Gioacchino Lunetto avrebbe prestato servizio straordinario all'interno del centro di accoglienza per richiedenti asilo calabrese. Trasferimenti temporanei, in media di 30 o 60 giorni, che non sarebbero obbligatori. «Anzi, chi è interessato cerca il modo per andarci, vista la retribuzione più alta», spiegano dal Coisp
Insulti razzisti, il poliziotto in servizio nei Cara Per mesi a lavoro coi migranti ospitati a Crotone
«Ah, mi manca Hitler». «Bruciarli vivi o rimpatriarli». «Buttateli a mare». Gioacchino Lunetto, vice commissario della polizia ferroviaria di Catania, sul suo profilo personale di Facebook – adesso cancellato – riservava ai migranti il maggior numero di commenti. Eppure, lo si apprende in queste ore, negli ultimi anni era stato inviato più volte, e per diversi mesi, a prestare servizio all’interno del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Crotone. Trasferimenti avvenuti a seguito delle richieste di personale del dipartimento impiegato nel Cara calabrese, che aveva bisogno di uomini di rinforzo. A rispondere alla chiamata, tra gli agenti etnei, ci sarebbe stato proprio il poliziotto le cui esternazioni razziste e fasciste, raccontate da MeridioNews, hanno causato un intervento della questura catanese.
«Questi servizi speciali fuori sede sono ben remunerati e solitamente non sono obblighi calati dall’alto. Anzi, chi è interessato cerca il modo per andarci», chiariscono dal Coisp, il sindacato indipendente di polizia. Per più di una volta, Lunetto sarebbe stato inviato dai suoi superiori a lavorare all’interno del centro destinato ai migranti che approdano in Calabria. «Lasciamoli nudi e ributtiamoli in mare», scriveva il poliziotto a corredo della notizia – riportata da Il Giornale – delle proteste di alcuni rifugiati. «Vogliono sottometterci alla loro cultura religiosa di morte che li ha portati a lasciare le loro nazioni devastate dalla loro litigiosità, arroganza e disprezzo per gli altri», commentava ancora. Eppure, fino al 2013, avrebbe svolto brevi servizi – in media di 30 o 60 giorni – proprio in una struttura d’accoglienza.
«Il clima nel Cara di Crotone è lo stesso che c’è in tutti i centri con un numero di ospiti così elevato», spiega Pino De Lucia, presidente della cooperativa Agorà Kroton, una di quelle che svolge attività di assistenza e sostegno ai migranti. «Noi gestiamo uno Sprar da 15 posti a Isola di Capo Rizzuto – continua De Lucia – Ma abbiamo attivato anche alcuni progetti col Cara. Per esempio una ludoteca destinata ai bambini», dice. Con una disponibilità massima di 1252 posti (256 ospiti per il Cara e 996 per il centro d’accoglienza temporaneo), la struttura di Sant’Anna è sempre al limite della capienza: «Adesso ci saranno circa 1400 ospiti e proprio stamattina ne sono stati portati altri 86 a seguito di uno sbarco», prosegue il responsabile della cooperativa.
«Stare lì, nel campo, non è una cosa bella – dice – Militari, poliziotti, carabinieri, finanza. La loro presenza costante, la sbarra all’ingresso, i container in cui vivono i migranti: tutto dà l’idea che non si tratti di un luogo di accoglienza, bensì di qualcos’altro». E tanto a Crotone quanto a Isola di Capo Rizzuto la popolazione comincia a risentire degli effetti delle recenti campagne politiche: «Se i giornali dicono che i soldi vengono dati ai migranti e non agli italiani, se i politici lo ripetono ogni giorno… Beh, dopo un po’ anche le persone cominciano a crederci. Eppure i migranti creano sviluppo: se al Cara bisogna fare la spesa, dove si fa? Sul territorio, no?».
La notizia che Lunetto possa aver prestato servizio lì, poi, coglie De Lucia alla sprovvista: «La questura di Crotone ha sempre un atteggiamento molto costruttivo nei nostri confronti. Sì, ci sono stati casi di violenza, ma in un caso il colpevole era un dipendente comunale». Certo è che l’organizzazione della struttura non rende semplice evitare episodi simili: «Anche qui prevale la legge del più forte. Ci sono migranti che hanno avviato un mercato nero dei vestiti e alcuni attriti tra i diversi gruppi. Molti migranti si autogestiscono, perché i numeri lo consentono». E conclude: «È importante per ovvi motivi che non ci siano ombre su chi lavora nel Cara».
E nel frattempo sulla questione interviene anche il capo della polizia, Alessandro Pansa: «Lo ammetto, in un primo momento ho pensato ad un hackeraggio. Non potevo crederci. Poi mi hanno assicurato che quel funzionario aveva davvero scritto quelle frasi orribili e pazzesche. Quell’uomo ha dei seri problemi, va aiutato seriamente e urgentemente».