«Non ho mai votato a sinistra, e nella Prima Repubblica la qualità della politica era diversa». Il professore dell'istituto Bellini, candidato del Movimento 5 stelle alla poltrona di sindaco di Catania, si definisce «un moderato». Ma del Comune dice: «Non si apre ai cittadini e ha quasi una funzione estortiva»
Giovanni Grasso, il grillino che cita Sturzo e La Pira «Giochiamo per vincere, ma senza pacchetti di voti»
Dietro a un piglio da cattedra con venature talvolta sanguigne, il professore Giovanni Grasso, candidato sindaco del Movimento 5 stelle a Catania, cela un cuore democristiano. Avere dichiaratamente sostenuto Rita Borsellino alle Regionali del 2006 non fa di lui l’uomo di «sinistra radicale» che gli imprenditori parrebbero addirittura «temere», dopo averlo conosciuto durante alcuni incontri con le categorie. Lo racconta lui stesso, presentandosi senza neppure un santino elettorale in tasca: «Giro senza, non ci servono». E neppure essere oggi un leader locale del Movimento sarebbe, a suo dire, in contraddizione con letture che vanno da Giorgio La Pira a Piersanti Mattarella. Il docente dell’Istituto Bellini, 60enne, con gusto rievoca la Prima Repubblica quando c’è da spiegare cosa c’è che non va nella politica di oggi, a Catania e non solo. Grasso, dopo avere vinto, durante una consultazione interna al Movimento, la nomination a sindaco per un solo voto – 17 a 18 – su Matilde Montaudo, l’avvocata ora designata vicesindaca, ha atteso a lungo l’obbligatoria certificazione sulle liste che arriva dallo staff milanese dei grillini. Sono questi, per qualcuno, gli handicap che già in partenza avrebbero depotenziato la campagna catanese dei 5 stelle. Su cui pende, soprattutto, un imperativo: far dimenticare il flop del 3 per cento delle scorse Comunali, quantomeno puntando sul ballottaggio. Anche perché, solo tre mesi fa, alle Politiche, in città il Movimento ha toccato uno stratosferico 48 per cento.
Professore Grasso, non teme di guidare un Movimento spaccato? Lei è stato scelto per un solo voto in più.
«Noi abbiamo una base fortissima, dove “uno vale uno” e dove all’interno non ci sono antagonismi. Potevo anche perdere per un voto, sarebbe stato lo stesso. Ho subito dichiarato che Matilde sarebbe stata vicesindaca e sono sicuro che lei avrebbe fatto lo stesso. Devo dire anzi che, oggi, tutti i meet up della città sono uniti in un unico progetto, cosa che non accade in altre città come Siracusa. Quello che temo è invece l’astensionismo. Vorrei inoltre che anche gli avversari ci garantiscano la serietà di queste elezioni. Finora, con tutte quelle liste, non lo hanno fatto, agendo con scorrettezza. Chiederemo ai nostri candidati di organizzarsi anche sollecitando le forze dell’ordine, ai seggi non vogliamo vedere nulla di strano. Farò un appello formale anche alla prefetta».
Solo tre giorni fa un suo assessore, Guido Ciraolo, si è ritirato perché raggiunto da un avviso di garanzia. Nel suo denso curriculum c’è anche la presidenza di Confindustria ad Alessandria. Si direbbe un profilo d’establishment, che ci faceva con voi?
«Non appena è arrivato l’avviso di garanzia ha fatto un passo indietro, io nemmeno gliel’ho chiesto. Il dottore Ciraolo lo conosco da tanti anni, è persona di alto spessore che ha risanato aziende importanti. Farei delle distinzioni, la Confindustria non è ovunque come quella siciliana, si veda il caso Montante. Da noi l’associazione ha avuto ruoli ambigui fin dagli anni Settanta, anche perché la nostra non è un’economia industriale. In realtà Confindustria dovrebbe anche essere un contrappeso delle forze politiche, non c’è nulla di male ad avere un assessore che proviene da quel mondo, anche se noi non vogliamo fare politiche neoliberiste».
Guarda all’elettorato di sinistra deluso dal Pd? Il suo passato aiuta a pensarlo.
«Io non ho mai votato a sinistra. Aver sostenuto Rita Borsellino non significa nulla, anche perché quell’esperienza era già post-ideologica, si chiamava Un’altra storia. Tutta la componente di Catania si allontanò quando lei aderì al Pd. Ho sempre votato al centro, ma non Berlusconi. Una volta ho votato Lega, appena nacque, quando era un movimento protestatario. Mi definisco un moderato, guardando ai grandi protagonisti della nostra storia come i padri costituenti. La visione di La Pira, don Sturzo, della sinistra democristiana, era la ricostruzione della città che metteva al centro il cittadino».
