Un presidio davanti ai tribunali italiani per dire il proprio no ad un uso personalistico della politica capace anche di bloccare i lavori del Parlamento per i problemi giudiziari di una sola persona, l’ex premier Silvio Berlusconi, sul quale pende la decisione della Cassazione nel processo sulla compravendita dei diritti televisivi per le reti Mediaset. È questo l’obiettivo di alcuni cittadini che hanno deciso di riunirsi, oggi pomeriggio, davanti l’ingresso dei palazzi di giustizia di Catania, Palermo, Cagliari, Parma, Salerno, Parma, Torino, Milano, Roma e Zurigo. «Com’è possibile che il destino di un governo sia legato all’esito giudiziario di una sola persona? I nostri politici non hanno un po’ di amore per il nostro Paese?», si chiede Goffredo D’antona, avvocato penalista etneo e tra i coordinatori dell’evento catanese. «Neanche in Corea del Nord accadono queste cose», gli fa eco Massimo Malerba, sindacalista della Cgil. Non ci tengono alle qualifiche, però, «che questa è una manifestazione di cittadini senza stemmi», dicono.
A quanti parteciperanno al presidio non importa che il nome dell’indagato sia quello di Berlusconi, «è un cittadino anche lui», dicono. Lo scopo dell’iniziativa, infatti, è quello di riportare l’attenzione sul tema della difesa della Costituzione, in attesa di capire se domani la Cassazione deciderà per la condanna definitiva o meno del leader del centro destra nel processo denominato Mediaset. L’esito non è fondamentale, ma il processo racchiude in sé un grande valore politico. «Rappresenta un punto di passaggio con cui si capisce se la legge è davvero uguale per tutti – spiega Malerba – Sono troppe le pressioni e le ingerenze esterne in merito, non ultima anche il blocco del Parlamento». Una situazione definita «paradossale» anche perché rappresenterebbe una assoluta novità nella storia della Repubblica. «Non è mai successo neanche per centinaia di morti e terremoti disastrosi, ma è accaduto per l’esito giudiziale di una persona. Assurdo!», aggiunge D’Antona.
E se si è arrivati a paralizzare il Parlamento la colpa è di tutti i suoi componenti. Se infatti il Popolo delle libertà, il partito di Berlusconi, per difendere il capo ha minacciato tre giorni di blocco dei lavori e la caduta dell’esecutivo, il Partito democratico – che dovrebbe essere il suo diretto antagonista, ma con cui governa attualmente – non si è certo opposto. «Hanno ridotto da tre a un solo giorno la chiusura del Parlamento, ma in ogni caso hanno avallato questa minaccia assurda rendendosi complici», affermano Malerba e D’antona. «Siamo davanti ad un’arma di ricatto triangolare», continua quest’ultimo. «La politica non esiste più, come non esistono più i partiti, è tutto personalizzato», conclude Malerba.
A Catania l’appuntamento è, come nelle altre città, per le 18.30 davanti al Tribunale. Durante l’iniziativa verranno letti brani tratti dalla Costituzione e verrà espressa solidarietà al pubblico ministero palermitano Nino Di Matteo, il magistrato che ha guidato l’accusa nel processo sulla trattativa Stato-mafia e minacciato di morte da Cosa nostra.
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