Cinque anni per l’imprenditore ed ex finanziatore del Movimento per le Autonomie Mariano Incarbone, cinque anni e quattro mesi per l’ex consigliere provinciale Udc Antonino Sangiorgi, cinque anni per l’ex consigliere comunale di Ramacca Francesco Ilardi ma anche l‘annullamento con rinvio a una nuova sezione della condanna per concorso esterno a Cosa nostra di Giovanni Cristaudo, ex deputato regionale eletto con il Popolo delle libertà. Sono queste le decisioni più rilevanti adottate dai giudici della corte di Cassazione, che hanno messo il primo punto fermo nella maxi inchiesta Iblis sul connubio tra mafia, politica e affari. Un’indagine che a fine 2010 ha fatto stringere le manette attorno ai polsi di 48 persone e che ha coinvolto anche l’allora presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo e il fratello parlamentare Angelo. Ci sono poi voluti sei anni per arrivare alle condanne definitive del filone processuale che si è svolto con il rito abbreviato. E nella notte i carabinieri hanno eseguito la sentenza, arrestando dieci persone, tutte trasferite nel carcere di Bicocca, tranne Incarbone che è stato condotto ad Augusta.
Tra i nomi di chi dovrà riaffrontare un processo ci sono quelli del parlamentare regionale etneo Cristaudo, dell’imprenditore Paolo Ragusa e dell’avvocato Antonino Santagati. Tre colletti bianchi legati indissolubilmente all’affare del centro commerciale Centro Sicilia, ipermercato costruito in contrada Tenutella, nel territorio del Comune di Misterbianco, finito al centro del contendere degli interessi di due fazioni della famiglia etnea di Cosa nostra: da un lato quella capeggiata dal defunto boss Pippo Ercolano e dall’altro quella di Alfio e Giuseppe Mirabile vicina ad Antonino Santapaola. Secondo gli inquirenti, per sbloccare le autorizzazioni si sarebbe attivato proprio Cristaudo con un disegno di legge ad hoc presentato all’Assemblea regionale siciliana. Un documento, approvato nel 2007, che allungava di quattro anni i termini di decadenza della autorizzazioni commerciali per le aree integrate. A scriverlo, come lo stesso ha confermato ai magistrati, il legale Antonino Santagati. Il nome di Cristaudo è finito anche al centro delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Eugenio Sturiale aveva parlato di voti per le elezioni, mentre Paolo Mirabile rivelò di una presunta cene elettorale che sarebbe stata organizzata in una trattoria dei boss di Cosa nostra.
I giudici ermellini hanno deciso invece di confermare la condanna a Mariano Incarbone. Imprenditore originario della provincia di Enna, che ha avuto legami con il vertice provinciale della mafia Vincenzo Aiello. L’impresario si è attivato per coinvolgere il capo mafia in molteplici affari come quello del parcheggio di piazzale Sanzio a Catania o quello del Pua (Piano urbanistico attuativo, ndr). Non solo opere ancora da realizzare, ma anche lavori portati a termine: il centro commerciale Sicilia Outlet Fashion Village di Agira e l’ipermercato Porte di Catania. Incarbone negli anni si è anche appassionato di autonomismo finanziando nel 2008 il partito di Raffaele Lombardo: le società Icob e Coesi in occasione delle consultazioni politiche del 2008 versano complessivamente 50mila euro al Movimento per le autonomie. Forniscono spunti investigativi su Incarbone anche i collaboratori di giustizia Ignazio Barbagallo e Santo La Causa. Quest’ultimo svelò di un presunto interessamento di Aiello per inserire l’imprenditore nei lavori «di un complesso alberghiero che doveva sorgere alla Playa». Il tramite sarebbe stato il geometra Giuseppe Rindone, dipendente della Icob ma anche affiliato dei Santapaola. Un scelta non casuale che avrebbe consentito a Incarbone «di rimanere nascosto sopratutto per il suo stretto rapporto con ambienti della politica».
Da Roma le condanne si trasformano in definitive anche per i boss di Palagonia Franco Costanzo (11 anni e 8 mesi) e Alfonso Fiammetta (9 anni e 8 mesi). Quest’ultimo dopo la scarcerazione – avvenuta in attesa del pronunciamento della Cassazione – si sarebbe riattivato nel territorio calatino per ritagliarsi un ruolo da capo. Per lui era anche pronto un attentato, ipotesi scongiurata dagli inquirenti con il nuovo arresto nell’operazione Kronos. Tra le figure principali dell’inchiesta Iblis che tornano in carcere c’è pure il geologo Giovanni Barbagallo. Il professionista, condannato in appello a sei anni, è definito «l’esempio del mafioso moderno»: è stato il collante tra mafia, politica e imprenditoria. Una presenza costante nella segreteria dei Lombardo, ma anche nella sua casa rurale in contrada Margherito a Ramacca dove per anni si sono susseguiti summit di mafia e mangiate, come quella del 4 maggio 2008 che ospitò Angelo Lombardo per festeggiarne l’elezione. Un banchetto a cui prese parte anche l’allora sorvegliato speciale Alfio Stiro.
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