A un anno dall'elezione di Messinese, i destini della città sono legati alla multinazionale. Sono in corso i lavori per la Green Rafinery, a giorni si attende la decisione del Consiglio di stato sulla ricerca di gas in mare. Ma la vera scommessa potrebbe essere il gas naturale liquefatto. Un potenziale investimento da 500 milioni
Il futuro di Gela passa sempre e ancora da Eni Nuovo business potrebbe essere metano liquido
È trascorso un anno e poco più dall’insediamento della giunta di Domenico Messinese alla guida del Comune di Gela. E, al netto delle valutazioni sull’operato dell’amministrazione, quel che appare certo è che ancora una volta i destini della città passano dalla volontà e dalla disponibilità dell’Eni. Molti dei progetti previsti per il rilancio economico di un territorio al collasso prevedono l’utilizzo di parte degli enormi capitali della multinazionale energetica, dei suoi impianti dismessi o comunque di un suo attivo coinvolgimento. A partire dal riconoscimento dell’area di crisi complessa degli scorsi giorni. Oppure si veda il recente accordo firmato alla Regione sull’utilizzo dei 32 milioni di euro di compensazioni donati da Eni e previsti dal protocollo d’intesa del 6 novembre 2014.
«Salute, sistema portuale, agricoltura e opere di urbanizzazione sono i quattro assi sui quali concentreremo gli investimenti per la città», ha dichiarato il sindaco. Un accordo che ha sancito una tregua col presidente Rosario Crocetta che avrebbe voluto utilizzare quelle somme per il rifacimento della diga Disueri, intervento che invece dovrebbe essere attuato con gli stanziamenti previsti dal Patto per il Sud. «Attenzione è stata posta anche al ciclo integrato delle acque per uso agricolo, come previsto dall’accordo di programma quadro siglato tra Comune, Regione, Ministero dell’Ambiente ed Eni – ha affermato il vicesindaco Simone Siciliano -. In quest’ultimo caso hanno riscosso favore la riattivazione dell’impianto di trattamento delle acque reflue depurate ed affinate per usi agricoli e l’utilizzo delle eccedenze idriche, non più in uso alla raffineria, provenienti dall’invaso Ragoleto, di pertinenza della stessa raffineria».
Mentre sono in corso i lavori per la costruzione della Green Refinery di Gela, Eni e amministrazione comunale sembrano inoltre puntare sulla costruzione di un polo del Gas Naturale Liquefatto (Gnl), anche questo previsto dal protocollo d’intesa. Il cane a sei zampe, negli scorsi mesi, ha depositato uno studio di fattibilità con due possibilità in fase di valutazione. Scartata l’ipotesi del gas compresso da realizzare in loco attraverso l’utilizzo di un rigassificatore, si opterebbe o per un impianto di liquefazione del metano che passa attraverso il Greenstream (il gasdotto lungo 520 chilometri che collega la Libia all’Italia passando dalla città del golfo) o alla realizzazione di un deposito di metano liquido che però è previsto anche ad Augusta. «Eni dice che ci sono margini limitati per un hub gnl – conferma a Meridionews il primo cittadino Messinese -. Ma ha considerato solo il trasporto su gomma e non il traffico navale, che è in crescendo e sul quale c’è una normativa comunitaria e nazionale che lo incentiva. Ad Augusta il gas lo devi comunque portare, anche solo come deposito, mentre qui si trova già compresso a cento atmosfere».
In ogni caso c’è ancora da effettuare un’analisi di mercato che impiegherà altri sei mesi. Lo scorso 31 maggio, al ministero dello Sviluppo Economico si è tenuto il primo tavolo tecnico tra Eni, amministrazione comunale e Regione siciliana. «Ci sono aspetti commerciali e politici da approfondire», conferma il sindaco. Nonché i livelli occupazionali che le diverse scelte dell’hub comporterebbero. Uno dei maggiori promotori dell’operazione hub gnl è il vicesindaco Siciliano, che a più riprese ha dichiarato che i soldi, ben 500 milioni di euro (il doppio del costo della Green Refinery), dovrebbe tirarli fuori anche qui il cane a sei zampe. Mentre la multinazionale energetica è in attesa dell’esito del ricorso al Consiglio di Stato sul progetto dell’offshore ibleo. Una decisione che si attende in questi giorni e che, in caso positivo per Eni, potrebbe significare un investimento di oltre 1 miliardo e mezzo per una serie di perforazioni nel Canale di Sicilia alla ricerca di metano.
Come accertato dalla relazione sulla situazione energetica nazionale, resa pubblica dal ministero dello Sviluppo Economico, nel 2015 la domanda di gas naturale è stata coperta solo per il 10 per cento dalla produzione nazionale e per il 90 per cento attraverso le importazioni. L’obiettivo, così come richiesto anche dall’Unione europea, è di aumentare la produzione interna. Intanto giorno 5 luglio è stato presentato alla cittadinanza il «progetto per la valorizzazione del territorio gelese», realizzato dalla società di studi economici Nomisma. Chi ha caldeggiato il coinvolgimento degli studiosi di Nomisma? Eni, ovviamente, forte delle miriadi di consulenze già effettuate per conto del cane a sei zampe. Non a caso anche i manager della società energetica erano presenti all’incontro.
Gela rimane dunque una città Enicentrica? Alla trasmissione locale Agorà, andata in onda venerdì 8 luglio (da 1 ora 40 minuti 12 secondi), il vicesindaco Siciliano ha ribadito che in ogni caso «ci sono altri portatori di interessi», pur non specificando quali, e che allo stesso tempo «diventa irrinunciabile avere un player come Eni che ha una capacità finanziaria che a volte supera quella dello stesso governo».