Nelle carte dell'ordinanza dell'inchiesta Security emergono i dettagli su come avrebbero agito gli imprenditori etnei trapiantati in Brianza. Nel mirino del gruppo finivano i lavori per logistica, allestimenti e rifacimenti dei supermercati. «Versate somme in contante con cadenza periodica», scrive il giudice Giulio Fanales
Lidl, sistema degli appalti per foraggiare i Laudani Commesse cucite su misura e stipendi ai dirigenti
Appalti cuciti come abiti su misura grazie a un presunto sistema che avrebbe avuto le sue fondamenta nello «stabile asservimento dei dirigenti della Lidl Italia». È quello che hanno scoperto gli investigatori del pool antimafia di Milano nell’inchiesta Security che ha portato al blitz di lunedì. A finire nel mirino è stato il colosso della grande distribuzione tedesca ma la società, che ha la sua base operativa vicino Stoccarda e vanta punti vendita in 26 nazioni, non è stata indagata. Stesso discorso per i suoi massimi vertici. Lo spartito cambia invece quando si passa ai nomi di alcuni funzionari che, stando a quanto emerge dall’ordinanza, sarebbero scesi a patti con un gruppo di imprenditori ritenuti vicini alla cosca mafiosa siciliana dei Laudani. Soldi e regali in cambio di commesse per l’organizzazione logistica nei magazzini, allestimenti di nuovi supermercati, rifacimenti di negozi e riparazioni varie.
Uno dei punti salienti dell’inchiesta è stato proprio quello relativo alle modalità con le quali le società esterne a Lidl ottenevano i lavori. In questo contesto può essere analizzata la posizione di alcuni responsabili inseriti nei centri direzionali. «Stabilivano prezzi d’appalto altamente vantaggiosi e una volta bandita la gara rivelavano agli indagati l’ammontare proposto delle aziende concorrenti, così da consentire la presentazione di offerte leggeramente inferiori e risultare vincenti». C’è poi lo step successivo con i funzionari di Lidl che si sarebbero seduti a tavolino per indicare eventuali modifiche all’offerta per renderle più appetibbili ai committenti. La strada così per l’imprenditore Luigi Alecci e soci sarebbe strada sempre in discesa, ottenendo il massimo risultato in un mercato che, a detta degli inquirenti, sarebbe stato «profondamente viziato» da una concorrenza ridotta ai minimi termini.
Dal canto loro i dirigenti sarebbero entrati a libro paga del gruppo malavitoso che «versava una somma in contanti con cadenza periodica». L’importo non veniva scelto casualmente ma «commisurato in percentuale sull’ammontare del fatturato derivante dall’affidamento degli appalti ottenuti in virtù dell’accordo corruttivo». Un sistema apparentemente ben oleato che però necessitava di alcuni accorgimenti, rivelatisi comunque vani, per mettere tutto al riparo dalle indagini della magistratura. Da un lato gli indagati partecipavano alle gare con società diverse e dall’altro i funzionari di Lidl, trascorso un certo periodo, uscivano di scena dalla multinazionale tedesca per essere assunti in una delle compagini degli indagati. L’allontanamento dalla casa madre però non avrebbe escluso l’avvicinamento con chi rimpiazzava i dirigenti infedeli, permettendo così di introdurre nuova linfa nel sistema.
Tra gli indagati sono finiti il geometra Vito Zaccone, in Lidl fino a luglio 2016 per poi passare come coordinatore dei servizi alla Sigilog srl, e Simone Suriano. Quest’ultimo specializzato, nell’organico della catena di supermercati, nell’assegnazione alle imprese esterne di commesse e lavori. L’azienda che farebbe riferimento al paternese Alecci, pregiudicato per omicidio e occultamento di cadavere, negli anni si è occupata della gestione delle logistica in alcuni magazzini della Lidl, allestimento degli interni in alcuni supermercati e manutenzione. Nelle pagine dell’ordinanza, firmata dal giudice per le indagini preliminari Giulio Fanales, vengono messe in fila una serie di intercettazioni. Dialoghi in cui emerge il presunto avvicinamento di Suriano e gli accordi per i regali da effettuare nel periodo di Natale.
In questo quadro generale a mancare sarebbero stati i controlli interni della Lidl. Una carenza che secondo i magistrati avrebbe garantito la vitalità del sistema che avrebbe avuto come fine ultimo quello di favore il clan mafioso dei Laudani. Per questo motivo sono stati inviati gli amministratori giudiziari in quattro centri direzionali su dieci della catena di supermercati. Tre si trovano al nord Italia mentre in Sicilia il provvedimento ha riguardato la struttura di Misterbianco, in provincia di Catania. Dal canto suo Lidl si è affidata a una nota per chiarire la propria posizione: «L’azienda si dichiara completamente estranea ed è venuta a conoscenza della vicenda in data odierna (giorno del blitz, ovvero il 15 maggio) da parte degli organi inquirenti. Lidl si è resa da subito a completa disposizione delle autorità competenti al fine di agevolare le indagini e fare chiarezza quanto prima sull’accaduto».