Le riforme istituzionali non portano lavoro ma solo altro potere

DAL GRANDE CONSENSO CONCESSO PER ALIMENTARE UNA SPERANZA SMARRITA E’ NATO UN PROGETTO PER CONSOLIDARE E RENDERE DURATURO UN POTERE

 

di Aldo Penna

E’ probabile che ai cittadini italiani sfugga, non capiscano o davvero siano ciechi. Perché di sicuro l’ostinazione con cui si perseguono le riforme istituzionali ha un obiettivo nascosto: creare occupazione. Non si spiega altrimenti perché uno dei più giovani governi della Repubblica, quello con la componente femminile più alta, forse con il numero di laureati maggiore, invece di varare provvedimenti che diano slancio al lavoro, rivitalizzino i mercati e schiudano le finestre della speranza per milioni di loro coetanei meno fortunati e immersi nel precariato, abbiano lanciato la grande campagna di Russia delle riforme del sistema politico.

Al varo dell’Italicum i giovani italiani troveranno impiego a milioni. Un impegno di queste dimensioni non può che produrre tali risultati. Se per il Papa l’emergenza in Italia è l’assenza di occupazione dei giovani, se Confindustria afferma che stiamo toccando il fondo, se i dati statici registrano ogni trimestre primati negativi (siamo giunti ai livelli del 1977) per l’Italia e il Sud in particolare, non si può non pensare che questo enorme sforzo, che sta assorbendo le energie di governo e Parlamento non produca lavoro.

Se così non fosse, se invece spinti dall’affermazione elettorale e dall’enorme apertura di credito concessa per risollevare l’Italia e spingerla fuori dal pantano, si volesse utilizzare quel consenso per consolidare un primato, un potere, un percorso e un destino, ci sarebbe davvero da preoccuparsi.

Solitamente le grandi riforme istituzionali, (in Italia l’unica degna di questo nome è il titolo v della Costituzione, da cui tutti precipitosamente oggi prendono le distanze) corrono parallele alla normale attività di governo. Figurarsi in un momento straordinario e di emergenza come questo. L’Europa invoca le riforme italiane, così afferma il governo, dimenticandosi di aggiungere che l’Europa invoca riforme sociali. L’Europa vorrebbe che gli straordinari squilibri di reddito si attenuassero, che chi non ha nulla avesse un minima rete di protezione, che l’innovazione divenisse una priorità, la mobilità sostenibile e un sistema di comunicazione diffuso una opportunità. Che il Sud da cenerentola del continente ritrovasse l’orgoglio di antichi splendori scrollandosi di dosso l’apparato parassitario che lo dissangua giorno per giorno.

Invece il tempo passa e L’Italia resta il malato d’Europa, il Meridione un moribondo, e i suoi cittadini, allibiti sudditi che ritenevano di aver intravisto un liberatore rischiano di passare sotto il controllo di un nuovo padrone.


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