Tutto rinviato al 24 maggio. Ancora un nulla di fatto davanti i togati della terza sezione penale del tribunale etneo, che dovranno modificare la loro composizione per dare il via definitivo. A ottobre c'era stato il primo stop per la mancata notifica degli atti ad alcuni imputati
Il processo Cara di Mineo, slitta ancora l’udienza Notifiche errate e cambi di giudici: persi sei mesi
Il collegio di giudici che si occuperà del processo deve avere una composizione differente. Salta la seconda udienza del processo per l’appalto del Centro d’accoglienza per richiedenti asilo di Mineo. Il primo appuntamento, risalente al 12 ottobre scorso, si era già concluso, nell’aula della terza sezione penale, in un nulla di fatto. A causa dei consueti problemi di notifica ad alcuni imputati. Conti alla mano, escludendo ulteriori problemi, il processo potrebbe aprirsi ufficialmente il 24 maggio. L’unica certezza, per il momento, è il ritardo accumulato: sei mesi. Il tutto nonostante il pressing dei magistrati per accelerare i tempi. Inevitabilmente bisognerà fare i conti con i termini di prescrizione dei reati. Quelli ipotizzati a vario titolo sono corruzione, abuso d’ufficio e falso.
Al centro di tutto c’è l’appalto da cento milioni di euro per il Cara, nel periodo compreso tra il 2011 e il 2014. Un presunto «abito su misura», poi vinto dall’associazione temporanea di imprese capitanate dal gruppo La Cascina. Colosso delle cooperative con sede a Roma, vicina a Comunione e liberazione, con interessi nei settori della ristorazione e del turismo e un bacino di ottomila dipendenti. L’inchiesta, affidata ai magistrati Marco Bisogni e Raffaella Vinciguerra, si è separata durante la fase preliminare. Da un lato il sottosegretario all’Agricoltura Giuseppe Castiglione, arrivato a processo senza la decisione di un giudice ma con la richiesta di processo immediato, dall’altro altre 15 persone, tra le quali la sindaca di Mineo, Anna Aloisi, e l’ex direttore del consorzio Sol Calatino Paolo Ragusa.
Castiglione, all’epoca dei fatti soggetto attuatore dell’appalto perché presidente della Provincia di Catania, si è sempre detto estraneo alle accuse. Comprese quelle che gli ha rivolto contro Luca Odevaine, uomo di Mafia Capitale nel business dell’immigrazione. L’ex componente del tavolo nazionale per il coordinamento dell’accoglienza dei migranti ha racchiuso le proprie rivelazioni in alcuni verbali, risalenti al 2015. In uno di questi viene raccontato un pranzo, che sarebbe avvenuto a Catania nel 2011, tra lo stesso Odevaine e Castiglione. Con loro anche l’ormai celebre «sedia vuota», riservata a Salvatore Calì: imputato ed ex vertice del consorzio Sisifo. «Per me fu chiaro che Sisifo avrebbe avuto la gestione del centro», ha dichiarato l’uomo ai magistrati.
Odevaine invece ha già patteggiato, davanti il giudice per l’udienza preliminare Santino Mirabella, una condanna a sei mesi. Arrivata prima di quella a due anni e otto mesi per le tangenti ricevute negli appalti vinti dalla cooperativa La Cascina, in un filone del processo su Mafia Capitale.