Lo 0-0 maturato allo stadio Luigi Razza ha un retrogusto amaro perché i rosanero, in superiorità numerica nell'ultima mezz'ora del match, al netto di alcune occasioni create avrebbero potuto e dovuto fare di più per conquistare l'intera posta in palio
La prudenza frena il Palermo a Vibo Valentia In Calabria un pari che sa di chance sprecata
Contro il club presieduto da colui (Pippo Caffo) che produce in Calabria l’Amaro del Capo il pareggio del Palermo sul campo della Vibonese ha un sapore che richiama proprio il nome di questo liquore. E’ amaro il gusto del brodino pre-natalizio che i rosanero hanno preso al Luigi Razza, stadio in cui nella sedicesima giornata del girone C del campionato di serie C è maturato uno 0-0 che sul fronte Palermo sa di occasione sprecata per ciò che la compagine di Boscaglia, in superiorità numerica nell’ultima mezz’ora dell’incontro in virtù dell’espulsione di Statella per somma di ammonizioni, avrebbe potuto fare (vincere) e non ha fatto. Dopo avere ottenuto due punti contro le prime tre della classe, la Vibonese riesce a mettere il bastone tra le ruote di un’altra big del torneo. Ma, a proposito di questa etichetta, siamo sicuri che il Palermo vada inserito nel novero delle big di questo campionato? Il blasone non scende in campo e la classifica in questo momento dice altro.
Una ‘grande’, innanzitutto, ha numeri diversi da quelli che attualmente fotografano la stagione dei rosa (decimi) e la sensazione, inoltre, è che una ‘grande’ in un modo o nell’altro avrebbe vinto un match come quello contro la formazione guidata da Galfano. Gara ampiamente alla portata contro un avversario impostato con ordine (3-4-3 con l’ex canterano rosanero Plescia punto di riferimento centrale in attacco) e dotato di organizzazione di gioco ma non di prima fascia. E di un livello non eccelso nonostante la voglia di stupire e la consapevolezza che giocando con la mente libera può dare del filo da torcere a chiunque. In altri termini, se vogliono ambire a qualcosa di importante i rosanero non possono permettersi di fallire l’appuntamento con i tre punti in partite del genere e invece il Palermo ci è ‘riuscito’, con la complicità del portiere Marson (l’ex terzo portiere della prima squadra ed ex estremo difensore della Primavera si è superato al 23’ su un colpo di testa di Lucca e ha mostrato reattività anche nel finale con un colpo di reni su una conclusione da fuori area del neo-entrato Rauti, partito inizialmente dalla panchina in compagnia di Saraniti, uno dei tanti ex di turno) ma anche di diversi scarabocchi (errori tecnici e poca lucidità, tra falli e ammonizioni evitabili, nella lettura di alcune situazioni) che continuano a rovinare il disegno con cui lo staff tecnico prepara in settimana le partite.
Le novità tattiche introdotte da Boscaglia, che memore della sconfitta rimediata a Foggia nella precedente trasferta ha voluto dare maggiore compattezza alla squadra proponendo inizialmente un 4-1-4-1 con Odjer diga davanti alla difesa protetta dal portiere Pelagotti – abile all’81’ a neutralizzare una pericolosa conclusione del neo-entrato La Ragione – e due centrali in mediana (Broh, protagonista tuttavia di una prova al di sotto della sufficienza al pari di altri suoi compagni e Luperini, lontano parente allo stato attuale del centrocampista brillante ammirato a Trapani) supportati dagli esterni Kanouté e Valente, hanno sortito effetti positivi in termini di equilibrio ma non hanno inciso in maniera determinante su un gruppo che ancora non ha la mentalità necessaria per compiere il salto di qualità. Mentalità: è il termine con cui nominare la cartella all’interno della quale vanno messi altri fattori come intensità, killer-instinct, ferocia necessaria per aggredire le partite. Cartella, tuttavia, spesso introvabile sul desktop di un Palermo che, al netto di alcune occasioni create tra cui un salvataggio del difensore Mahrous sulla linea dopo un tocco di Saraniti (entrato al 10′ della ripresa al posto di Lucca) poco prima del triplice fischio dell’arbitro, ha avuto in generale un atteggiamento troppo prudente, incompatibile con le esigenze di una squadra che vuole e deve vincere a tutti i costi e che per raggiungere l’obiettivo prefissato raramente stacca il piede dall’acceleratore.