Frutta martorana, storia del dolce tipico dei Morti Dal monastero palermitano all’arte dei pasticceri

Profumata, dalle mille forme e varietà e, soprattutto, dai colori accesisissimi, a volte anche innaturali: è la frutta di martorana che, in questo periodo, fa bella mostra in tutte le vetrine e i banconi di ogni pasticceria siciliana, da Palermo fino a Catania. Questi deliziosi e tipici dolci autunnali sono un pilastro della tradizione dolciaria dell’Isola e, sebbene siano presenti più o meno in tutti i periodi dell’anno, è proprio tra ottobre e novembre che arriva il loro momento.

La loro particolarità risiede non tanto nel sapore che risulta tale e quale a quello della pasta di mandorla, largamente utilizzata nella pasticceria siciliana, ma nelle forme e nei colori che rimandano a dei piccoli frutti cui devono la loro origine. Si narra che le radici di questi deliziosi e vivaci dolci affondino nel XI secolo e la ricetta sia da attribuire alle sapienti mani delle monache benedettine del convento palermitano di Santa Maria dell’Ammiraglio, detto anche della Martorana, perché fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana, nel 1194.

Il giardino del convento era uno dei più rigogliosi e profumati di tutta la Sicilia al punto che anche il vescovo di Palermo, incuriosito, volle andare a vedere di persona la bellezza di cui tanto si parlava. La visita, però, fu fatta in autunno, per la festa di Ognissanti, quando già gli alberi da frutto erano spogli e grigi. Fu allora che le suore decisero di modellare pasta di mandorle e zucchero creando dei frutti da appendere agli alberi per abbellirli in modo da non deludere le aspettative del vescovo. I dolci vennero modellati con delle formine che riproducevano tutti i tipi di frutta e di ortaggi e poi colorati con con essenze di pistacchi e rosa, con una tale precisione e attenzione da assomigliare a dei veri e propri frutti. Da quel giorno in poi quella finta frutta di pasta di mandorle ebbe così successo che le monache della splendida chiesa affacciata su Piazza Bellini iniziarono a venderli alle nobili famiglie di Palermo. Non a caso infatti la pasta di mandorla è conosciuta anche come pasta reale proprio per sottolinearne l’eccellente pregio che, seppur partendo da ingredienti semplici e poveri, era degno di un re.

Con il tempo le monache perfezionarono sempre più la ricetta di questi dolci, confezionandoli con maggiore meticolosità affinché ogni frutto assomigliasse il più possibile all’originale. Nell’Ottocento si cominciò a usare la resina di benzoino, estratta dalla corteccia di un particolare arbusto diffuso in Oriente, per rendere la superficie dei frutti più lucida. Tutti i frutti di martorana venivano lucidati per renderli più appetibili e appariscenti, a eccezione della pesca che, oggi come allora, viene lasciata opaca per ricordare la morbidezza vellutata della buccia. Conquistata dalla prelibatezza dei frutti di martorana, l’aristocrazia siciliana di quel tempo diede il via all’usanza di comprare questi stravaganti dolcetti in occasione della commemorazione dei defunti per regalarla ai bambini.

Oggi la martorana è il simbolo per eccellenza della Festa dei Morti anche se molto è cambiato dall’originale ricetta delle monache. Castagne, fragole, carciofi, melograni, fette di anguria, fichi d’india, melanzane, banane, pere, mele, mandarini, ma anche ricci di mare, panini con panelle, hamburger, wurstel, gamberi, cozze, cipolle e uova fritte: quella che era nata tradizionalmente come una fedele riproduzione di frutta e ortaggi è diventata una vera e propria arte in cui i pasticceri siciliani si sbizzarriscono con abilità e fantasia tra forme e colori. Sebbene sia preparata e diffusa in tutto il meridione, la martorana è riconosciuta ufficialmente come prodotto agroalimentare tradizionale siciliano ed è inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T.) del ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali.


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