Lo Stabile di Catania mette in scena La scuola delle mogli, celebre commedia di Molière riscritta in chiave siciliana da Turi Ferro. Sul palco, oltre ad un grandioso Enrico Guarneri, il contrasto tra gelosia e ragione ed un esplicito attacco alla morale conservatrice
In scena al Musco la Francia del ‘600 riletta dai catanesi
Basterà costringere una fanciulla alle quattro mura di un convento, farle immaginare il mondo da dietro una finestra, concedendole solo un minuto d’aria giornaliero, e tenerla lontana da libri e poesie, perché possa diventare una giovane donna onesta, ingenua e pura?
È l’esperimento mal riuscito di Arnolfo, sedicente nobile francese, protagonista di una delle più note e discusse commedie di Molière, La scuola delle mogli, il quale afferma a gran voce “sposo una deficiente che dipenda da me completamente”. A vestirne i panni il sicilianissimo Enrico Guarneri, esilarante e capace di modulare magistralmente sul palco voce e gestualità.
In cartellone per lo Stabile di Catania, il riadattamento di Turi Ferro della commedia del noto drammaturgo francese andrà in scena al teatro Angelo Musco fino al 3 gennaio, per la regia di Federico Magnano San Lio.
Attento osservatore del mondo femminile, Arnolfo elabora le sue teorie sulla condotta della “moglie perfetta” e con gli amici si fa scherno di tutti i poveri concittadini vittime di adulterio. Così cresce Agnese, con l’idea di farne la sua futura moglie, sin dalla tenera età come un uccellino in gabbia.
Gli sfugge, però, ciò che accomuna tutte le donne, dalla più ingenua e mansueta alla più scaltra e disinibita: la forza che anima una donna innamorata. Quando la giovane Agnese incrocia lo sguardo dell’uomo amato, l’aitante Orazio, riesce a ribellarsi e a sgretolare il progetto di un futuro che Arnolfo, suo tutore, aveva tanto accuratamente disegnato per loro. La giovane pensa ad una fuga con l’amato, ma viene sottratta ai suoi sospiri di felicità dall’anziano promesso sposo che la conduce dal notaio, pronto a legalizzare l’unione. Irrompe allora in scena Salvatore, vero padre di Agnese che, appena tornato dall’America, fa sì che i giovani possano celebrare le loro nozze.
Il sipario si chiude su un ferito ma pervicace protagonista che, accalappiata una bambina in fasce non si arrende, e proponendosi di perfezionare le sue teorie dirà sogghignando: “Questa crescerà in una cantina buia e isolata. Come si nutrirà? Pane e acqua in una cesta. Allora si che m’amerà!”.
Teatro gremito e pubblico attento per lo spettacolo riscritto in chiave siciliana da Turi Ferro, interrotto solo da applausi e risate di consenso. Anche l’ambientazione è più che mai “personalizzata”: in luogo dei giardini parigini le campagne di Randazzo e, ad una nobiltà gretta e ricercata, si sostituisce la semplicità di quei catanesi che ancora oggi fanno i conti con retaggi culturali, ironicamente tratteggiati dall’attore e drammaturgo catanese. Il protagonista è infatti mosso dall’incrollabile volontà di tutelare il suo onore e rendere intaccabile la rispettabilità di cui si fregia, rendendo bersaglio delle sue beffe i concittadini “felici e cornuti”.
Enrico Guarneri è sostenuto in scena dai suoi “fedeli servitori” Alano e Giorgina, interpretati da Vincenzo Volo e Barbarta Gallo e da un cast di qualità che annovera Rosario Marco Armato, Valeria Contadino e Orazio Mannino.
La commedia conserva il suo spirito originale, ma è colorata da “quei modi di dire e di fare isolani, e quelle situazioni comiche che -afferma il regista- rendono efficace la profonda ricerca linguistica dell’autore francese”. La riscrittura di Turi Ferro ne rivela infatti, la “prossimità con le amenità recitativo/linguistiche del dialetto siciliano”, offrendo al pubblico un compiuto esempio “del comico o del popolare”, con cui lo Stabile mira a valorizzare l’identità della cultura e della tradizione isolane.