Come mai un moderato si ritrova nel Movimento 5 stelle?
«Non mi sembra così strano. La visione della funzione politica nel Movimento guarda al futuro. Fare discorsi ideologici, comunque, oggi ha poco senso, basta guardare ai nostri avversari. Gente di destra che va a sinistra e viceversa, perché la differenziazione non esiste più».
Come accostare i vaffa grillini a don Sturzo?
«Sicuramente c’è differenza tra i toni virulenti di Grillo e il Movimento. Basta guardare a Di Maio, chiamato da qualcuno il democristiano. Negli ultimi anni il perimetro della città si è ristretto, il Comune è diventato una fortezza, non si apre al cittadino e ha quasi una funzione estortiva. La nostra visione, come quella di una volta, è invece a largo raggio. I nostri antagonisti non ne hanno: se l’avessero, non si presenterebbero con nove liste a destra e cinque a sinistra. Non snobberebbero le nostre capacità, come fa il sindaco Bianco che dice di non conoscerci, con meschineria».
Se arrivano questi attacchi, è anche perché la vostra campagna è partita in ritardo e davvero c’è chi dice di non conoscervi.
«Alla fine delle ferie, una volta, tornai a Catania e trovai un grande manifesto con Babbo Natale in via Giuffrida. La campagna elettorale per qualcuno è una fiera di sconti, la forza che stanno usando, di natura economica, noi non la possiamo contrastare. La verità è che il nostro progetto inizia cinque anni fa, dopo il disastro delle Amministrative».
Cosa c’era di sbagliato cinque anni fa? La candidatura di Lidia Adorno o forse il M5s era ancora troppo debole in città?
«Questo non so dirlo, in quel momento avevo rapporti solo con il blog di Grillo. Dopo il disastro, ho aderito all’appello di Grillo a incrementare la partecipazione di ognuno di noi. Aprendosi alla società civile, perché non possiamo pensare che quella sia solo di sinistra. La partecipazione oggi ce la chiedono i programmi delle parti sociali, della Chiesa, perché la classe dirigente attuale si è arroccata nei palazzi. Cinque anni fa pensavamo forse che internet potesse bastare».
Lei pensa che, da allora ad oggi, siete riusciti a colmare la carenza di radicamento in città?
«Fossimo carenti non avremmo avuto così tante adesioni, dando spazio a tanti attivisti senza difficoltà. Nel 2013 non avevamo nemmeno i candidati alle municipalità. Siamo stati nei quartieri, abbiamo fatto tanti appelli all’amministrazione, senza avere nemmeno un consigliere comunale. Oggi le cose sono cambiate, anche per il consenso ampio che c’è intorno al nostro simbolo».
L’accordo di governo con la Lega, fosse stato al posto di Di Maio, l’avrebbe fatto? Ne è contento?
«Al nord hanno votato la Lega, al sud il M5s: volevamo farlo questo governo oppure no? Sarò contento se effettivamente Salvini si emanciperà da Berlusconi. Siamo in un sistema proporzionale, non c’erano altre soluzioni. Sono stato sempre contrario a maggioritario e uninominale».
Se lei potrà governare, in caso di vittoria, sarà però grazie alla legge dei sindaci.
«Sul piano locale è diverso, abbiamo bisogno di amministratori. Noi abbiamo 60 candidati alle municipalità, Pogliese oltre 500. Giocoforza, da quella parte, comandano i pacchetti di voti. Caduti i grandi notabili, la politica si è corrotta. Il Movimento 5 stelle, non avendo coalizione, non sarà pressato dai gruppi di potere e garantirà l’indipendenza. Questa è l’occasione unica che ha questa città».
Sembra davvero un po’ nostalgico della Prima Repubblica..
«C’erano persone serie. Leggete gli scritti di Piersanti Mattarella. Possiamo dire che lui non ha pagato con la vita una visione del Paese moderno, contro la mafia? Parlo insomma della qualità della politica. Negli ultimi trent’anni si è corrotta perché sono entrati i pacchetti di voti. A destra ci sono nove liste e gli assessori del passato, persone che conosciamo. Dall’altra parte, la qualità della politica di Bianco è sotto gli occhi di tutti, Catania è crollata in tutte le classifiche su servizi e vivibilità».
Cinque anni fa avete preso il 3 per cento, oggi a che percentuale dovreste arrivare perché non si parli di un nuovo disastro?
