I territori siciliani Covid-free dove il virus non ha colpito Tra «dea bendata» e «u signuruzzo», ci sarà la scienza

«La fortuna», «la dea bendata», «il fato», «u signuruzzu». Ognuno dei sindaci la chiama come vuole, ma la componente che accomuna diversi comuni siciliani che sono rimasti Covid-free è sempre quella. Territori di varie province, con caratteristiche differenti e che hanno gestito il lockdown con misure diverse: non solo piccoli centri sperduti tra le montagne facili da isolare – perché isolati già di loro – ma anche cittadine di passaggio, alcune addirittura con collegamenti diretti con le zone rosse italiane. Ma cosa ha reso certi luoghi immuni dal coronavirus? «Una spiegazione scientifica deve esserci – spiega a MeridioNews Cristoforo Pomara, esperto del Covid-team regionale – ma ancora non sappiamo quale possa essere. Una risposta potrebbe arrivare dalla mappa epidemiologica con test sierologici». 

Uno dei territori rimasti a contagi zero è Petralia Soprana, nel Palermitano. Il Comune più alto delle Madonie dove le circa tremila persone che lo abitano hanno spesso lamentato le condizioni di isolamento geografico. «Non c’è alcun segreto per essere rimasti indenni al coronavirus – ammette il sindaco Pietro Macaluso – Solo il fatto che la gente è rimasta a casa, nonostante avesse la possibilità di uscire in giardino per parlare con il vicino». Una piccola comunità che ha saputo rispettare le regole con rigore. «Forse è stato questo il segreto della nostra incolumità», aggiunge Macaluso. Forse, perché in altri territori che sulla carta hanno le stesse caratteristiche non ha funzionato. Stessi numeri anche alle pendici delle Madonie, a Valledolmo. Dei circa 3.500 abitanti, nessuno è stato infettato dal Covid-19. Per il primo cittadino Angelo Conti, è merito di un «patto con gli esercenti che hanno consegnato a domicilio tutti i generi di prima necessità. In questo modo – aggiunge – per due settimana abbiamo eliminato l’unica ragione valida per uscire di casa». 

Una misura ulteriore, ma non in grado di giustificare il fenomeno del Covid-free. Come quelle adottati da altri sindaci siciliani. «Fin da subito, anche prima del decreto dell’8 marzo, abbiamo cinturato il nostro territorio», dice Pippo Limoli il primo cittadino di Ramacca, uno dei Comuni del Calatino (nel Catenese) in cui in tutti questi mesi non c’è stato nemmeno un caso positivo tra gli oltre 10mila abitanti. «La fortuna e il buon Dio ci hanno protetti finora – dice – e noi abbiamo fatto riferimento soprattutto al buonsenso e alla responsabilità martellando sulla necessità di restare chiusi a casa». Nel comune più a nord del Calatino, i negozi – anche quelli di generi alimentari – durante la fase 1 abbassavano le saracinesche alle 19, mezz’ora in più solo per le farmacie. 

Più drastiche le misure adottate poco distante, a Palagonia, dove le persone positive al coronavirus (su una popolazione di 16mila abitanti) sono state solo due. «Si è trattato di due persone rientrate da fuori», spiega Salvo Astuti, il primo cittadino di un territorio che basa la propria economia principalmente sugli aranceti. «Molte delle famiglie che coltivano le arance qui poi le vendono proprio nelle zone del Bergamasco – aggiunge – da dove sono rientrate». La restrizione adottata a Palagonia è stata una sorta di coprifuoco. «Durante il lockdown, solo i negozi di generi alimenti sono rimasti aperti per l’intera giornata – sottolinea Astuti – Gli altri, compresi i tabacchi chiudevano alle 13. Al di là di tutto, comunque, credo ci sia stata una forte componente di fortuna». 

Una sorta di cinquanta e cinquanta. Come a Francofonte, nella parte nord-ovest del Siracusano al margine con la piana di Catania. «Noi abbiamo fatto tutto il possibile, ma è la dea bendata che ci ha protetti», dice il sindaco Daniele Lentini. Nel centro agrumicolo – famoso per l’arancia che dal 1997 ha la tutela del marchio Igp – nessuno degli oltre 12mila abitanti è stato colpito dal virus. «Nella fase 1 – spiega – abbiamo fissato il coprifuoco alle 15 (con la chiusura di supermercati e tabacchi) e abbiamo chiuso tutte le strade di accesso e lasciato un solo varco controllato 24 ore su 24». A varcare i confini comunali, anche qui sono molte delle oltre 650 famiglie che, per un periodo dell’anno, vivono nelle zone del Bergamasco dove vendono gli agrumi che coltivano a Francofonte. «È stata una componente di rischio, ma sono stati messi in quarantena e i loro tamponi hanno dato esito negativo».

Un caso ancora più particolare è quello di Catenanuova, in provincia di Enna. Nessuna misura restrittiva ulteriore che possa, anche solo in parte, motivare il fatto di non avere registrato casi positivi al coronavirus tra i circa 4.700 abitanti. «Il nostro comune è rimasto indenne – afferma il sindaco Carmelo Scravaglieri – ma non saprei dire perché. Ci siamo attenuti alle prescrizioni dei decreti nazionali e delle ordinanze regionali. Insomma, u signuruzzu n’ha mannatu bona». Eppure, un importante fattore di rischio c’è stato. «In una delle poche grande aziende che ci sono sul territorio – spiega il primo cittadino – alcuni lavoratori venivano ogni giorno da Agira anche quando era già stata diventata zona rossa. Si sono avute delle strane febbri, ma i tamponi sono risultati tutti negativi». Nessun contagio nel luogo più caldo d’Europa che, nell’estate del 1999 – con 48,5 gradi registrati dalla stazione meteo locale – si è aggiudicato il record assoluto europeo. 

Intanto, ieri in Sicilia è stato il primo giorno senza contagi. «Al netto del fatto che potrebbero esserci stati dei contagiati asintomatici – fa notare Pomara – sarebbe interessante fare uno studio scientifico su questi territori. L’idea di base – aggiunge il medico – resta che il virus circola meno se circolano meno persone. Quindi, in teoria, i posti più isolati avrebbero dovuto essere più favoriti a rimanere Covid-free». Eppure, così non è stato. 

Marta Silvestre

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