IL FRANCOBOLLO/ La Sicilia e il lavoro (che non c’è…). Nell’Isola 550 mila poveri

‘RAPPORTO ITALIANI NEL MONDO’. POVERTA’ TRE VOLTE MAGGIORE RISPETTO AL RESTO D’ITALIA. IL FALLIMENTO DELLA POLITICA (E DEI POLITICI)

di Salvo Messina

L’Articolo 1 della Costituzione italiana sancisce: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, ma è ancora così? Sono stati sforati i 4 milioni, gli italiani che hanno lasciato la propria nazione per emigrare all’estero in cerca di lavoro o per studio.

A inizio 2013 i connazionali residenti oltreconfine sono 4.341.156, pari al 7,3% dei circa 60 milioni di italiani residenti in Italia. Il 52,8% degli italiani residenti all’estero è partito dal Meridione (quasi 2 milioni e 300 mila), il 32% (circa un milione 390 mila) dal Nord e il 15% dal Centro Italia (poco più di 662 mila).

Sono i dati del Rapporto Italiani nel mondo 2013, presentati dalla Fondazione Migrantes in cui si evince che la Sicilia, con 687.394 residenti, è la prima regione di origine degli italiani residenti fuori dall’Italia seguita da Campania, Lazio, Calabria, Lombardia e Puglia.

L’analisi delle presenze all’estero per origine provinciale evidenzia la preminenza delle regioni del Sud Italia. Se l’Italia piange, la Sicilia non ride. Nel dettaglio, la Sicilia viene rappresentata, in questa speciale classifica di emigrati, da Agrigento (152.403), Catania (108.413) e Palermo (107.658).

Negli ultime 3 anni l’Isola ha perso 50 mila posti di lavoro. Inoltre, l’incidenza della povertà relativa tra le famiglie raggiunge il 29,6% mentre nella media del Paese si arriva all’11 per cento di famiglie povere, ovvero sotto i 992 euro al mese.

Le famiglie in povertà relativa in Sicilia sono 550 mila, mentre 180 mila sono in povertà assoluta, ovvero non in grado di soddisfare i bisogni primari.

Nella provincia di Palermo sono circa 140 mila le famiglie in povertà relativa e circa 46 mila in povertà assoluta.

La cosa più grave consiste nel fatto che il protrarsi della crisi fa crescere le famiglie povere del 2-3 per cento l’anno.

La Sicilia detiene il 32,8% di disoccupati, ampliando ulteriormente la forbice con la parte più sviluppata del Paese, ma persino con il Mezzogiorno e con la media nazionale. Infatti, il divario di disoccupazione tra Sicilia ed Italia è 12,5 punti percentuali; ovvero i disoccupati in Sicilia sono 670 mila.

Nell’arco di dieci anni, i siciliani in età di lavoro sono diminuiti a causa dell’emigrazione di circa 210 mila unità.

Questi dati influiscono sul Pil (Prodotto interno lordo) della Sicilia che è sceso del 2,7 per cento, mentre nella media italiana la flessione è stata del 1,2 per cento. Per non parlare del Pil procapite di un siciliano che è il 34 per cento in meno di quello medio nazionale.

Tutto questo anche grazie a una classe politica siciliana “distratta” nel difendere i privilegi della casta di appartenenza, favorendo così l’esodo dei laureati e dei diplomati che all’estero vanno a fare i lavori più umili non valorizzando i propri titoli accademici.

Emigrano per necessità dopo anni di disoccupazione o di contratti avventizi per appena 300-400 euro al mese. Emigrare per necessità significa come negli anni Sessanta “cassare” le proprie ambizioni, rescindere il cordone ombelicale dai propri luoghi natii, dagli affetti ed in Sicilia con i giovani che “scappano” e la popolazione di anziani che aumenta non c’è futuro.

 


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