Ieri a Palermo inutile convegno della Cgil sulla ‘Farsa metropolitana’

NON SI E’ PARLATO DI SVILUPPO, MA IN CHE MODI SALVARE DAL DISSESTO FINANZIARIO PALERMO, CATANIA E MESSINA CON I FONDI EUROPEI

Nel pomeriggio di ieri si è svolto a Palermo un convegno promosso dalla Cgil regionale sul disegna di legge in discussione all’Assemblea regionale siciliana relativo all’abolizione delle Province regionali e sulla introduzione delle città metropolitane ed i liberi consorzi tra i Comuni.

Diciamo subito che l’evento è stato una delusione sotto ogni punto di vista: tematico, organizzativo e nel suo svolgimento.

Sul terreno tematico per la ragione che l’argomento, trattato da una organizzazione sindacale, presuppone che al centro della discussione vi sia il lavoro, le attività economiche, lo sviluppo produttivo e, quindi, in funzione di queste finalità, qual è, o potrebbe essere, l’assetto metropolitano delle città nel cui territorio gravitano queste iniziative economiche. Invece nel dibattito di tutto ciò non si è parlato.

L’incontro, come accennato, è stato deludente anche sotto il profilo organizzativo, in quanto si è svolto con la formula della tavola rotonda alla quale, com’è noto partecipano soltanto gli interlocutori invitati attorno al moderatore:

Idem per lo svolgimento, perché all’incontro non è stato invitato nessun Sindaco dei Comuni dei territori in predicato di essere assorbiti nelle aree metropolitane o, in prospettiva, promotori di liberi consorzi.

Sono stati invitati i rappresentanti dei Comuni candidati a divenire città metropolitane: Catania, Messina e Palermo.

Il dibattito moderato da Beppe Citarrella, dirigente del Cerdifos della Cgil regionale, ha visto la partecipazione del segretario generale della Cgil Sicilia, Michele Pagliaro, del sindaco di Messina, Renato Accorinti, dell’assessore al Bilancio ed alla città metropolitana di Catania, Giuseppe Girlando, ed il Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.

Tutti quanti gli intervenuti, in modo corale, hanno sostenuto la validità della istituzione di ben tre città metropolitane in Sicilia, quando in tutta Italia le previsioni dicono che non sarebbero più di 7 o 8. In Sicilia, poiché quando si tratta di costruire ‘Carrozzoni mangiasoldi’ siamo più bravi di tutti, ne prevediamo addirittura tre!

Se nelle altre regioni italiane si adottasse il metodo siciliano, le città metropolitane nel nostro Paese sarebbero almeno una sessantina. Per non fare poi riferimento alle esperienze europee dove le città metropolitane si contano sulle dita di una sola mano.

D’altra parte, cosa volete che dicessero i Sindaci delle città capoluogo individuate a diventare città metropolitane? Va bene così, specialmente in vista della possibilità di essere titolari di negoziazione diretta per arraffare i fondi europei. Circostanza, questa, che accrescerebbe il potere amministrativo di quei Comuni anche rispetto alla Regione ed alla Stato.

Secondo il disegno espresso dai Sindaci presenti, si verrebbero a configurare delle piccole repubbliche a dimensione locale. Questa l’unica osservazione comune da trarre dagli interventi dei rappresentanti dei Comuni candidati, secondo il progetto legislativo regionale, a diventare città metropolitane.

Fin qui il dibattito della tavola rotonda convocata dalla Cgil regionale sul disegno di legge regionale sulle città metropolitane e i liberi consorzi, che nello stesso disegno di legge di ‘libero’ non hanno proprio nulla, per la ragione – una tra le tante – che sono stati predimensionati e quindi, già soltanto con riferimento a questo dato, limitati nella scelta associativa.

Con queste premesse la discussione ha nascosto le vere ragioni che hanno spinto la politica siciliana ad individuare tre città metropolitane: la questione finanziaria che investe i tre maggiori Comuni capoluogo, i quali, a rischio dissesto, tentano di recuperare risorse attraverso l’abolizione dei Comuni minori ricadenti nella loro sfera d’influenza, rendendo irrilevanti gli aspetti amministrativo-territoriali che, invece, dovrebbero essere alla base del progetto di città metropolitana.

Prendiamo il caso di Palermo. Se l’amministrazione cittadina avesse avuto una visione metropolitana avrebbe detto agli industriali palermitani che vogliono realizzare un acquario alla Cala: volete dirmi quali sono i vostri progetti per rivitalizzare le aree industriali di Termini Imerese, di Carini, di Villafrati e di Brancaccio? E senza far cadere la proposta dell’acquario, avrebbe dovuto dire all’organizzazione degli industriali che questo impianto avrebbe potuto trovare più acconcia collocazione a Sferracavallo, o all’Aspra, o magari nell’Isola delle Femmine.

Ovvero, il Sindaco di Palermo ed il Consiglio comunale avrebbero potuto sostenere più attivamente la vicenda del rilancio dell’ex impianto Fiat di Termini Imerese a sostegno dello sviluppo dell’intero territorio della città metropolitana, dello sviluppo economico e del l’occupazione. Con questa visione territoriale si costruiscono le basi strutturali per la creazione dell’amministrazione metropolitana.

Qualora si volesse ridurre ad uno slogan tutta la vicenda, si potrebbe dire: la città metropolitana deve ritenersi un centro di spesa per servizi territoriali più o meno integrati o, invece, un soggetto promozionale dello sviluppo locale?

Per carità, questo avrebbe dovuto essere il pilastro del dibattito promosso dal sindacato sul tema della città metropolitane. Cosa, questa, che purtroppo non è stata. Ed è questa la principale ragione per la quale esprimiamo la nostra opinione sulla iniziativa della Cgil siciliana: che delusione!


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