«Siamo tra il venti e il trenta per cento, so già per certo che avremo una grande rappresentanza al consiglio comunale. Giochiamo per vincere, ricordando comunque che siamo partiti dai pessimi numeri del 2013. Tra l’altro, mentre il M5s si appresta a governare, i miei principali antagonisti appartengono a partiti che di fatto non esistono più».
Come si spiega il calo di popolarità che scontano i grillini una volta al governo?
«Mi impressionala virulenza dei toni nei confronti delle giunte a 5 stelle, per non parlare degli attacchi al premier designato Conte che non si è ancora insediato. Se voi leggete i giornali, tra l’altro, io non esisto. Solo grazie a internet troviamo spazio e per fortuna la sua importanza sta aumentando».
Bilancio e debiti del Comune. Dissesto sì o no?
«Prima di tutto occorre verificare i conti, anche con una società di revisione. Sarei comunque contrario al dissesto, ma non come sostiene il centrodestra. Pogliese ad esempio ha scelto un assessore che già conosciamo. Ho molta stima di Roberto Bonaccorsi ma credo che né a Catania, né a Giarre abbia fatto un buon lavoro. Rifare l’assessore con le stesse modalità e assieme alle stesse persone è un errore. Noi invece vogliamo accogliere le istanze dei cittadini. Per me sarebbe facile, facciamo il dissesto e si apre la procedura d’infrazione verso tutti quelli che ci hanno portato a questa situazione».
Partecipate. Come si pone rispetto all’ipotesi della privatizzazione.
«Sono contrario. Anzi, serve prima di tutto fare degli accorpamenti e tagliare un bel po’ di costi di sottogoverno. Gli altri non possono dirlo, perché con tutte quelle liste dovranno accontentare tutti con le poltrone. Partirei dall’accorpare Amt e Sostare, aprendo poi un tavolo con la Circumetnea per la gestione della metro».
Tondo Gioeni. Come risolvere l’emergenza traffico.
«Sento le promesse più assurde, come i due ponti che Pogliese vorrebbe costruire. Lì il problema principale è l’accesso alla via Etnea e l’imbuto che si crea arrivando da ovest. L’errore di Bianco è stato di buttare a terra il ponte senza un piano preciso. Ancora non ne capisco le ragioni. Quando c’era, comunque, il ponte non era risolutivo: per chi veniva da est c’era sempre l’imbuto del tunnel. Un nuovo ponte mi sembra la via più onerosa, né vorrei già da ora sposare una delle soluzioni che ci hanno presentato. Sceglieremo quella più opportuno, garantendo soprattutto l’accesso su via Etnea».
Rifiuti. Cosa cambiare nella gestione? Come alzare la percentuale di differenziata?
«Ho scoperto che Bianco adesso vuole dividere l’appalto del servizio in più lotti. Il sindaco, dopo gli scandali, si è svegliato, ma ha finito il tempo a disposizione. La differenziata va aumentata con la cultura, andando nelle scuole. Saranno i bambini a insegnare le cose ai genitori. Serve anche valorizzare e motivare i lavoratori. Gli operai della raccolta ci hanno voluto incontrare perché hanno fiducia in noi, e sappiamo quanto sono disincentivati perché non esiste il merito».
La prima cosa che farà da sindaco?
«Portare il teatro nei quartieri, il vero teatro, anche per strada. Voglio dotare tutte le municipalità dei loro teatri naturali, dal teatro Moncada in poi. Gli spazi ci sono, da Librino a San Giorgio, e quando non ci sono li costruiamo, li adattiamo. Servirà anche un accordo con la Siae, perché buona parte del repertorio non si può rappresentare per costi esorbitanti. Ѐ il teatro che crea l’infrastruttura intellettuale della città, l’unità di spirito. Se io facessi vedereI mafiusi de la Vicaria di Sciascia, i pacchetti di voti e la corruzione non esisterebbero più».
AGGIORNAMENTO DEL 26 MAGGIO 2018
«In merito all’intervista rilasciata al giornale MeridioNews, al fine di evitare strumentalizzazioni e sterili polemiche, intendo ribadire la stima nei confronti del professionista Roberto Bonaccorsi. Bonaccorsi è una risorsa in termini di competenze e capacità che dispiace vedere arruolato con uno schieramento che ha già ampiamente dimostrato il fallimento politico e amministrativo. Le competenze finanziarie di Bonaccorsi sono state purtroppo utilizzate a Catania per portare avanti politiche di privatizzazione dei servizi che noi biasimiamo. Il Movimento 5 Stelle ha tutta un’altra idea di città, di gestione dei servizi pubblici locali e di difesa dei beni comuni».