I nostri dubbi sulla ‘rotazione’ dei dipendenti regionali

Da qualche settimana assistiamo non senza perplessità alla ‘rotazione’ di dirigenti, funzionari e, in generale, di dipendenti dell’amministrazione regionale. Lo scriviamo subito a scanso di equivoci: siamo d’accordo sul principio di spostare il personale da un ufficio all’altro. Per far questo, però, ci vogliono dei criteri e bisogna avere l’accortezza di utilizzare bene le parole. Se dobbiamo essere sinceri, in questa maxi-rotazione del personale – voluta dal presidente della Regione, Rosario Crocetta – non abbiamo ancora capito quali sono i criteri e, soprattutto, non condividiamo certe parole.

Non ci convincono le generalizzazioni fatte di dichiarazioni a effetto. Nella pubblica amministrazione a ‘parlare’ dovrebbero essere le ‘carte’, non le persone. Assistiamo, invece, a un valzer di dichiarazioni prive del benché minimo riscontro oggettivo, se non palesemente false, che mal si addicono a chi è chiamato a gestire la cosa pubblica.

Il presidente Crocetta e l’assessore al Turismo, Franco Battiato, hanno lanciato accuse pesantissime a centinaia e centinaia di persone senza premurarsi, prima, di capire come stanno le cose. Ci dispiace scrivere questo. Ma sull’amministrazione regionale, mettiamola così, prima di parlare bisognerebbe avere l’esatto quadro della situazione.

In questa storia, tutta sopra il rigo, ad essere gravi, molto più gravi dei fatti, sono le parole. Noi non siamo mai teneri con la burocrazia regionale. Ma un conto è criticare certe procedure kafkiane, altra e ben diversa cosa è prendersela con chi, nell’amministrazione regionale, lavora eseguendo ordini.

Le procedure non le inventano i burocrati. Le procedure sono il frutto di scelte operate dal Legislatore regionale. O di riforme mancate. O, peggio ancora, di riforme sbagliate.

Ci sarebbe piaciuto che, accanto alla ‘rotazione’ del personale, il Governo avesse depositato a Sala d’Ercole un disegno di legge di riforma della burocrazia regionale. Una riforma seria, possibilmente diversa da quella presentata e approvata nella passata legislatura, che ha solo incasinato ulteriormente l’amministrazione. Invece abbiamo visto – e continuiamo a vedere – solo una rotazione che ci ricorda tanto certi mulini a vento di Don Chisciotte…

Ma, lo ribadiamo, sono le parole utilizzate dal presidente Crocetta e dall’assessore Battiato che non ci hanno convinto. Non si possono lanciare accuse così, senza avere la prova di quanto si afferma. Soprattutto quando persone che lavorano in un’amministrazione pubblica vengono apostrofate in malo modo.

Prima di affermare: “Hanno rubato tutto”, un amministratore pubblico deve accertare quando, come, dove e chi ha rubato. Sottolineando che tale accusa, gravissima, è rivolta a una o più persone ben individuate. Rivolgere a tutti un’accusa così pesante, sparando nel mucchio, non è solo un errore: è un fatto altrettanto grave che espone l’amministrazione ad azioni legali.

Lo stesso discorso vale per le accuse di mafia. Un conto è affermare che la mafia è infiltrata nell’amministrazione pubblica (cosa probabile, in Sicilia); altra cosa è lanciare accuse generalizzando.

Se poi, come è accaduto negli uffici dell’assessorato regionale al Turismo, il personale, prima dileggiato, è stato subito dopo trasferito, ebbene, è troppo facile, agli occhi del mondo, fare due più due: hanno rubato, li hanno trasferiti. Follia totale. Garantismo finito sotto i piedi. Non è così che si agisce in un Paese civile.

Dalle parole ai criteri. Quali sono i criteri che ispirano questa maxi-rotazione di dirigenti, funzionari e, in generale, dipendenti della Regione? Noi, con tra la nostra buona volontà, non li abbiamo capiti. Da un Governo democratico ci saremmo aspettati l’illustrazione, magari in una conferenza stampa, di criteri e obiettivi che si intendono raggiungere. Magari coinvolgendo – visto che siamo sempre in democrazia – le organizzazioni sindacali.

La concertazione, se rispettata alla lettera, non è consociativa. Perché l’ultima parola spetta sempre al Governo. Ma ascoltare le ragioni degli altri – in questo caso dei sindacati – sarebbe stato utile. In democrazia ascoltare è importante.

Avrebbero dovuto essere i rappresentanti delle organizzazioni sindacali a dire: il Governo regionale ci ha convinto, proseguiamo. Oppure: il Governo non ci ha convinto e non siamo d’accordo. Nell’uno e nell’altro caso il Governo avrebbe operato lo stesso la ‘rotazione’ del personale e sarebbe stato più forte.

Quando facciamo riferimento ai criteri – e al coinvolgimento dei sindacati – lo facciamo per un motivo preciso: perché, lo ribadiamo ancora una volta, non ci convincono le generalizzazioni.

