Luisa Lantieri, nuova assessora alla Funzione pubblica fu segretaria del governatore centrista. Ma l'elenco degli ex ai vertici della macchina regionale è lungo. Da Forzese a Cardinale, passando per diversi dirigenti. Colpa dell'incapacità dell'attuale presidente che, a parte Ingroia, ha preferito puntare sull'usato sicuro
Gli ex cuffariani al centro della politica siciliana Crocetta ha rinunciato a creare una struttura nuova
Il tema non è nuovo, né potrebbe esserlo. Per la verità neanche i nomi e le facce. Non c’è spoil system che tenga. Il mondo dei cuffariani è rimasto vitale e all’opera, ai vertici della burocrazia regionale e della politica siciliana. L’ultimo caso, quello della neo assessora alla Funzione pubblica, Luisa Lantieri non è neanche il più eclatante. Fu componente della segreteria tecnica dell’ex governatore. La battaglia che si combatte tra posizioni perdute e non conquistate riguarda in dettaglio proprio ex centristi aggregati al plotone cuffariano da Totò Lentini a Edy Tamaio.
Il Megafono di cui parla sempre meno gente, il contenitore che Crocetta voleva epurato da appartenenze e non contaminato dalla politica già vista e usurata, ha ospitato in questi anni Marco Forzese e molti altri centristi. La ricomposizione del sistema di potere in Sicilia non è stata neanche necessaria, si è rimodulata in automatico sotto altre spoglie. Totò Cardinale fu ministro nel primo e nel secondo governo D’Alema. Era il 1998. Oggi è un ispiratore riformista, ieri è stato un centrista di sponda con i governi che si sono succeduti. A destra e a sinistra.
Sorprendersi oggi del fatto che la rivoluzione di Crocetta sia andata a braccetto con i colonnelli del cuffarismo di ieri, non ha molto senso. Era una verità annunciata già nell’estate del 2012. Il centrodestra, destrutturato, aveva perso posizione elettorali importanti prima ancora della spaccatura tra Nello Musumeci e Gianfranco Miccichè, entrambi candidati dello schieramento berlusconiano. Gianpiero D’Alia fu il vero regista della candidatura laica di Crocetta che il Pd non potè che accettare. Né eresia né impostura. Crocetta contava molto e i fatti gli hanno dato ragione, nella prima parte della legislatura, sul fatto che le attenzioni potessero essere concentrate su di lui, ma l’effetto parafulmine si è sciolto progressivamente. Anche perché il governatore siciliano dal primo momento ha posizionato baricentricamente gli uomini e le donne del passato per gestire i ruoli chiave della dirigenza.
Da Patrizia Monterosso a Dario Cartabellotta, da Vincenzo Falgares a Rosaria Barresi. Molti di questi sono cuffariani doc, oltre che validi dirigenti incardinati nel sistema di gestione della macchina amministrativa siciliana. Un profilo della discussione che certamente va messo in evidenza riguarda il fatto che l’impero elettorale di Cuffaro era così sterminato ed esteso che difficilmente in una prima fase si sarebbe potuto pescare tra nomi e volti diversi. Al tempo stesso però il meccanismo è diventato quasi sincronizzato. Crocetta ha perso la filiera del comando e del potere. O meglio se ne è disinteressato. Tranne nel caso di Antonio Ingroia – per cui è rimasto nel cassetto il sogno di fargli fare l’assessore, ma che è stato piazzato a Sicilia e-Servizi, la società che cura la gestione della piattaforma informatica della Regione siciliana – la maggior parte dei sottogoverni e delle poltrone da gestire sono state appannaggio dei soliti noti.
Altro dato da contestualizzare nella questione riguarda il mondo chiuso delle appartenenze. La dirigenza regionale nei suoi vertici tende a cristallizzarsi. Le rotazioni nei dipartimenti sono possibili, ma spesso creano discontinuità, specie quando riguardano la gestione dei fondi comunitari. Lo stesso Crocetta dopo l’intuizione di Alessandro Rais, nominato direttore regionale al Turismo, è tornato sui suoi passi, puntando sull’usato sicuro in molti altri dipartimenti. Ecco quindi che riciclati o rielaborati, adattati o ripescati, facce, nomi e ruoli, spesso in questi anni si sono interscambiati. L’occasione perduta per un confronto su basi e metodi diversi è stata annacquata nell’indolenza del presidente della rivoluzione, poco attento e per niente motivato a creare una struttura diversa di nomi e di posizioni.
Manca un tempo indefinito alla fine della legislatura, nel senso che le crisi potrebbero non finire mai portando in porto la scadenza naturale, come potrebbero fermarsi per esplodere in un ultimo atto finale e conclusivo. Ma un motivo ci sarà se continua a circolare l’ipotesi centrista per un candidato alla presidenza fuori dai partiti e gradito a tutti con il Pd di Renzi pronto a un passo indietro. Si, è probabile che moriremo democristiani.