Ieri sera l'Ars ha approvato i 46 articoli che compongono il disegno di legge. Oggi il voto finale. La novità è la bocciatura della proposta della maggioranza: la guida della città metropolitana dovrà essere eletta dai sindaci e dai consiglieri comunali, e anche il primo cittadino di un centro minore potrà essere candidato
La riforma delle province arriva al traguardo Bianco e Orlando non saranno subito sindaci
La riforma delle province è sul punto di tagliare la traguardo. Salvo imprevisti, lo farà oggi pomeriggio: alle 14 è previsto il voto finale. Intanto L’assemblea regionale siciliana ieri sera ha approvato tutti i 46 articoli del disegno di legge. In autunno, dunque, si potrebbe già procedere all’elezione – che, essendo di secondo grado, coinvolge i primi cittadini, consiglieri comunali e di circoscrizione – dei sindaci delle città metropolitane e dei presidenti dei liberi consorzi. Le prime saranno tre: Palermo, Catania e Messina e territorialmente coincideranno con le rispettive ex province. I secondi sei. La novità emersa ieri è la possibilità che qualunque sindaco, anche di un piccolo Comune purché ricada all’interno della città metropolitana, possa essere eletto alla guida del nuovo ente. Una sonora bocciatura per le velleità in particolare di Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, ed Enzo Bianco, di Catania. In aula erano stati due emendamenti – presentati dalla maggioranza – a proporre di far coincidere il sindaco metropolitano con il primo cittadino del comune capoluogo. Ma l’Ars li ha bocciati con voto segreto.
Per questo alcuni esponenti del Pd sono critici. Come Bruno Marziano, presidente della commissione Attività produttive, che parla di «grave errore politico che fa perdere autorevolezza all’intera norma. Con quale autorevolezza – si chiede il deputato – il primo cittadino di un piccolo centro, sia pur in possesso di tutti i requisiti di legge, può guidare ed indirizzare le scelte di coordinamento e pianificazione territoriale che la legge affida alle città metropolitane?». Altro paletto per l’elezione è che, al momento del voto, il mandato del sindaco deve ancora avere una durata di almeno 18 mesi. Non deve cioè essere a breve scadenza. Esulta Antonello Cracolici, deputato del Pd che, come presidente della commissione Affari istituzionali dell’Ars, ha seguito da vicino la vicenda. «Finalmente la riforma delle Province è una realtà – sottolinea – fra ottobre e novembre con elezioni di secondo livello si sceglieranno i presidenti fra i sindaci siciliani». Molto critica Forza Italia che denuncia una riforma che «non ridurrà i costi, non migliorerà i servizi e annullerà la rappresentatività dei cittadini». Il partito di Berlusconi attacca duramente gli ex alleati del Nuovo centro destra, definendoli «Nuovo centro sinistra», formalmente ancora all’opposizione del governo Crocetta, che hanno votato a favore della riforma. Scelta rivendicata dal capogruppo di Ncd: «Abbiamo garantito i numeri ed è merito nostro se la legge è una realtà». Negli ultimi giorni Pd, Udc e Ncd hanno avviato un percorso comune che potrebbe portare a un candidato unico alle prossime elezioni regionali.
Per quanto riguarda le competenze che spetteranno ai liberi consorzi e alle città metropolitane, questi enti avranno autonomia finanziaria, potranno mantenere i rapporti con società di servizi, ma non potranno costituire nuove società partecipate. Anzi, dovranno dismettere le quote nelle partecipate considerate non strategiche, con bilanci in passivo o nel caso in cui spese per il personale e per le consulenze superano il 50 per cento. I nuovi enti continueranno ad avere competenze nell’istruzione superiore, a cui si aggiungono l’edilizia popolare, i consorzi di bonifica e la motorizzazione. L’assessore alle Autonomie locali, Giovanni Pistorio, ha assicurato che nessuno degli 8mila dipendenti, tra ex province e partecipate, passerà alla Regione, ma transiteranno negli organici dei liberi consorzi e delle città metropolitane. «Nessuno perderà il posto – ha precisato Pistorio – ma c’è la necessità di riorganizzarsi in base alle direttive nazionali dei tagli alla spesa, una volta che si saranno costituiti. Abbiamo garantito il personale, ma siamo in una condizione che ci ha permesso di salvare la situazione al momento solo per il 2015, visto che non abbiamo il bilancio del 2016, impugnato dal Consiglio dei ministri». Resta la possibilità, nei tre mesi successivi all’approvazione della legge, di formare nuovi consorzi che abbiano continuità territoriale e una popolazione non inferiore a 180mila residenti.