I dettagli sul sequestro alla ditta di Totò Moncada Pochi mesi fa l’attacco agli esperti della Regione

Nei confronti di Totò Moncada i magistrati di Agrigento avevano chiesto anche l’arresto in carcere. Il dato è contenuto nell’ordinanza che ha disposto il sequestro di poco meno di sei milioni e mezzo di euro a carico di una delle società riconducibili all’imprenditore. La gip Luisa Turco, però, ha ritenuto che i fatti al centro dell’indagine per bancarotta preferenziale, risalenti al periodo compreso tra il 2011 e il 2013, siano troppo datati, considerato che la Cassazione ha stabilito che in questo caso va considerato il momento in cui viene commesso il reato e non quello in cui viene definitivamente dichiarata fallita una società. Lo stesso ragionamento vale anche per la decisione di rigettare la richiesta di arresto anche del braccio destro di Moncada, Lillo Volpe. Per la giudice entrambi gli indagati, pur consapevoli dell’esistenza di un’attenzione della procura nei loro confronti a partire dal luglio dell’anno scorso, quando la guardia di finanza fece una perquisizione negli uffici dell’imprenditore, non hanno avuto comportamenti «tendenti a pregiudicare l’integrità o la genuinità della prova».

La tesi della procura che, invece, è stata accolta dalla gip Turco riguarda le manovre attuate per trasferire fondi dai conti della società Moncada Solar Equipment alla M Rinnovabili. In totale, cinque pagamenti autorizzati tra la notte di san Silvestro 2011 e il settembre del 2013, in una fase in cui doveva ancora partire la procedura fallimentare della Moncada Solar Equipment, poi conclusasi nel 2016. Per gli inquirenti, dietro quella movimentazione di denaro ci sarebbe stata la volontà di favorire un creditore ben preciso, ovvero un’impresa del gruppo Moncada, a discapito degli altri. «Questi pagamenti sono indicati nelle scritture contabili come compensazione e diminuiscono il debito della fallita nei confronti del socio e tanto è sufficiente per poterne dedurre il carattere di preferenzialità da cui deriva il danno nei confronti della massa dei creditori», ha dichiarato ai pm il curatore fallimentare dell’impresa. 

La M Rinnovabili è una delle società che, nell’ultimo anno, si è mossa in Sicilia nel settore del fotovoltaico. L’impresa vorrebbe installare oltre 110mila pannelli solari in un’area di circa 46 ettari tra i territori di Agrigento e Porto Empedocle. In termini di potenza il progetto, che comprende anche la realizzazione di un elettrodotto, supera i 40 megawatt. L’iniziativa, qualche mese fa, ha fatto da sfondo a un attacco frontale lanciato da Totò Moncada nei confronti della commissione tecnica che alla Regione si occupa delle valutazioni ambientali. Ad aprile il 57enne imprenditore ha diffuso una lettera aperta con principale destinatari Nello Musumeci. «Presidente, chi è la commissione tecnico-scientifica? Chi rappresenta? Chi conferisce – si legge nella missiva – l’autorità a questa e al suo presidente Aurelio Angelini di stabilire tempi e tempistiche nelle quali gli impianti vanno autorizzati, derogando alle previsioni normative?». Nel lungo scritto, Moncada ha sostenuto che i progetti presentati in Regione finiscono per «subire le sorti e l’inerzia di chi, nascondendosi spesso dietro il carico eccessivo di lavoro, senza assumersi alcuna responsabilità, tratta la cosa pubblica come se fosse cosa propria».

Dietro l’affondo frontale, che ha portato il presidente della Cts a valutare la possibilità di una querela, c’è la disapprovazione davanti ai ritardi con cui la commissione ha iniziato a esaminare la richiesta di assoggettabilità alla Via presentata dalla M Rinnovabili. La procedura ha lo scopo di stabilire se un progetto deve essere o meno sottoposto alla valutazione degli impatti ambientali. In questi casi, l’auspicio dei proponenti è chiaramente quello di potere velocizzare gli iter venendo esentati dall’esame. Auspicio che, nel caso dell’impianto fotovoltaico da realizzare nelle cave agrigentine, si è scontrato con un parere negativo per una lunga sfilza di motivi, tra cui il più evidente sta nel fatto che la legge prevede che l’esclusione dalla Via può essere disposta solo per impianti di potenza massima di un megawatt. Ovvero, oltre quaranta volte più piccoli di quello immaginato da Moncada. A ciò si aggiunge, leggendo il parere emesso a maggio dalla Cts, la presentazione di una documentazione ritenuta lacunosa.

I dubbi riguardano, come accertato da un sopralluogo dei tecnici, la mancata bonifica delle due cave, dismesse rispettivamente nel 2008 e nel 2017, ma anche il modo in cui sono inquadrate le aree interessate nel piano regolatore del Comune di Agrigento. Tra i rilievi della commissione c’è poi l’impossibilità di valutare eventuali interferenze con zone sottoposte a tutela, la mancata quantificazione del volume di rocce da scavo prodotte dai lavori, carenza di dettagli sulla fauna presente e il non avere tenuto conto dei possibili impatti sul borgo Giardina Gallotti, distante un chilometro dal luogo in cui dovrebbero essere installati i pannelli. 

Tali osservazioni, tuttavia, non costituiscono una risposta alle proteste di Moncada. «A causa della burocrazia e dell’inefficienza, chi vuol fare impresa senza distribuire prebende in giro, senza avere nessuna amicizia politica – ha scritto l’imprenditore – deve attendere il proprio turno stabilito arbitrariamente da qualche soggetto e non fare affidamento invece sulle tempistiche che la legge, in teoria, garantisce». Per trovare la replica della Cts su questo punto non c’è bisogno di spostare lo sguardo dal parere. In un passaggio, l’organismo guidato da Angelini fa riferimento alle disposizioni ricevute due anni fa dall’assessorato al Territorio. Era il 19 agosto 2019, quando la Regione stabilì l’ordine di priorità nell’esame delle pratiche. Chiarendo che la precedenza va data ai progetti di somma urgenza in materia di manutenzione di fiumi e torrenti, alle opere in materia di dissesto idrogeologico e a quelle legate all’emergenza rifiuti, e infine ai progetti sottoposti a Paur (Provvedimento autorizzatorio unico regionale). Tutto il resto, inevitabilmente, deve seguire l’ordine cronologico tenendo come riferimento il momento delle pubblicazione sul sito internet della Regione della documentazione. Contro queste decisioni il gruppo Moncada si è rivolto al Tar chiedendo l’annullamento del parere della Cts, ma i giudici amministrativi hanno respinto il ricorso.


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