Fuorisede, cronaca della caccia alla casa

Settembre, si sa, è tempo di migrazioni studentesche: il fuorisede senzatetto che si dà da fare troppo tardi nella città universitaria, senzatetto rimane. E allora, poiché l’unione, di tanto in tanto, fa la forza, perché non formare una squadra, eterogenea quanto basta, di studenti universitari alla ricerca di alloggio nell’intricata giungla catanese dell’immobile? Per fare il pieno di diversità basterebbero una matricola, una studentessa e uno studente già avviati, e un Erasmus qualunque.

Così abbiamo provato davvero: A., giovane e indifesa nuova recluta della facoltà di Lettere; N., al terzo anno in Lingue; D., al secondo anno di Ingegneria informatica; P., dalla “facultad de Filosofía y letras de Murcia” (España) con furore.

Tutti accomunati da un’impellente necessità: reperire un alloggio adeguato, dove poter dormire, cucinare e studiare, senza costringere i genitori (lo studente universitario economicamente indipendente dalla famiglia è, ahinoi, quasi del tutto utopia, per lo meno a Catania) a stipulare un nuovo mutuo o, preferibilmente, senza spingerli nelle braccia degli strozzini. E qual è il paradiso degli annunci a buon mercato, se non il leggendario Mercatino (in facoltà le bacheche non mancano, è vero, ma non sono poi strapiene di offerte di alloggio: i numeri di telefono utili, in totale, saranno una decina, tutti facilmente annotabili su un unico foglio di carta – quanto ai pochi siti Internet utili, come www.easystanza.it e www.affitto.it, c’è da dire che conservano tutti una certa classe, quando costringono l’utente interessato ad effettuare una lunga e laboriosa registrazione per poter visualizzare il numero di telefono degli inserzionisti, oppure quando pretendono da 0,30 a “pochi euro” per “sbloccare gli annunci base”: di gratuito, in Rete, ci sono solo gli annunci presenti sui forum delle varie facoltà – poi, certo, una valida alternativa al Mercatino è “La Sicilia Annunci”)?
Con le dita incrociate, nella speranza che i due euro affidati all’edicolante costituiscano un buon investimento per il futuro, non ci resta che acquistare una ricarica telefonica (tutt’al più la scheda da inserire in un telefono pubblico) e munirci di evidenziatori colorati, carta e penna. Con grande sorpresa di D. e di P., i maschietti della situazione – entrambi dilettanti dell’affitto a Catania, la stragrande maggioranza di offerte di alloggio è rivolta esclusivamente a studentesse. Alle donne, insomma. “E perché mai?”, si domanda il povero Erasmus. È presto detto. Stando all’opinione del 70-80% dei proprietari, le ragazze sono preferibili perché meno “scalmanate”, più assennate, perché si concentrano sullo studio e creano intorno a sé un ambiente pulito e ordinato. I ragazzi, al contrario, tenderebbero a trascurare l’appartamento, e sopporterebbero di vivere in stanze che più che altro somigliano ad oscure foreste fumanti, umidicce e spesso anche maleodoranti.

Pazienza, vorrà dire che ci arrangeremo. Via alle telefonate, ma con parsimonia e telegraficità, ché 8 recapiti su 10 sono numeri di cellulare. Messa giù la cornetta un paio di volte, N., l’unica del gruppo ad aver già avuto esperienze da fuorisede in città, si meraviglia del fatto che, a distanza di appena due anni, i prezzi siano lievitati parecchio. A., dal canto suo, sorride leggendo un annuncio: “affittasi camera ampia, luminosa, mobili nuovi, appartamento appena ristrutturato, ascensore, gas di città e possibilità contratto registrato per opera universitaria”. Il contratto registrato, a quanto pare, in questo caso è uno degli eventuali comfort da aggiungere al modello base, se proprio necessario. Però, per carità, tanto di cappello, considerato che alla domanda “Che tipo di contratto ha intenzione di stipulare?”, 8 proprietari su 10 rispondono che non occorre contratto, che basta la fotocopia della carta d’identità degli inquilini da depositare in Questura – se il contratto serve ai fini della borsa di studio, poi, beh, forse è il caso di cercare un’altra sistemazione.

Il passo successivo è la visita dell’appartamento. Presi i dovuti accordi con l’interlocutore dall’altra parte della cornetta, ci si reca sul posto con l’aiuto dell’affidabilissimo Tuttocittà. D. in zona Cittadella, il resto del gruppo nei dintorni dei Benedettini. Così scopriamo che in via S. Michele, al numero x, tanto per dirne una, quello che secondo l’annuncio doveva essere un “appartamento signorile”, in realtà è un’accozzaglia disordinata di ambienti tutti direttamente collegati fra loro (niente corridoio – per arrivare alla quarta e ultima camera da letto bisogna attraversare la prima, la seconda e la terza); in cucina manca il tavolo – oh, ma in compenso c’è un comodissimo muretto all’americana, con tanto di sgabelli; in bagno manca la finestra, ma, ragazzi, c’è la porta, volete mettere? Per non parlare del resto dell’edificio, che definire “fatiscente” è fare un apprezzamento. Tutto sommato, però, con un po’ di buona volontà ci si potrebbe anche abituare a tutto questo, e stringere i denti pur di risparmiare qualcosa sull’affitto. «Quant’ha detto che era, signora?». «La singola 150, la doppia 130». Molto piacere di averla conosciuta. Addio.

Nel frattempo, D. ci racconta che gli appartamenti, lassù in zona “Scienze”, sono quasi tutti nuovi. Ma i prezzi, purtroppo, non perdonano: per la doppia raramente si scende sotto i 150 euro, per la singola si va dai 180 in su. E noi – passando, tra le altre, per via Plebiscito, via Teatro Greco, via Coniglione, via Rotonda – abbiamo modo di constatare che, nonostante gli edifici in centro (non tutti, ma… buona parte) siano piuttosto malandati, e nonostante spesso e volentieri pavimenti e pareti degli appartamenti risalgano all’epoca della Santa Inquisizione, i proprietari sembrano non avere problemi nel chiedere 180-200 euro per una stanza singola. Dove non 250 – consumi inclusi, ma mica sempre.

Quanto agli avvertimenti più gettonati (che, sia chiaro, mica sono regole o divieti – si tratta piuttosto di piccoli suggerimenti «affinché possa realizzarsi una convivenza felice, e al contempo un proficuo rapporto locatario-locatore»), si va dal classico «non bere, non fumare» al perentorio «non subaffittare e non ospitare nessun esterno, neanche a pranzo o a cena», dall’affettuoso «non ritardare nel pagamento della mensilità» al secco «non suscitare le lamentele dei vicini, che quando ci sono problemi si rivolgono direttamente al proprietario», per finire con «ovviamente, contattami per qualsiasi problema», pronunciato con lo sguardo cordiale ma austero di chi in realtà sottintende «guai a te se mi telefoni per ogni sciocchezza».

Ed è P., in quanto straniero, a ricevere dai proprietari il maggior numero di raccomandazioni. Ché gli Erasmus, si sa, non fanno altro che organizzare feste, e bere e fumare, e portare in casa chiunque, pure barboni e drogati con cagnolino al seguito. E quando sono Erasmus femmine, confessa a denti stretti il proprietario dell’appartamento al numero “y” di via Umberto, hanno spesso i capelli lunghi, così lunghi che quando li lavano, lasciano gli altri coinquilini senza una goccia d’acqua calda.


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