«E chi ha il coraggio di tornare a casa?». I cancelli degli stabilimenti balneari accanto al lido Europa sono stipati di gente. I titolari delle strutture e i loro parenti sono tutti seduti a osservare con ansia l’altra parte della strada, dove ancora le sterpaglie bruciano e quello che resta degli alberi sono tizzoni ardenti. Viale Kennedy, ieri notte, era un posto buio e silenzioso. Pochissime automobili, per lo più di curiosi, e i lampeggianti dei vigili del fuoco a dare il senso dell’orientamento, mentre il fumo invade tutte le carreggiate e rende difficile respirare. La situazione peggiore è proprio all’imbocco della strada che costeggia il lungomare sabbioso della città: il lido Maeva beach è inaccessibile ma i segni del passaggio delle fiamme si vedono già all’esterno, sulle insegne per metà mangiate dal fuoco.
Il campo rom alle spalle della stazione di servizio, proprio di fronte al Maeva beach, brucia ancora. I vigili del fuoco e gli altri mezzi di soccorso si sono stabiliti nel campo da calcio in terra battuta proprio lì accanto, ma nessuno ci impedisce di entrare nello slargo che fino all’altro ieri ospitava una baraccopoli. Per terra ci sono solo cenere, cocci di vetro e grossi topi che si fanno spazio tra le macerie. Sette bombole a gas sono posizionate una accanto all’altra di fronte alla carcassa di un’automobile del tutto bruciata. Poco distante ce n’è una seconda, distrutta dal fuoco solo a metà e quindi più facilmente riconoscibile: è una Fiat Panda rossa. L’area del campo rom è una delle due che sembra continuare ad alimentare l’incendio che illumina la notte, anche se ormai quasi domato.
Il chiosco bar prima della spiaggia libera numero uno è ridotto a uno scheletro, gli alberi della colonia Victorine Le Dieu crollano con una folata di vento più forte delle altre e così l’aria si riempie di piccole micce pronte a innescare nuovi roghi. «Io ho montato alle 8, stamattina, e sono ancora qua», dice a MeridioNews un vigile del fuoco fermo nei pressi di un semaforo che si è sciolto. «Veniamo da Messina, siamo stati chiamati di rinforzo. Ma qua è tutto devastato, non è rimasto niente – dice – Io non so com’era prima, ma adesso è un deserto». Fino alle 19 a dare una mano alle unità di terra c’erano i mezzi aerei – della forestale e dello stesso corpo dei vigili del fuoco – ma dopo il tramonto «non possono più volare e rimaniamo noi qui da soli. Non contano i turni, gli orari né niente». «Buon lavoro», gli diciamo. «Sarebbe meglio “Buon riposo”», dice lui.
«Abbiamo visto cominciare tutto dall’altra parte della strada, nei terreni». Parlano tutti insieme i gestori di un lido accanto al più sfortunato lido Europa. «Nei terreni» è pronunciato quasi con disprezzo, perché l’area in cui il rogo si è sviluppato, secondo loro, non è proprietà pubblica, bensì privata. «Campagne sterminate senza nessuna manutenzione – continua una donna – Però sarebbe contro la legge o mi sbaglio? Dovrebbero pensarci loro, o conosco male la legge?». In realtà la signora ha ragione. E per motivi di sicurezza l’amministrazione comunale può eseguire i lavori di bonifica e poi chiedere indietro i soldi ai privati. «Ma a noi, adesso, tutto questo danno che abbiamo subito, chi ce lo paga? – conclude la signora – Nessuno ce lo paga. Come sempre, i soldi li esce solo chi è nel giusto».
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