Lo Stato italiano produrrà ‘spinelli’ per aumentare il Pil

LO PREVEDE EUROSTAT. MA BISOGNERA’ NON ‘DISTURBARE’ TROPPO LE MAFIE CON LE QUALI, QUANDO OCCORRE ORGANIZZARE ‘STRAGI’, SI FANNO ‘TRATTATIVE’. COSI’ A COLTIVARE LA CANNABIS SARA’ L’ESERCITO DEL NOSTRO PAESE. LA SCUSA E’ CHE SI PRODURRANNO MEDICINE…

Qualche giorno fa abbiamo pubblicato un articolo (http://www.linksicilia.it/2014/08/perche-tanta-ferocia-nelle-guerre-perche-forse-si-fa-largo-uso-di-droghe/) in cui viene denunciato il crescente uso di droghe da parte dei militari di molti eserciti.

In questi giorni è stata diffusa una notizia che sembrerebbe avere dell’inverosimile. Il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, e Roberta Pinotti, Ministro della Difesa, hanno deciso che, a breve, l’esercito italiano potrà coltivare e produrre marijuana.

La coltivazione e la trasformazione che saranno gestite dallo stabilimento chimico militare di Firenze, avranno scopi “terapeutici”e i primi prodotti “per lenire il dolore” a base di cannabinoidi potrebbero essere in vendita già dal prossimo anno. Nessuna dichiarazione di voler utilizzare questi prodotti in campo militare. Non è chiaro, però, per quale motivo il compito di realizzare droghe (perché di questo si tratta, anche se limitate ad uso terapeutico) sia stato dato all’esercito.

I dubbi sono sorti anche per il fatto che lo stabilimento militare che dovrà occuparsi della realizzazione di questi “farmaci” era nato proprio per scopi militari. Solo successivamente aveva iniziato ad operare anche per il settore civile.

Dubbi resi ancora maggiori proprio dal fatto che il ministro Lorenzin ha sempre avuto un atteggiamento contrario alla liberalizzazione delle droghe leggere: “Ci battiamo tanto – ha dichiarato – per la lotta contro il fumo, contro l’abuso di alcol e poi discutiamo se liberalizzare o meno la cannabis. Che esempio diamo ai nostri ragazzi se chiunque può starsene tranquillo a fumarsi uno spinello?”.

Cosa potrebbe aver fatto cambiare idea al ministro della Salute? E perché affidare l’incarico di questa operazione non ad un’industria farmaceutica (magari mediante “regolare” appalto pubblico), ma all’esercito? E come mai Big Pharma, le maggiori aziende farmaceutiche del mondo, non ha detto niente sul ”bocconcino” (negli USA si è parlato di “esperti anti-cannabis” sul libro paga di alcune case farmaceutiche produttrici di anti-dolorifici per contrastare il processo di legalizzazione)?

Indipendentemente dai dubbi, senza risposta, sulla produzione e l’utilizzo di queste sostanze (eufemismo per non chiamarle con il loro nome: “droghe”), una cosa è certa: grazie a questa scelta lo Stato incasserà un bel po’ di soldini. Sì, perché, a quanto pare, il business della cannabis fa bene alla “congiuntura”.

Conviene perché, come previsto dall’Eurostat, lo spaccio di droghe (insieme a contrabbando e prostituzione) sarà inserito nel calcolo del Pil, Prodotto interno lordo. Eurostat ha deciso di prendere in considerazione anche attività economiche che, almeno fino ad ora, sono sfuggite ai controlli dello Stato. Una di queste è proprio è il commercio delle droghe (non a caso un quotidiano tedesco, Süddeutsche Zeitung, ha recentemente titolato un articolo “Fumare cannabis per la congiuntura”).

Più marijuana e hashish saranno consumate, infatti, maggiore sarà il loro apporto alla causa della crescita del Prodotto interno lordo.

Non solo, ma le nuove linee guida per il calcolo del Pil prevedono una nuova computazione per le spese in “ricerca e sviluppo”. Queste, se prima erano calcolate come consumi intermedi, e quindi non incluse nella ricchezza nazionale complessiva, ora saranno valutate come investimenti.

E ancora non basta. Un altro parametro modificato sarà quello che riguarda i beni militari, che sarà giudicato come “investimento” non considerando il suo potenziale distruttivo, come ha richiesto la stessa Eurostat.