Perché il rischio di una ‘rotazione’ del personale fatta così, senza criteri, rischia di diventare, per alcuni dipendenti (e non sono pochi!) una somma ingiustizia.

Quello che sta succedendo per alcuni, forse per tanti dirigenti, funzionari e dipendenti della Regione ci ricorda tanto un racconto di Vitaliano Brancati. E’ la storia di un uomo che, durante il fascismo, viene ripetutamente umiliato dai gerarchi fascisti del suo paese. Lo umiliano e gliene combinano di tutti i colori perché lui, da uomo libero, si rifiuta di seguire tutte le stupidaggini che il regime imponeva ai cittadini.

La caduta del fascismo, per lui, dovrebbe essere la liberazione. Succede, invece, che alcuni gerarchi fascisti del suo paese, da buoni trasformisti, riescono ad accreditarsi e a riciclarsi nel ‘nuovo’ Stato nascente: che, poi (e qui è la grandezza di Brancati: avere visto giusto sull’Italia, con oltre sessant’anni di anticipo: ma questo è un altro discorso: o quasi) è la nostra sgangherata Repubblica. Alla fine, pirandellianamente, il protagonista del racconto, che era sempre stato antifascista, verrà epurato come ‘ex fascista’ dai suoi aguzzini trasformatisi, come per magico incanto, in antifascisti.

Ci dispiace scrivere queste cose. Ma siccome ‘bazzichiamo’ l’amministrazione regionale da quando arrivò in Assemblea regionale siciliana – nell’ormai lontano 1986 – un allora giovane Franco Piro (del quale il presidente Crocetta avrebbe fatto bene a utilizzare l’esperienza: avrebbe evitato di commettere tanti errori), conosciamo anche noi qualcosa di questo mondo della Regione. E ci dispiace vedere tanti dirigenti e funzionari bravi e seri additati al pubblico ludibrio e trasferiti (sui ‘valorizzati’ dal Governo Crocetta ci riserviamo un approfondimento).

In questa sede citiamo solo un caso, a nostro avviso emblematico di quello che sta succedendo negli uffici dell’amministrazione regionale. Citiamo questo unico caso non far torto a tutti gli altri dirigenti, funzionari e dipendenti che in queste ore vivono con amarezza l’onta di certe affermazioni e di certi atti, ma – al contrario – per dar forza proprio a chi, oggi, è stato colpito da parole e da provvedimenti ingiusti.

Il caso che citiamo riguarda una dirigente dell’assessorato regionale a Turismo, Maria Giacona, conosciuta come “Maruzza”. Persona seria e integerrima, che non si è mai piegata al potere di chi avrebbe voluto gestire la cosa pubblica in modo improprio.

Maria Giacona non è più dirigente del Servizio 6 di quest’assessorato dal luglio del 2009. E non lavora più all’assessorato al Turismo dal settembre 2010. Fino a quando la dottoressa Giacona ha lavorato in assessorato i fondi europei destinati a questa branca dell’amministrazione regionale sono stati spesi correttamente. Spesi, certificati e rimborsati con una premialità di 10 milioni di euro. Con le economie e le premialità ottenute grazie al suo lavoro, la pubblica amministrazione ha realizzato i calendari delle manifestazioni di grande richiamo turistico fino al 2009 visto che il nuovo P.O.Fesr 2007/2013 è partito nel 2010.

Dopo la parentesi di Nino Strano assessore, i finiani, con in testa l’ex assessore regionale al Turismo Daniele Tranchida, non l’hanno voluta. Non le hanno consentito nemmeno di farla tornare al suo posto di caposervizio. L’hanno trasferita, senza tanti complimenti, a Sicilia, Turismo e Cinema, la società che ha preso il posto di Cinesicilia (società del tutto priva di fondi).

Maria Giacona è stata ‘punita’ dal Governo regionale dell’epoca – il solito Governo Lombardo – perché si rifiutava di avallare con la propria faccia (e, soprattutto, con la propria firma) l’abbuffata di ‘Grandi eventi’ realizzati con i fondi europei, cioè con soldi che sarebbero dovuti servire per le infrastrutture e non per manifestazioni culturali, in alcuni casi anche importanti, in altri casi clientele di bassa politica allo stato puro.

Oggi “Maruzza” è amareggiata. Messa in ‘croce’ dal precedente Governo, sbeffeggiata e trasferita dall’attuale Governo. Riusciamo solo a strapparle qualche parola: “Dire che sono amareggiata è poco – ci dice -. Oggi voglio solo parlare bene dei miei colleghi, persone per bene che hanno solo seguito le direttive della politica e dei loro superiori. Quello che alcuni di loro stanno subendo ha dell’incredibile”.

Egregio presidente Crocetta, così non funziona. Come Lei sa, noi le diciamo le cose belle e le cose amare. Questa è una cosa amara. E molto brutta. Ci sarà il tempo di riparare a questi errori?

 

 

 

 

 


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