La storia di Palermo si può raccontare anche nel riflesso dei cardinali che si sono succeduti negli ultimi sessanta anni. Ognuno di loro ha affrontato un'emergenza. Oggi l'insediamento di un prete che vorrà affermarsi oltre le etichette
Lorefice, il parroco al servizio degli ultimi L’arcivescovo di strada lancia la sua sfida
La storia di Palermo si può raccontare, se vogliamo, anche nel riflesso dei cardinali che si sono succeduti negli ultimi sessanta anni, tra la crisi post bellica, la ricostruzione, il sacco di Palermo, la lunga e durissima stagione di stragi mafiose. Un volto profondamente cambiato e intimamente uguale a se stesso in alcuni aspetti culturali e sociali. Ognuno di loro ha abbracciato un periodo, affrontato un’emergenza, sviluppato il confronto con alcune criticità piuttosto che con altre. Fino ai giorni nostri dove la crisi implacabile, i cui morsi sono evidenti in un tessuto sociale dove la povertà è fortemente presente, disegna una linea in cui le grandi differenze tra i pochi ricchi e i molti poveri cresce sempre di più. Il prestigio di una delle sedi più importanti d’Italia non si è mai offuscato, conoscendo alti e bassi, ma anche una consolidata e apprezzata continuità pastorale.
Una sede ambita, ambitissima, quella di Palermo, di prima fascia e non solo tra quelle italiane. Oggi s’insedierà il nuovo arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, un prete di strada, nominato in forte discontinuità col passato da Papa Francesco. Un uomo e un parroco che vorrà probabilmente affermarsi oltre le etichette, le facili semplificazioni e i pregiudizi che lo attendono al varco in una città difficile. Il cardinale per eccellenza, nella memoria dei palermitani, rimane Salvatore Pappalardo di cui resta scolpita la memorabile Omelia di Sagunto, dum Romae consulitur, Saguntum, expugnatur, un duro attacco a quella parte di Stato che aveva lasciato solo Carlo Alberto Dalla Chiesa, il prefetto assassinato dalla mafia. Pappalardo fece in tempo a vivere alla guida della Diocesi palermitana le stragi del 1992 di Falcone e Borsellino, ma soprattutto fu un riferimento per la chiesa palermitana, strutturata secondo schemi tradizionali. Aperto al confronto e disponibile verso gli umili e i deboli. Anche in coincidenza del lungo periodo in cui rimase in carica (1970-1996).
Anche la storia di Ernesto Ruffini ha avuto un peso rilevante a Palermo. Espressione di una Chiesa delle gerarchie, fu molto vicino ai potentati politici democristiani, e, a discapito di un’impronta conservatrice, non gli fece difetto l’azione sociale nei quartieri, nelle scuole e nelle borgate, anche se vien ricordato per l’infelice frase per cui la mafia era «un’invenzione per danneggiare la Democrazia cristiana». Ruffini fu cardinale di Palermo per oltre venti anni. Si dimise, invece, solo dopo tre anni monsignor Francesco Carpino (1967-1970), dopo una breve parentesi, assunse altri incarichi presso la Congregazione per i vescovi. De Giorgi e Romeo, invece, hanno dovuto impattare con l’esigenza di un profilo più basso, dettato dalla Chiesa in evoluzione a cavallo tra l’ultima parte del pontificato di Woityla e Ratzinger.
Oggi è la volta di Corrado Lorefice che ha 53 anni ed è atteso secondo alcuni a una prova muscolare con le anime profondamente diverse della Chiesa palermitana, mentre per altri, e per chi lo conosce nel suo territorio, ha le carte in regola per fare passare il modello dei Chiesa del servizio cara al Pontefice. La pastorale in chiave missionaria del nuovo corso dovrà conciliarsi a Palermo e nella diocesi con una realtà complessa da Brancaccio a Borgo Nuovo, nelle borgate, ma anche nelle singole missioni di carità che scontano il momento di crisi strutturale dei bilanci ingessati di Regioni ed enti locali. Non mancheranno, Lorefice ne è cosciente e consapevole, attacchi sulla sua presunta adeguatezza a guidare la Diocesi di Palermo. Su questo passa e si gioca la scommessa riformista di Francesco, che a Palermo presenta realtà di contrasto più consistenti di quelle che possono apparire, individuabili non solo nelle frane più conservatrici dei gruppi di Curia e di associazioni religiose.
Palermo in termini di Curia non è una sede ritenuta provinciale e questo alza di molto l’asticella. Non sono stati in pochi quanti nella nomina alcuni mesi fa di Francesco Montenegro ad Agrigento hanno visto un tentativo di destrutturazione geopolitico all’interno dello scacchiere delle sedi siciliane, mirato a depotenziare Palermo. Adesso la scelta di Lorefice è il punto di equilibrio tra il riformismo del Papa, una scommessa nuova e un profilo tutto da scoprire, intorno al quale la curiosità e l’interesse sono destinati ad aumentare.