Per molti è il profilo più bello della montagna. Eppure è il meno conosciuto. Dopo l’eruzione del 2002, con la colata lavica che ha distrutto parte di Piano Provenzana, punto di ritrovo per gli escursionisti, solo adesso, a distanza di 20 anni, il versante nord dell’Etna sembra cominciare a rifiorire. In mezzo, oltre alla forza prepotente del vulcano, anche la fine della concessione in monopolio per il trasporto su gomma dei turisti e la necessità di ricostruire, su tanti fronti. La ripresa era già stata inaugurata lo scorso anno, con il bando del Comune di Linguaglossa che ha affidato cinque licenze ad altrettanti vettori per portare i visitatori su in quota, fino a 3000 metri, eruzioni permettendo.
Un’attività destinata ad allargarsi, con le altre cinque licenze ancora da assegnare da parte dello stesso Comune e le otto a bando a Castiglione di Sicilia, che divide con Linguaglossa la titolarità del percorso da Piano Provenzana alla vetta. Scelta anche da molti stranieri per un matrimonio diverso dal solito. A un anno dalla ripartenza, siamo andati a vedere come si sta gestendo lo sviluppo turistico di Etna nord. A cominciare dalla soluzione ad alcuni problemi sollevati lo scorso anno: primo tra tutti, l’assenza di una vera biglietteria dedicata all’accoglienza dei turisti.
Servizio che, dall’estate scorsa, si appoggia all’interno del centro servizi di piano Provenzana, in attesa della nuova stazione. Lì i diversi vettori privati hanno deciso di proporre ai turisti un canale unico di prenotazione. Cercando anche di risolvere un altro problema: la scarsa disponibilità di pullmini riscontrata lo scorso anno. Con queste premesse, si è andata delineando l’offerta turistica di Etna Nord. Che ha scelto il suo modo per competere con l’altro versante, storicamente più frequentato, provando a trasformare il mancato sviluppo in un punto di forza. Qui si punta sui naturali effetti speciali di una realtà al tempo stesso montagna e vulcano, capace di attrarre visitatori diversi.
La vera sfida e attrazione principale però resta sempre lei: la vetta. I tanto sognati 3000 metri, in cui il respiro manca non solo per l’aria rarefatta ma soprattutto per la vista accompagnata, se si è fortunati, da bagliori e boati. E se la pandemia ha dato il tempo al versante Nord di riorganizzarsi, questa sembra essere la stagione della vera scommessa. Con i turisti che già da aprile hanno ricominciato a fare capolino in Sicilia, sul vulcano c’è aria di ottimismo. Pur sempre cauto.
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