al camion dei panini. Subito dopo la notizia della collaborazione con la giustizia il fratello del pentito avrebbe cercato di vendere il mezzo. Scelta non apprezzata dal clan in quanto «acquistato con i proventi delle attività illecite». Il mezzo in questione, come svelato da MeridioNewsil 16 febbraio è stato effettivamente bruciato mentre era parcheggiato in piazza Sant’Agostino, ad Adrano. 

Sulla vicenda
è stata aperta un’inchiesta anche perché l’intimidazione arriva a distanza di mesi dalle intercettazioni dell’inchiesta Triade e con il mezzo che adesso risulta di proprietà di un uomo incensurato residente ad Adrano. La data dell’intimidazione però spingerebbe gli inquirenti a collegare il fatto alla storia del pentimento di Giarrizzo, poiché nei giorni successivi sono arrivate le richieste di condanna per gli imputati del processo The king. «Conosce tutti i peli del mio culo – diceva profetico Neri nell’audio pubblicato da MeridioNews – e se me la sono saltata, questa volta non me la fa saltare più». 


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