Parte stamane la protesta dei sindaci del comprensorio madonita che tornano a manifestare contro la chiusura del punto nascita di Patralia Sottana deciso dalla ministra Lorenzin. Un lungo corteo di auto e mezzi si incolonneranno per chiedere la riapertura di un confronto con il governo regionale e nazionale
Madonie in marcia contro il declino del territorio Inguaggiato: «Protesta che va oltre il punto nascite»
«La protesta va oltre la riapertura del punto nascita, una vicenda che ha agito da detonatore e ha fatto prendere coscienza del declino che sta investendo i nostri territori». Non ha dubbi il primo cittadino di Petralia Sottana, Santo Inguaggiato che stamane, assieme a una ventina di sindaci del comprensorio madonita tornano a manifestare «per il diritto alla vita». I paesi della Madonie, infatti, oggi si fermano, per mantenere alta l’attenzione sulla riapertura del punto nascita, chiuso il 31 dicembre per la mancanza dei requisiti minimi di sicurezza. Punto di concentramento la strada provinciale per Piano Battaglia da dove i rappresentanti dei comuni, scortati da una lunga colonna di automezzi di servizio, raggiungeranno l’ospedale «emblema delle condizioni di difficoltà e impoverimento in cui si dibatte il territorio». Una ferita ancora aperta per le comunità locali le cui speranze si sono riaccese solo dopo che il ministero della Salute, a gennaio, ha riaperto uno spiraglio, a patto che la Regione metta in sicurezza il presidio. Una flebile speranza perché Lorenzin ha ipotizzato solo una deroga di sei mesi.
«Il comitato punto nascite regionale si è pronunciato favorevolmente per la deroga – dice a MeridioNews Inguaggiato – e si è aperto il confronto con l’Asp. Quest’ultima, infatti, deve predisporre gli atti per l’acquisizione delle dotazioni necessarie per la riapertura in sicurezza dell’ospedale». Ma la vicenda è tutt’altro che conclusa, ci sono ancora molti passi importanti da compiere. «Durante l’ultimo incontro con il ministro – prosegue – l’assessore si è attivato per ottenere la deroga ma serve un adeguamento strutturale e occorre incrementare l’organico con 5-6 unità di personale, ginecologi e pediatri, per la guardia attiva h24». Dopo l’incontro, il Governo regionale ha indicato i prerequisiti: ora tocca all’Asp assegnare le risorse al punto nascita di Petralia. Ma sul tavolo rimane il nodo del numero dei parti l’anno, inferiore al minimo previsto dalla legge. «È una problema superabile – spiega – proponiamo che il personale degli ospedali di Petralia e Termini sia gestito unitariamente. Così, arriveremmo a oltre 650 nascite l’anno sommando i 500 di Termini e 128 di Petralia».
Una «misura indispensabile» per il comprensorio che ha vissuto la chiusura dell’ospedale come «l’ultima tappa di un processo di arretramento sociale». «La protesta di oggi va oltre la questione del punto nascita – prosegue – è stato la miccia che ha fatto prendere coscienza alla collettività del declino che sta investendo la nostra realtà e le aree di montagna». Il primo cittadino di Petralia, quindi, punta il dito contro un depotenziamento generalizzato di strutture che stanno creando le condizioni «per la morte del territorio. Occorre un piano di investimenti straordinari – chiarisce – dalla manutenzione delle strade senza dimenticare la diga di Blufi, rimasta una cattedrale nel deserto. Si è distrutto un territorio: se non intendono completarla perché non la demoliscono?».
Il sindaco, infine, ricorda l’esistenza del disegno di legge sulle Zone franche montane rimasto tuttavia «lettera morta». Eppure potrebbe essere d’impulso per il rilancio dell’economia locale, arrestando un flusso migratorio che sta svuotando i territori. «Il nostro interlocutore privilegiato rimane la Regione – aggiunge – ma intendiamo riaprire un confronto anche con quello nazionale. La chiusura del punto nascita ha rappresentato l’occasione per ripensare al rilancio delle aree montane. E finché non riaprirà – conclude – per noi la partita sarà sempre aperta».