Quindi niente di meglio che promuovere il consumo di cannabis (seppure per uso “terapeutico” e “farmacologico”), aumentare la ricerca (evitando che le aziende che fanno “ricerca” possano poi fatturarla all’estero e quindi che questo dato non venga inserito nel Pil nazionale) e accrescere l’utilizzo di strutture militari.

Insomma un grosso “business”, sebbene con molti dubbi circa la moralità, e quindi grosse tasse. Tanto che in Uruguay, negli stati americani di Colorado e Washington e in Svizzera ci hanno già “provato”. Ad esempio, recentemente anche in Svizzera si è cominciato a discutere su come legalizzare la vendita di hashish e marijuana (è stata incaricata una commissione del Parlamento federale elvetico di valutare pro e contro). Senza contare i vantaggi, come ha affermato Thomas Kessler, che deriverebbero dalla coltivazione della cannabis per le zone agricole più depresse.

In questo modo lo Stato potrebbe controllare la quantità prodotta, per poi rivenderla “sotto strette condizioni” ai maggiorenni. Una proposta dalla dubbia moralità, ma dai grandi vantaggi economici, che permetterebbe di controllare un mercato in espansione, ma, almeno fino ad oggi, illegale. E di tassare a dovere anche la produzione (e quindi altri soldi per lo Stato).

Forse le tre cose (la decisione di produrre “farmaci” a base di marijuana, il consumo di droghe e la decisione di rendere legale il consumo di stupefacenti) non sono legate tra loro. Forse.

Di certo, però, sorprende la “casualità” dell’osservazione fatta del sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, che, un paio di giorni fa, in un’intervista ad un quotidiano nazionale, ha detto: “Alcuni Paesi hanno ‘recentemente legalizzato la produzione e la vendita della marijuana per uso ricreativo oltre che terapeutico” rendendo ”possibile iniziare a misurare empiricamente gli effetti di questa scelta”. E ha continuato: ”Ha ancora senso lasciare che sia la criminalità organizzata a rifornire i quattro milioni e mezzo di italiani consumatori di spinelli?”.

Secondo Della Vedova, lo Stato avrebbe anche altri “vantaggi” dalla diffusione e dal consumo di queste droghe. In Colorado, questo l’esempio da lui citato, “l’eliminazione delle pene” per i piccoli reati connessi alla marijuana e la legalizzazione della vendita della marijuana avrebbe prodotto entrate per lo Stato per quasi un miliardo di dollari.

”Per l’Italia – ha proseguito Della Vedova – grande dodici volte il Centennial State, parleremmo di numeri molto maggiori. Le analisi più recenti sul mercato dei derivati della cannabis portano a una stima di oltre 7 miliardi di euro annui, che dal prossimo mese troveremo persino contabilizzata nel Pil”,secondo i nuovi criteri Eurostat…

Senza parlare dei vantaggi che deriverebbero da una tassazione analoga a quella dei tabacchi, ”pari a circa i tre quarti del prezzo di vendita”, spiega Della Vedova.

In altre parole, un vero “business” per lo Stato e per il Governo del “nuovo che avanza”. Il tutto, ovviamente, senza tenere in alcun conto l’aspetto morale della vicenda.

”Nessun giudizio positivo sul consumo di cannabis”, ha detto Della Vedova, ”il percorso intrapreso per altri consumi nocivi – in particolare per i più giovani – come alcol e tabacco: quello dell’informazione, della dissuasione e della tassazione”.

Come dire: basta che lo Stato ci guadagni non importa se ne va della salute dei cittadini, al limite basterà fare delle campagne di informazione (e quindi nuove tasse e maggiore Pil).

Così uno Stato che impone ad un automobilista di indossare la cintura di sicurezza o ad un motociclista di mettere il casco “ben allacciato” (a proposito in alcuni degli Stati Uniti se si guida la moto senza casco si va in galera), poi, visto che facendolo ci guadagna e non poco, è considerato “giusto” vendere sigarette e, forse, tra poco anche droghe leggere (per quelle pesanti è ancora presto per parlarne).

In Parlamento la discussione sulla possibilità di legalizzare o meno le droghe leggere è ancora aperta. Nel frattempo il Governo ha deciso di cominciare a far produrre queste droghe, pardon “farmaci”, dai militari e venderli agli ospedali…

Foto di prima pagina tratta da tempi.it

 

 

 

 


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