Il calcolo del Pil nell’Unione europea: il grande raggiro

MENTRE BRUXELLES ‘MIGLIORA’ IL PRODOTTO INTERNO LORDO DEI PAESI DEL VECCHIO CONTINENTE – ITALIA IN TESTA – AGGIUNGENDO NEL CALCOLO LA PROSTITUZIONE E LA DROGA, LA CINA FA SUL SERIO E GUADAGNA SEMPRE PIU’ TERRENO RISPETTO ALLA NOSTRA SCALCAGNATA ECONOMIA

Sono “finalmente” entrati in vigore i nuovi parametri per il calcolo del Pil, il Prodotto interno lordo. L’indice considerato, insieme al debito pubblico, è la spada di Damocle di tutti gli europei.

I macroeconomisti definiscono Prodotto interno lordo (Pil) “il valore monetario totale dei beni e servizi prodotti in un Paese da parte di operatori economici, residenti e non residenti, nel corso di un anno, e destinati al consumo dell’acquirente finale, agli investimenti privati e pubblici, alle esportazioni nette (esportazioni totali meno importazioni totali)”.

In realtà, la validità di questo dato è da decenni oggetto di critiche da parte degli esperti che continuano a ripetere che, come dato non è né corretto, né rappresentativo dello stato economico di uno Stato. Era il 1968 quando Robert Kennedy, in un discorso alla Kansas University, disse: «Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow Jones, né i successi del Paese sulla base del Prodotto interno lordo. Il Pil comprende l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana… Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari. […] Misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta».

Pensate che addirittura Monti, prima di diventare capo del governo, avanzò dubbi sul Pil, salvo poi cambiare idea e dire: “Grazie alle riforme che abbiamo messo in campo possiamo avere una crescita del Pil del 6% in 5 anni”. Come sia andata è noto a tutti.

Secondo alcuni economisti, il maggior difetto del Pil è che tiene conto solamente delle transazioni in denaro. Ma, così facendo, non valuta la vera ricchezza di un Paese. Non tiene conto, ad esempio, del volontariato che, però, è essenziale per un Paese come l’Italia e che spesso compensa molti buchi del servizio pubblico (è di oggi la notizia che alcune famiglie il primo giorno di scuola hanno pulito le strade vicine agli istituti).

Il Pil considera come “positive” solo le “transazioni” indipendentemente dal loro oggetto. Ad esempio, i danni provocati da un alluvione o dall’inquinamento sono un vantaggio dal punto di vista del Pil. E anche il fumo lo è: crea “entrate” con le tasse e i servizi per la distribuzione, ma anche per le malattie che causa, perché costringe a cure che costringono a fornire servizi e ad acquistare medicinali (se no che senso avrebbe, per lo Stato, vendere qualcosa non su scritto “CAUSA LA MORTE”). Per assurdo che possa sembrare, lo stesso morire è utile al Pil, con i servizi connessi ai funerali e alle sepolture e la gestione dei cimiteri.

Riconoscendo che il Pil è un “problema” (per non dire “il” problema), proprio la Commissione europea, il Parlamento Europeo e l’OCSE, nel 2007, organizzarono una conferenza internazionale dal titolo “Beyond GDP” (“Oltre il Pil”). Ai lavori presero parte leader politici, rappresentanti di governo e persino la Banca Mondiale e le Nazioni unite. Obiettivo comune: trovare un indicatore che fosse più appropriato per misurare il “progresso”.

Alcuni Paesi dopo questa iniziativa cercarono di trovare una soluzione indipendente: Nicolas Sarkozy, nel 2008, incaricò alcuni studiosi di fama internazionale, tra cui i premi Nobel per l’economia Joseph Stiglitz e Amartya Sen, di trovare una soluzione. Il risultato degli studiosi fu reso pubblico nel 2009. Ma come tutti gli altri studi rimase una mera elucubrazione teorica.

