Il futuro di Unict/2 Coniglione: «Basta coi corsi arlecchino»

A partire dall’AA 2010-2011 sarà introdotto il numero chiuso in tutte le facoltà. In un’intervista a Step1 e RadioZammù il Rettore ha parlato di un test d’ingresso per ogni facoltà e della possibilità, da parte degli studenti, di partecipare a tutte le selezioni, che si effettueranno in giorni diversi, indicando però un ordine di preferenza. Come crede debbano essere strutturati i test per garantire una selezione equa? Ha fiducia nella capacità dei test di selezionare? A suo avviso, quali dovrebbero essere i contenuti?
«Ritengo che i test debbano puntare più a diagnosticare la generale preparazione culturale e la capacità logico-razionale dei candidati che la specifica attitudine per la facoltà o il corso di laurea prescelto. Inoltre, affiderei la redazione dei test a società o istituzioni esterne per garantire la massima imparzialità. Ho una moderata fiducia nella capacità dei test a selezionare, anche perché temo sempre che possano esservi delle “fughe di notizie” se vengono gestiti completamente su base locale».

Come crede che le future matricole affronteranno i test d’ingresso? Non c’è il rischio che siano scoraggiate ad intraprendere gli studi universitari dal timore di non trovare posto nel corso di laurea prescelto? Non potrebbe accadere che gli studenti si indirizzino verso quei corsi in cui, secondo un calcolo delle probabilità è più facile entrare, sacrificando però i loro reali interessi? Inoltre, su Internet ci sono liceali che già si chiedono se ci saranno corsi (anche a pagamento) per prepararsi al test. Non si rischia di creare un grande business per i privati? Ha in mente possibili soluzioni?
«Ritengo che sia necessario da parte degli studenti acquisire la mentalità adatta ad affrontare tali prove, che sono del tutto normali in altri Paesi. Nel nostro c’è però la radicata sfiducia da parte degli studenti circa l’obiettività delle prove di ingresso, per cui ritengo importante dare ampie assicurazioni in merito e gestire le prove in modo del tutto trasparente (ad es. mettendo in rete le risposte di ciascuno mediante scannerizzazione del modulo). Il pericolo di indirizzarsi verso corsi più facili esiste; se però si programmano i test in giorni differenziati e si dà la possibilità agli studenti di effettuare più tentativi, tale evenienza potrà essere evitata. Per scoraggiare la creazione di un business sulla preparazione per il test, l’unica possibilità è puntare sulla cultura generale e sulle capacità logico-raziocinative, in modo da ridurre il margine della preparazione “cablata” ad hoc».

Il numero chiuso a Medicina ha già creato il fenomeno delle iscrizioni in corsi di laurea “affini” (ad esempio Farmacia), con successivo passaggio al secondo anno di medicina dopo il superamento del test. Non c’è il rischio che il numero programmato generalizzi questo fenomeno dei passaggi dall’una all’altra facoltà per sormontare gli sbarramenti?
«Certo, il pericolo esiste. Ma, del resto, è possibile eliminarlo mediante delle forme di sbarramento? Non sono sicuro che ciò sia possibile. Forse si potrebbero prevedere delle misure in grado di scoraggiarlo, come prove integrative, esami suppletivi o altri provvedimenti di questo genere».

Passiamo alla situazione dei corsi di laurea specialistica. Considerando i drastici tagli di fondi a cui saranno sottoposte le tutte le facoltà dell’Ateneo catanese, crede possibile l’attivazione di specialistiche maggiormente “attraenti”? Come si pone il problema della qualità della laurea di secondo livello nella sua facoltà ed area disciplinare?
«A mio avviso le lauree specialistiche non sono altro che una ripetizione o reduplicazione di quelle di base ed occorrerebbe un profondo ripensamento della loro struttura e dei loro curricula. Si dovrebbe realmente puntare a dare nel corso triennale una formazione generale non troppo specialistica (con materie fondamentali di ampio respiro e dal numero di credito adeguato, nella misura di non più i 4-5 ogni anno); e quindi poi passare nella specialistica alle materie veramente specializzanti, magari con una didattica organizzata diversamente e senza “doppioni” con le materie del primo triennio. Può capitare spesso, ad esempio, che, siccome ci sono dei professori della materia x che bisogna occupare, allora nella laurea specialistica y si mette la materia x, che possibilmente con essa non ha niente a che fare, dando vita a dei “corsi arlecchino”».

A partire dal prossimo anno accademico, oltre alla selezione all’entrata, i tagli all’Università provocheranno l’aumento delle tasse per gli iscritti. “In nome di una maggiore qualità”, sostiene il ministro Gelmini. Pensa che il miglioramento qualitativo della didattica sarà immediatamente percepibile?
«Non lo penso affatto: lo stato economico delle università è talmente deficitario che i pochi spiccioli dell’aumento sarà immediatamente assorbito da spese necessarie e imprescindibili, per esempio gli stipendi. L’aumento delle tasse è una necessità, ma si deve essere attrezzati per poter poi fornire servizi adeguati; e per far ciò occorre prima aumentare gli stanziamenti ordinari, e non ridurli».


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