Quando il 30 dicembre scorso, poco prima delle 21, il Movimento cinque stelle siciliano ha espulso Domenico Messinese nessuno poteva dirsi sorpreso. Una notizia già nell’aria, specie dopo che lo stesso sindaco di Gela aveva fatto fuori in un colpo solo tre assessori dichiaratamente grillini. I malumori covavano da tempo e i dissapori principali vertevano sulle politiche da attuare nei confronti dell’Eni. Non a caso il comunicato col quale i pentastellati siciliani chiariscono che Messinese non fa più parte del Movimento, per tre quarti era incentrato sul protocollo d’intesa. Ma quali sarebbero le colpe principali del primo cittadino gelese, tali da vanificare una finale di Champions? E cos’è il protocollo d’intesa?
Partiamo dalla seconda domanda. Il protocollo d’intesa è un accordo, firmato a Roma il 6 novembre 2014 al ministero dello Sviluppo Economico, che prevede la riconversione dell’ex petrolchimico di Gela e fino a quel giorno raffineria. È stato fortemente voluto dall’Eni e dal governo nazionale, tanto che Renzi da quel giorno si è più volte spinto ad affermare che «il caso Gela è risolto». A sottoscrivere il protocollo, sono stati la Regione siciliana, i sindacati confederali e l’amministrazione locale. Per tutti i soggetti coinvolti quell’accordo era l’unico possibile, data la crisi della raffinazione in Italia e in Europa – secondo i dati diffusi da Eni, la società perde 750 milioni di euro all’anno e dal 2011 al 2014 solo il sito gelese ne aveva divorati 600 milioni. Il documento prevede 2 miliardi e 200 milioni di investimenti così ripartiti: 1 miliardo e 800 milioni per le attività upstream, cioè esplorazione ed estrazione di idrocarburi; 200 milioni per la bonifica di un’area industriare dismessa e 200 milioni per un impianto di Green Rafinery alimentata ad olio di palma. Più un progetto pilota sul gayule, una pianta da cui si ottiene una gomma naturale ipoallergenica, e 32 milioni di euro di compensazioni per il territorio, sul cui utilizzo finora si è molto favoleggiato e poco agito.
Quel protocollo d’intesa, a marca smaccatamente Pd – governo nazionale, regionale e locale erano a quel tempo rette da uomini del Partito Democratico – pur rispettando i tempi, finora ha prodotto disoccupazione e poco altro. E se è vero che la firma da parte dell’amministrazione locale è del renziano Angelo Fasulo, è altrettanto vero che in campagna elettorale e anche agli inizi della propria sindacatura la giunta Messinese non ha fatto mistero di non digerire molto quel documento.
Per il sindaco di Gela però il peccato originale, al netto delle altre critiche pentastellate, ha una data precisa. Il 20 settembre 2015 il vicesindaco Simone Siciliano, anch’egli al centro delle polemiche, inoltra una mail alla stampa con la bozza dell’accordo di programma: 66 pagine in cui vengono delineati gli interventi per il rilancio economico del territorio. Interventi modellati attorno al protocollo d’intesa, che diventa sì una parte di un piano strategico più ampio, ma che allo stesso tempo ne è condizione necessaria. Senza protocollo d’intesa, insomma, non c’è accordo di programma. I consiglieri a Cinque stelle, poi, lamentano di non essere stati coinvolti nella redazione, tanto che il 2 novembre scorso inoltrano al sindaco 13 pagine di modifiche e integrazioni. Un documento che rimprovera alla giunta di non aver rispettato i principi pentastellati, come la rinuncia alla produzione energetica da fonti fossili, l’incentivazione della produzione energetica da fonti rinnovabili, economia circolare a emissioni, rifiuti e chilometro zero. E, soprattutto, non aver posto come priorità assoluta le bonifiche del territorio.
Così si arriva all’espulsione di fine anno, con il sindaco Messinese che non ci sta e difende la linea del dialogo con Eni, approvata durante la campagna elettorale dai vertici nazionali come Luigi Di Maio. Proprio nei giorni in cui gli stessi sindacati confederali, che per tutto il 2015 hanno difeso ad oltranza il protocollo d’intesa, annunciano una serie di scioperi a gennaio contro la decisione unilaterale del cane a sei zampe di ridurre gli organici a Gela di 150 unità, per portare il numero dei lavoratori Eni a 400. Così come previsto, tra l’altro, dagli accordi del 6 novembre 2014.
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