Rifiuti, indagati gli amministratori di Rem srl. Per la procura «depositavano rifiuti pericolosi e liquidi» fino all’Oasi del Simeto

Deposito incontrollato di rifiuti, anche pericolosi. E sversamento di rifiuti liquidi, non pericolosi, fino ad arrivare all’Oasi naturale del Simeto. Non c’è pace per il settore dell’immondizia in Sicilia, proprio nelle settimane in cui il presidente della Regione Renato Schifani ha annunciato l’aggiornamento del piano regionale. «Quello dei rifiuti è uno dei temi prioritari del mio governo», dice il governatore. E continua a esserlo anche per i magistrati siciliani: l’ultima, in ordine di tempo, è la procura di Catania, che poco meno di un mese fa ha inviato un avviso di conclusione delle indagini preliminari ad Andrea Domenico Rendo e Giuseppe Santangelo, amministratori della Rem srl, che gestisce l’impianto di compostaggio alla zona industriale etnea. I magistrati si basano sui rilievi dell’Arpa – l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente – che per tre volte, tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo di quest’anno, sono andati a fare un sopralluogo nello stabilimento di contrada Milisinni che raccoglie i rifiuti organici dei cittadini. Rilevando una serie di anomalie finite in procura.

Andrea Maria Rendo, nipote del cavaliere del lavoro Mario Rendo, e Giuseppe Maria Santangelo, in qualità di rappresentanti della società, sono accusati di aver depositato «in modo incontrollato rifiuti, anche pericolosi in cemento e amianto», oltre ad avere immesso «rifiuti liquidi non pericolosi nel letto di un canale di drenaggio di acque superficiali». Canale che da dentro l’impianto, attraverso il fiume Dittaino, arriverebbe dritto al fiume Simeto, a ridosso dell’omonima oasi naturale. «Il liquame, scuro e maleodorante – scrivono dalla procura – confluiva nella rete di convogliamento delle acque meteoriche attraverso fori praticati nella parete (a livello del suolo) di un capannone dedicato al deposito dei sovvalli (materiali non compostabili, essenzialmente plastiche), trasudando dagli stessi». Un triste destino che sembra scritto nella storia del sito: un ex macello dove a scorrere era il sangue. Compreso quello, nel 2007, di Angelo Santapaola e del suo guardaspalle Nicola Sedici, in un duplice omicidio tra i più noti e rilevanti per le dinamiche di Cosa nostra etnea del recente passato.

Negli scorsi anni, il nome dell’azienda – per esteso, Realizzazione e Montaggi – era finito al centro delle cronache non solo per i progetti di modifica dell’impianto. È l’agosto del 2020 quando la Direzione investigativa antimafia arresta tre persone: la coppia composta da Daniela Pisasale, siracusana, ed Emanuele Caruso, di Paternò, proprietari di Rem srl, insieme a Vincenzo Bonanno, direttore della discarica di Bellolampo, a Palermo. I primi due condannati in primo grado, con rito abbreviato, a quattro anni per corruzione. Nell’auto dei titolari della società vengono trovati 13mila euro in contanti, mentre a essere documentata in diretta è la consegna di altri cinquemila euro a Bonanno. Caruso, infine, aveva già frequentato le aule di tribunale nei primi anni Duemila per rispondere dei suoi rapporti con la famiglia Santapaola-Ercolano: un’accusa passata da associazione mafiosa a concorso esterno a Cosa nostra, per poi disciogliersi con l’assoluzione e il riconoscimento del ruolo di vittima. Con la restituzione dei beni e il risarcimento per l’ingiusta detenzione.


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