Ma chi governa l’Unione Europea e gli Stati che ne fanno parte non perde occasione di sorprendere. Così nei giorni scorsi è entrato in vigore un nuovo modo di calcolare la ricchezza di un Paese. Utilizzando un nuovo strumento? No, modificando quello vecchio e “sbagliato”. Anzi a ben vedere peggiorando la situazione.

Sì, perché, da Settembre, per il calcolo del Pil dei Paesi europei saranno utilizzati, ad esempio, dati come la vendita di droga, la prostituzione e il contrabbando di sigarette. In altre parole, invece di ricorrere a strumenti innovativi e più funzionali, gli esperti di Bruxelles, con il sistema digestione della contabilità pubblica Esa (European system of national and regional accounts) 2010, hanno deciso di inserire tra le voci per il calcolo della ricchezza di un Paese quelle derivanti dall’economia illegale. E, così facendo, hanno peggiorato la funzionalità del parametro Pil.

Se, infatti, non è difficile calcolare i fatturati delle aziende o quelli di soggetti come i cittadini (che presentano regolare denuncia dei redditi), è praticamente impossibile sapere con esattezza a quanto ammonta il sommerso, cioè tutto ciò che, per definizione, sfugge al fisco.

L’ISTAT ha cercato di giustificare questa metodologia, anzi ha fatto di più ha fornito le cifre esatte. L’economia sommersa “vale” (ma trattandosi di una stima sarebbe stato meglio dire “varrebbe”) 187 miliardi di Euro, ovvero quasi un decimo del Pil del nostro Paese.

Come è arrivato l’ISTAT a questi numeri? “La stima della quantità di droga consumata è calcolata a partire dai consumatori, data la disponibilità di dati sul consumo annuo prevalente della popolazione in età 15-64 anni”. Dalla quantità presunta l’Istituto ha poi ricavato il valore complessivo “tramite informazioni sui prezzi medi unitari provenienti dal ministero dell’Interno”. Come dire (giusto per fare un esempio): dato che un lavoratore guadagna X Euro al mese e che i servizi di una prostituta costano Y (il costo delle prestazioni “è ottenuto utilizzando indicatori di offerta, quali la stima del numero delle prostitute, delle prestazioni effettuate nell’anno e dei prezzi pagati dagli utilizzatori finali del servizio” come dice l’ISTAT), allora vuol dire che il fatturato complessivo di tutte le prostitute in un anno ammonta a … E questo va a sommarsi alla ricchezza prodotta nel Paese.

Invece di introdurre politiche monetarie migliori per ridurre il debito pubblico (che, è bene ricordarlo, deriva in massima parte dal pagamento degli interessi bancari per l’emissione della moneta da parte di banche private), la Troika ha pensato bene di far contenti un gran numero di esemplari di HOMO POLITICUS sparsi sul continente, autorizzando l’uso di nuovi “parametri”. In questo modo alcuni governanti potranno vantarsi di aver salvato l’economia del Paese e di aver ridotto il rapporto deficit/Pil. Cosa che, ovviamente, non vera.

E mentre in Europa si cerca di prendere in giro i cittadini con trucchetti poco credibili (oltre che poco corretti etimologicamente e moralmente), in Cina hanno deciso di cambiare il proprio modo di calcolare il Pil. Il terzo plenum del partito, conclusosi la settimana scorsa, ha introdotto alcune importanti novità in materia economica e fiscale tra cui un modo più equo nel prelievo e nella ridistribuzione delle risorse.

Le imprese (la quasi totalità delle quali statali) verseranno allo Stato una parte molto maggiore rispetto al quella attuale. Somme, queste, che verranno ridistribuite per “migliorare la qualità della vita dei cittadini”. In questo modo, mentre i nostri esemplari di HOMO POLITICUS leccano gelati e si vantano di essere riusciti a mantenere una variazione del Pil vicino allo zero (in realtà l’OCSE ha parlato di un calo dell’0,4%), il Pil cinese cresce a ritmi impensabili anche per Monti (+7,7% per i primi nove mesi del 2013). E con esso il divario tra l’Italia e gli altri Paesi…

Foto tratta da noi-italia2013.istat.it

 

 

 


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