La violenza bianca

Più di 200 persone hanno riempito la chiesa di S. Cristoforo, questo pomeriggio, per l’ultimo saluto a  Omodegbe Izogie, la “lucciola” nigeriana di 29 anni brutalmente assassinata qualche giorno fa sulla Catania-Gela da un ex agente di polizia penitenziaria.

Quasi tutti appartenenti alla numerosa comunità nigeriana catanese, hanno assistito alla messa, pronunciata secondo il rito cristiano, innalzando in più occasioni canti della cultura religiosa protestante.
Molte lacrime e commozione tra i presenti, in particolar modo da parte del fidanzato della vittima, anch’egli nigeriano venuto da Torino, dove abita e studia, per programmare le imminenti nozze con la sua ragazza.
Molte anche le proteste espresse, sia da esponenti della comunità nigeriana sia da italiani, per il silenzio assoluto dimostrato dalle istituzioni e dalla società civile nei confronti di questo efferato crimine. La prima a muovere critiche è Grazia Giurato, rappresentante dell’UDI (Unione Donne in Italia) che si ritiene “indignata come donna e come italiana per l’assenza delle istituzioni” e punta il dito sull’attuale legge sull’immigrazione (Bossi-Fini. ndr.) che “non consente il benché minimo diritto umanitario alle donne immigrate”. Secca l’apertura del parroco, che ha esordito ponendo ai fedeli la sua “vergogna di essere italiano” e ha rivolto un accorato appello alle comunità immigrate che, come dice lo stesso parroco, “sono giunte qui da lontano inseguendo un sogno e hanno trovato la morte, non solo fisica, ma di quel sogno che andavano perseguendo”.

L’unità e il radicamento della comunità nigeriana in Sicilia ha avuto modo di esprimersi ancora una volta in questa triste occasione di lutto, culturalmente intesa, quando avviene per morte naturale, come una festa, in cui ognuno sfoggia un completo nuovo e colorato. “Un modo di mistificare la morte e di mantenere una continuità oltre la vita” così ci dice Elvio Amaniera, italiano sposato con una ragazza nigeriana.
Ma questa volta è stato diverso. Nessuna festa, nessun completo colorato. Solo il nero, il colore del lutto e del dolore per una vita spezzata dalla ferocia di un altro uomo. Nessun conforto per questa gente che è dovuta ricorrere ad un’auto-tassazione per mettere insieme la somma necessaria a un funerale e una sepoltura degni per qualsiasi essere umano. Oltre duemila euro che sono serviti anche per affittare per un anno il loculo per la sepoltura al cimitero di Catania, dopo la cui scadenza non si è certi di cosa avverrà. Si alzano voci che vorrebbero l’interessamento dell’ambasciata nigeriana affinché la salma venga riportata in patria perché, come ci dicono, “non è giusto seppellire il suo corpo in un paese che le ha dato la morte”.
E’ arrivato da Palermo anche Vivian Wiwoloky, rappresentante delle comunità nigeriane in Sicilia, a sottolineare ancora una volta l’unità che caratterizza non solo gli oltre cento nigeriani di Catania, ma i più di deumila presenti nell’isola, rammaricato anche lui del totale disinteresse e mancanza di solidarietà da parte delle istituzioni e della comunità catanese. A tal proposito lo stesso Wiwoloky afferma che “da parte dell’ambasciatore nigeriano arriva la notizia che verrà aperta un’inchiesta dello Stato sul caso”.

Sui motivi di questa mancanza totale di solidarietà da parte della società civile nei confronti di questo feroce assassinio, Elvio Amaniera, mentre segue il corteo all’uscita della chiesa, afferma che “malgrado la forte presenza della comunità nigeriana nel territorio, non c’è alcuna integrazione. Non può esserci – prosegue – perché come vedi la gente dal balcone li guarda e li vede come bestie nere. Io stesso, pur essendo italiano e chiaro di pelle – conclude –sono stato fortemente emarginato dalla mia stessa società per aver sposato una ragazza nigeriana”.

Ma la “violenza bianca” non si ferma qui, purtroppo. Giunti al cimitero di Catania infatti si scopre che nessuno ha pulito il cadavere e che, all’insaputa di quanti sono accorsi anche solo con un mazzolino di fiori come omaggio alla defunta, la sepoltura avrebbe dovuto attendere 24 ore, così come la legge italiana prevede. E’ così che la bara è stata lasciata nell’apposita camera dove si trovano le celle frigorifere nelle quali le salme devono essere messe in attesa della sepoltura o tumulazione, senza che ci sia la possibilità di lasciare gli omaggi floreali di quanti ancora piangono e si chiedono il perché accada questo. Invitati a non lasciare i fiori e a riportarli lunedì, data della sepoltura, i membri della comunità nigeriana vanno via delusi, non senza qualche polemica.

Uno nigeriano, in terra straniera, che non conosce la burocrazia “pazza” del paese che lo ospita. Che spesso ha anche difficoltà a leggere l’italiano, in una situazione tragica come questa si chiede cosa succede e, soprattutto, perché. E tutto tace.


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