La Chiesa e le grida di fame: una nota a margine.

La cosa che lascia perplessi in questo dibattito che LinkSicilia ha sollevato non è tanto il caso, in sé, della donna che grida fame in chiesa e che chiede carità. E’ stupirsi di questo caso. Come se fosse il primo.
E’ da quando il Cristianesimo è uscito dalle catacombe ed è diventato “Istituzione” che vive delle, e nelle, più intense contraddizioni. Come qualunque altra organizzazione sociale umana. Con la differenza insopportabile però, almeno agli occhi di un non credente cioé, per esempio agli occhi di chi scrive, che è quella di considerare la Chiesa una cosa avvolta nella santità e pertanto diversa da altre istituzioni sociali. Ogni volta che si trova in giro un prete pedofilo o un vescovo corrotto e intrallazzista ecco l’opinione pubblica (soprattutto quella italiana) spaccarsi tra anticlericali viscerali e difensori “senza se e senza ma” di Santa Madre Chiesa.

Dick Cheney, in compagnia di porporati statunitensi salutano Benedetto XVI

Un dibattito insignificante sia dal punto di vista storico che sociologico. Ma non, evidentemente, da quello politico.  E’ un dibattito insignificante dal primo punto di vista perché storicamente la Chiesa ha agito, da sempre, come istituzione “temporale”: ha fatto guerre, ha messo al rogo un bel poco di persone, ha benedetto stermini in varie parti del mondo (a cominciare dalla conquista del “nuovo mondo”) e contemporaneamente ha diffuso messaggi di pace, di fraternità umana, ecc. E’ insignificante dal punto di vista sociologico  perché essendo una istituzione sociale, fatta cioè da una moltitudine di individui che condividono una certa visione del mondo e della vita, ha al suo interno di tutto: pedofili e santi, faccendieri (con il clergyman) e uomini che non ci pensano manco un istante a dare la loro vita per gli altri (qualcuno certo ha presente cosa fanno alcuni missionari comboniani in Africa, per esempio).
Quindi i credenti possono inorridire o difendere ad oltranza, gli anticlericali accusare e puntare il dito, ma le cose non cambiano. Chi, laicamente, osserva questi fenomeni se ne cura soltanto da un punto di vista politico. Non certo religioso o morale.
Cionondimeno il dibattito su questi argomenti, dal punto di vista politico appunto, assume contorni più chiari e, questi sì, affrontabili con maggiore attenzione.
Torniamo al caso sollevato dal direttore di questo giornale. La lettura dei commenti all’articolo rispecchia fedelmente questa spaccatura “a tre” tra chi critica la Chiesa per ragioni religiose (i credenti scandalizzati) chi la difende per le stesse ragioni (“attaccare la Chiesa per questi fatti è solo propaganda”) e chi la accusa di simonismo (gli anticlericali).
Nessuno si è posto un problema “politico”: gli stati moderni europei hanno dato vita al cosidetto “Stato sociale” una forma di stato che ha quale missione proprio quella di ridurre ad un minimo trascurabile le emarginazioni, le povertà, le discriminazioni e le esclusioni. Sono nate per questo le pensioni, le scuole pubbliche, gli ospedali ad assistenza gratuita, ecc. Lo Stato sociale in un trentennio (dagli anni ‘40 agli anni ‘70 del novecento) ha ridotto povertà ed esclusioni più che duemila anni di carità cristiana messi assieme. Eppure questo Stato sociale è  sotto attacco con la scusa della sua “intrinseca” inefficienza economica ed ecco quindi le privatizzazioni, lo smantellamento della scuola pubblica, la riduzione delle pensioni.  Sono le parole d’ordine di questi ultimi venti anni. E non sono solo parole d’ordine, sono fatti. Che producono effetti come quelli raccontati da questo giornale. E la Chiesa, l’istituzione sociale Chiesa, in questi anni è rimasta quasi in silenzio su questi fatti. Limitandosi a chiedere attenzione per la “famiglia” e le protezioni di rito per le sue scuole private.
Troppo poco, davvero.
Il peso politico di questa istituzione sociale, la Chiesa, in Italia è straripante. Ci aspetteremmo che, visto il suo richiamo alla solidarietà, alla carità, all’inclusione e non all’esclusione, la sua voce in difesa dei valori che lo Stato Sociale esprime (che sono uguali ai suoi in questo caso) e che è bombardato e traballante sia una voce forte e vigorosa.
Poi, sul resto, sui pasti caldi della caritas o sul volontariato, avendo tempo, ne possiamo anche discutere.

Cesare Verro

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